Sentenza nº 847 da Council of State (Italy), 21 Febbraio 2014

Data di Resoluzione21 Febbraio 2014
EmittenteCouncil of State (Italy)

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Marzio Branca, Presidente FF

Nicola Russo, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO ? Sede di ROMA - SEZIONE II n. 06227/2013, resa tra le parti, concernente ottemperanza alla sentenza n. 11672/09 Tar del Lazio Roma sez. II - pagamento somme a titolo di risarcimento danno

sul ricorso numero di registro generale 7231 del 2013, proposto da:

Sopin Spa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Patrizio Leozappa, con domicilio eletto presso Patrizio Leozappa in Roma, via Giovanni Antonelli, 15;

Ministero dell'Economia e delle Finanze; Agenzia delle Entrate, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell? Agenzia delle Entrate;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2014 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l? Avvocato Leozappa e l'Avvocato dello Stato De Bellis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Tar del Lazio ?Sede di Roma - con la sentenza appellata in epigrafe indicata ha dichiarato inammissibile il ricorso per l'ottemperanza al giudicato proposto da Sopin s.p.a., con riferimento alla sentenza del TAR Lazio ? Roma, sez. II^, n. 11672 del 14 ottobre 2009, pubblicata in data 25.11.2009, passata in giudicato, che aveva condannato le amministrazioni resistenti al risarcimento del danno in favore della Sopin s.p.a,, fissando i criteri entro cui proporre il pagamento della somma.

La odierna appellante aveva esposto che, con la sentenza n. 11672/2009, passata in giudicato, le amministrazioni intimate erano state dal TAR condannate a risarcirle i danni ingentissimi subiti a partire dal lontano 1986, in relazione ad atti e comportamenti illegittimi dalle stesse posti in essere.

In tale sentenza erano stati forniti i criteri da seguire per il calcolo dell'importo dovuto, in particolare valorizzando il ?costo diretto finanziario per gli interessi passivi sui mancati incassi della ricorrente?, gli ?interessi passivi e l'anatocismo trimestrale?, ?il costo delle tre fideiussioni?, ?il danno diretto patrimoniale?, ?il danno per perdita di valore dell'impresa?, il tutto per un ammontare complessivo non inferiore a 22 milioni di euro.

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 8937 del 5 novembre 2010, aveva confermato la sentenza del TAR.

Con nota del 21 gennaio 2011, l'Avvocatura Generale dello Stato, per conto del MEF e dell'Agenzia delle Entrate, aveva proposto a Sopin il pagamento spontaneo del'importo di euro 29.130.000,00, a titolo di risarcimento del danno (proposta espressamente effettuata ai sensi dell'art. 35, comma 2, del d.lgs. n. 80 del 1998; ora art. 34, comma 4, del d.lgs. n. 104/2010).

Con nota del 25 gennaio 2011, Sopin aveva accettato la proposta formulata dall'Avvocatura, a condizione che il pagamento fosse intervenuto entro il termine del 28 febbraio 2011.

In data 28 febbraio 2011, le amministrazioni soccombenti avevano effettuato il pagamento concordato: senonchè, in data 2 marzo 2011, Sopin aveva ricevuto la notifica del ricorso con cui il MEF e l'Agenzia delle Entrate avevano impugnato la decisione resa dal Consiglio di Stato, per motivi attinenti alla giurisdizione, dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Nel corso di tale giudizio, la Corte di Cassazione,aveva respinto l'eccezione di Sopin secondo cui l'avvenuta erogazione della somma avrebbe implicato acquiescenza rilevando che ?la sola proposta di eseguire la sentenza nel dictum minimale (tra i vari oggetto della statuizione), a condizione che intervenga l'accettazione di tale proposta ad opera della parte vittoriosa, ai fini dell'acquiescenza è un atto neutro, non essendo incompatibile con la volontà di impugnare, ma solo finalizzato alla conclusione della transazione, che costituisce il nuovo titolo dell'adempimento?.

Muovendo da tale presupposto, la odierna appellante aveva ritenuto di potere proporre l'azione di ottemperanza prevista dall'art. 34, comma 4, c.p.a. (per l'ipotesi in cui le parti non giungano ad un accordo in ordine alla quantificazione del risarcimento del danno, sulla scorta dei criteri indicati dal giudice).

Ad avviso dell'appellante, infatti, se non integrava acquiescenza il pagamento, neppure ciò poteva essere predicato per l'accettazione di Sopin rispetto all'intenzione di agire per ottenere la maggior somma indicata nelle perizie di parte e pervenire così al pieno ristoro del danno subito.

Inoltre l'appellante aveva sostenuto che anche all'accordo sulla quantificazione dei danni, previsto dall'art. 34, comma 4, c.p.a., doveva essere applicabile il principio generale per cui la pubblica amministrazione non poteva assumere impegni o concludere contratti se non nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti (vale a dire, nella forma scritta), forme il cui mancato rispetto produceva la nullità assoluta dell'atto, rilevabile anche d'ufficio (art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 17).

Inoltre l'accordo transattivo previsto dall'art. 34, comma 4, c.p.a., doveva essere governato dai principi generali di lealtà e buona fede, generalmente applicabili in materia negoziale: ma tali principi erano stati violati dalle amministrazioni intimate.

Infatti, ove esse le avessero anticipato l'intenzione di impugnare la sentenza del Consiglio di Stato n. 8937/2010, confermativa di quella del TAR, essa si sarebbe adeguatamente cautelata, non accettando la proposta, oppure riservandosi anch'essa ulteriori azioni.

In via subordinata, Sopin aveva chiesto che venisse annullato il suindicato accordo, vuoi per la sussistenza di un errore essenziale e riconoscibile (artt. 1427 e ss. c.c.), vuoi per la violazione dei principi di correttezza e buona fede nei rapporti negoziali.

Ai fini dell'azione di cui all'art. 34, comma 4, c.p.a., ha infine sostenuto i criteri di quantificazione del danno, dettati dalla sentenza n. 11672/2009, nel loro importo minimo, dovessero interpretati nel senso che a Sopin dovessero essere corrisposte le somme stimate nelle perizie di parte, già depositate nell'ambito del precedente giudizio cognitorio, commisurate ad un ammontare pari ad euro 70 milioni.

Il Tar ha preso in esame le dette argomentazioni, e ne ha escluso la fondatezza: la tesi proposta da Sopin era del tutto fallace in quanto fondata su una erronea lettura della motivazione con cui la Corte di Cassazione aveva respinto la tesi dell'intervenuta acquiescenza alle sentenze rese dal TAR e dal Consiglio di Stato.

La Corte aveva escluso che fosse intervenuta una transazione ?finalizzata al raggiungimento di una completa definizione dell'intera pendenza?, così come eccepito da Sopin, ma non aveva correlativamente affermato che non si fosse perfezionato l'accordo sul quantum risarcitorio previsto dall'art. 34, comma 4, c.p.a..

L'argomentazione della Corte di Cassazione secondo cui la proposta di eseguire la sentenza nel dictum minimale, era un atto ?neutro?, non incompatibile con la volontà di impugnare, scaturiva dall'ovvia considerazione che l'esecuzione di una sentenza, in quanto atto dovuto, non poteva costituire acquiescenza da parte del...

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