Sentenza nº 143 da Constitutional Court (Italy), 28 Maggio 2014

RelatoreGiuseppe Frigo
Data di Resoluzione28 Maggio 2014
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 143

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gaetano SILVESTRI Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 157, sesto comma, del codice penale, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di C.D. ed altri con ordinanza del 25 febbraio 2013, iscritta al n. 143 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti l’atto di costituzione di C.D., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi l’avvocato Giacomo Francini per C.D. e l’avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, sesto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione del reato di incendio colposo (art. 449, in riferimento all’art. 423 cod. pen.) è raddoppiato.

    Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di tre persone imputate del delitto di cui all’art. 449, primo comma, cod. pen., per avere causato, per colpa e in cooperazione tra loro, l’incendio di un magazzino.

    Al riguardo, il rimettente osserva che, secondo la regola generale stabilita dal primo comma dell’art. 157 cod. pen., come sostituito dall’art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), «la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria».

    In base a detta regola, il reato di incendio doloso, previsto dall’art. 423 cod. pen., in quanto punito con la pena della reclusione da tre a sette anni, si prescrive in sette anni. Sempre secondo la medesima regola, i reati previsti dall’art. 449, primo comma, cod. pen. – che punisce con la pena della reclusione da uno a cinque anni chiunque «cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo» del titolo sesto del libro secondo del codice penale – dovrebbero prescriversi in sei anni.

    Il sesto comma dell’art. 157 cod. pen. stabilisce, tuttavia, che i termini di prescrizione di cui ai precedenti commi dello stesso articolo sono raddoppiati per una serie di reati, tra i quali quelli di cui al citato art. 449 cod. pen.

    Per effetto di tale previsione – la cui ratio andrebbe identificata nella volontà di tutelare maggiormente le vittime dei reati considerati, potenzialmente produttivi di danni significativi nei confronti di una pluralità di persone – il termine di prescrizione del reato di incendio colposo viene ad essere determinato in dodici anni, risultando, di conseguenza, largamente superiore a quello previsto per l’incendio doloso.

    Ad avviso del giudice a quo, un simile assetto normativo violerebbe l’art. 3 Cost.

    Il termine di prescrizione costituirebbe, infatti, una componente del trattamento sanzionatorio complessivo del reato, tanto che, per costante giurisprudenza di legittimità, di esso deve tenersi conto ogni qualvolta occorra individuare la disciplina più favorevole al reo.

    La quantificazione del suddetto termine resterebbe rimessa alla discrezionalità del legislatore, il cui esercizio non potrebbe, tuttavia, prescindere dalla ratio dell’istituto della prescrizione, identificabile primariamente – alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale – nell’«interesse generale di non più perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato, […] l’allarme della coscienza comune». In questa prospettiva, il legislatore sarebbe, dunque, tenuto a stabilire termini di...

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