Sentenza nº 197 da Constitutional Court (Italy), 11 Luglio 2014

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione11 Luglio 2014
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 197

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Sabino CASSESE Presidente

- Giuseppe TESAURO Giudice

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della legge della Regione Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) e ad altre disposizioni regionali in materia di urbanistica ed edilizia», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27-29 maggio 2013, depositato in cancelleria il 4 giugno 2013 ed iscritto al n. 65 del registro ricorsi 2013.

Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell’udienza pubblica del 10 giugno 2014 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanna Scollo per la Regione Piemonte.

Ritenuto in fatto

  1. − Con ricorso notificato il 27-29 maggio 2013 e depositato il successivo 4 giugno, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto in via principale questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della legge della Regione Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) e ad altre disposizioni regionali in materia di urbanistica ed edilizia».

    Gli artt. 4 e 16 – che sostituiscono rispettivamente l’art. 3, comma 1, lettera c), della legge reg. n. 56 del 1977 (introducendo in ambito sub-regionale o sub-provinciale degli strumenti di pianificazione paesaggistica atipici rispetto a quelli previsti dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»), e l’art. 8-quinquies, commi 5 e 7, della stessa legge reg. (che disciplina il procedimento di formazione dei suddetti strumenti di pianificazione) – sono impugnati per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, poiché, non prevedendo un coinvolgimento del Ministero per i beni e le attività culturali, contrastano con l’art. 145, comma 5, del citato d.lgs. n. 42 del 2004.

    L’art. 18, che sostituisce l’art. 9, comma 4, della legge reg. n. 56 del 1977, è anch’esso censurato per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., poiché (nel disporre che «i provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione hanno efficacia sino alla conclusione dell’istruttoria per l’inclusione del bene, ove occorra, negli elenchi previsti dal decreto legislativo n. 42/2004 o per l’eventuale introduzione di prescrizioni nei piani territoriali, nel PPR o nel piano territoriale regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistici, nei piani regionali dei parchi e delle riserve naturali, nei PRG, recanti i provvedimenti definitivi per la tutela del bene; tali provvedimenti perdono in ogni caso efficacia decorso il termine di novanta giorni dalla loro adozione») contrasta con l’art. 150, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, secondo cui «l’inibizione o sospensione dei lavori disposta ai sensi del comma 1 cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 138 o all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’articolo 139, comma 3».

    L’art. 21 – che sostituisce l’art. 10 della legge reg. n. 56 del 1977 e che prevede, al comma 4, che non costituiscono variante le modifiche agli strumenti urbanistici che «correggono errori materiali, che eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento quando sia evidente e univoco il rimedio o che consistono in correzioni o adeguamenti di elaborati del piano tesi ad assicurare chiarezza e univocità senza incidere sulle scelte della pianificazione o in meri aggiornamenti cartografici in materia di difesa del suolo derivanti dall’adeguamento degli strumenti urbanistici», né «le modifiche al PPR o al piano territoriale regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistici riguardanti specificazioni, aggiornamenti o adeguamenti degli elementi conoscitivi o specificazioni della delimitazione delle aree soggette a tutela paesaggistica, anche in conseguenza di adeguamenti effettuati ad opera degli strumenti di pianificazione» – viene impugnato per contrasto con il citato art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004, e conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, perché non prevede l’obbligo di co-pianificazione con il Ministero per i beni e le attività culturali relativamente agli adeguamenti dei piani sott’ordinati.

    L’art. 27 – che modifica la lettera d) del comma 3 dell’art. 13 della legge reg. n. 56 del 1977, prevedendo che «nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma, fatte salve le innovazioni necessarie per l’adeguamento alle normative antisismica, di contenimento dei consumi energetici e di produzione di energia mediante il ricorso a fonti rinnovabili» – viene censurato per contrasto con il principio fondamentale di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – Testo A), e quindi per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost, giacché la definizione della portata delle diverse categorie di interventi edilizi spetta allo Stato.

    L’art. 31, nella parte in cui introduce l’art. 15-bis, comma 2, della legge reg. n. 56 del 1977 prevedendo che il Ministero per i beni e le attività culturali partecipi alla fase di adeguamento dello strumento urbanistico al PPR solo in presenza di beni paesaggistici di cui all’art. 134 del d.lgs. n. 42 del 2004, viene impugnato per contrasto con il citato art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004 e violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., perché limita la partecipazione degli organi ministeriali alla presenza nel territorio di beni soggetti a vincolo paesaggistico.

    L’art. 33, nella parte in cui modifica il comma 6 dell’art. 16-bis della legge reg. n. 56 del 1977, è a sua volta impugnato poiché esclude dal processo di valutazione ambientale strategica (VAS) le varianti «che determinano l’uso a livello locale di aree di limitate dimensioni, ferma restando l’applicazione della disciplina in materia di VIA», nonché le varianti che: a) non riducono la tutela relativa ai beni paesaggistici prevista dallo strumento urbanistico o le misure di protezione ambientale derivanti da disposizioni normative; b) non incidono sulla tutela esercitata ai sensi dell’art. 24 in materia di beni culturali ambientali; c) non comportano variazioni al sistema delle tutele ambientali previste dallo strumento urbanistico vigente. Secondo il ricorrente, la disposizione regionale opera una arbitraria limitazione del campo di applicazione della disciplina statale contenuta negli artt. 6, commi 2, lettere a) e b), 3, 3-bis e 4, e 12 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), attuativo dei principi comunitari contenuti nella direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente), che stabiliscono il campo di applicazione della disciplina della VAS e della verifica di assoggettabilità a VAS, disponendo l’esclusione della stessa solo per particolari tipi di piani e programmi tassativamente elencati e solo per le varianti riguardanti singoli progetti. Pertanto, la norma censurata si porrebbe in contrasto sia con l’art. 3 della predetta direttiva 2001/42/CE, violando l’art. 117, primo comma, Cost., sia con le menzionate disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, violando l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

    Lart. 34, che sostituisce lart. 17 della legge reg. n. 56 del 1977, viene impugnato in quanto stabilisce che le varianti del piano regolatore generale (PRG) debbano essere «conformi agli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica regionali e provinciali», senza prevedere la partecipazione del Ministero per i beni e le attività culturali al procedimento di variante. Per il...

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