Sentenza nº 227 da Constitutional Court (Italy), 23 Luglio 2013

RelatoreLuigi Mazzella
Data di Resoluzione23 Luglio 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 227

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 54 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012, n. 16 (Interventi di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 15-17 ottobre 2012, depositato in cancelleria il 18 ottobre 2012 ed iscritto al n. 157 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;

udito nell’udienza pubblica del 4 giugno 2013 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 15-17 ottobre 2012, depositato in cancelleria il 18 ottobre 2011 e iscritto al n. 157 del registro ricorsi dell’anno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, nonché all’art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dell’art. 54 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012, n. 16 (Interventi di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione).

    1.1. – Premette il ricorrente che la legge regionale n. 16 del 2012, all’art. 54 intitolato «Disposizioni in materia di personale», dispone, al comma 1, che «Il personale della società [Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia s.p.a.] con rapporto di lavoro a tempo indeterminato in essere alla data di cessazione della gestione liquidatoria, regolato dal Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto del commercio e servizi, previa verifica della sussistenza dei requisiti per accedere ai ruoli dell’Amministrazione regionale ed eventuale prova selettiva, è trasferito, con decorrenza dalla data prevista dalla deliberazione di cui all’art. 53, comma 1, alla Regione; con deliberazione della Giunta regionale, da adottarsi su proposta dell’Assessore alla funzione pubblica, autonomie locali e coordinamento delle riforme, di concerto con l’Assessore alle finanze, patrimonio e programmazione, sono definiti i criteri per la collocazione del personale delle categorie e posizioni economiche della Regione e il trattamento spettante. Con lo stesso provvedimento il personale viene assegnato alla Direzione centrale competente in materia di patrimonio». La riportata norma, pertanto, dispone l’inserimento del personale della menzionata società nel personale della Regione «previa verifica della sussistenza dei requisiti per accedere ai ruoli dell’Amministrazione regionale ed eventuale prova selettiva».

    1.2. – Tale norma, ad avviso del ricorrente, si pone in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione ed eccede, inoltre, dalle competenze statutarie.

    1.2.1. – Il contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. deriverebbe dal fatto che la previsione dispone un inquadramento riservato del personale nell’organico della Regione, senza esperimento delle procedure concorsuali pubbliche. La norma, difatti, disponendo detto inquadramento sulla base della mera verifica della sussistenza dei requisiti per accedere ai ruoli dell’Amministrazione regionale e di una «eventuale prova selettiva», configurerebbe, in buona sostanza, una fattispecie di inquadramento riservato senza concorso che, in quanto tale, violerebbe il principio costituzionale dell’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso pubblico nonché i principi di ragionevolezza, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, principi sanciti dagli artt. 3 e 97 Cost.

    Rammenta il ricorrente che il fatto che il principio del concorso pubblico, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza della pubblica amministrazione, costituisca la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego è stato costantemente affermato dalla Corte costituzionale (sentenze n. 127 del 2011, n. 59 del 2005, n. 205 e n. 39 del 2004). Con la precisazione che «la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere “delimitata in modo rigoroso” (fra le più recenti, sentenze n. 100 e n. 9 del 2010). Simili deroghe possono infatti considerarsi legittime solo quando funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano “peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle” (sentenza n. 293 del 2009)» (sentenza n. 195 del 2010), e, sulla base di tale rilevazione, che «deve escludersi la legittimità di arbitrarie restrizioni alla partecipazione alle procedure selettive», poiché «al concorso pubblico deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio (sentenze n. 150 del 2010, n. 293 del 2009, n. 205 del 2004)» (sentenza n. 90 del 2012).

    1.2.2. – Il contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. deriverebbe dal fatto che, nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica, la norma dispone in difformità dalle disposizioni normative vigenti in materia di vincoli assunzionali, costituiti dall’art. 1, commi 557 e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007) e dall’art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, secondo i quali, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno debbono assicurare la riduzione complessiva delle spese di personale, «garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale» (art. 1, comma 557, della legge n. 296 del 2006) e, altresì, è vietata l’assunzione di personale a qualsiasi titolo per gli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 50 per cento (art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008). Al riguardo, sarebbe dirimente che l’art. 4 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, pur attribuendo alla Regione una potestà legislativa molto ampia, non prevede la materia del coordinamento della finanza pubblica, per la quale, quindi, la Regione, ancorché nel rispetto della sua autonomia, sarebbe tenuta ad osservare i principi fondamentali fissati dalle norme statali.

  2. – Con memoria depositata il 21 novembre 2012 si è costituita la Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto inammissibile ed infondato, e rinviando a separata memoria l’illustrazione delle relative ragioni.

  3. – Con memoria depositata il 14 maggio 2013 la Regione Friuli-Venezia Giulia ha argomentato ampiamente nel senso dell’inammissibilità ed infondatezza delle avverse censure e concluso per il rigetto del ricorso.

    3.1. – Quanto all’inammissibilità ed infondatezza della questione promossa in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che la fattispecie de qua sia del tutto particolare e che ad essa non siano applicabili i principi che regolano ordinariamente l’assunzione in una pubblica amministrazione, versandosi, invero, in una semplice ipotesi di riorganizzazione dell’ente pubblico, ove la Regione rialloca al proprio interno funzioni già svolte da una propria società strumentale in house. La norma impugnata, in sintesi, darebbe applicazione al principio di cui all’art. 31 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni), in base al quale, «nel caso di trasferimento o conferimento di strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’articolo 47, commi da l a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428». Proprio in virtù di tali considerazioni, la Corte costituzionale avrebbe fatto salva una norma legislativa pugliese che trasferiva il personale in servizio a tempo indeterminato presso l’Autorità d’ambito per la gestione del servizio idrico pugliese (ATO Puglia) all’Autorità idrica pugliese (sentenza n. 226 del 2012).

    L’orientamento volto a limitare l’utilizzo delle società pubbliche strumentali – prosegue la resistente – è un orientamento della legislazione statale, che in vario modo ha previsto lo scioglimento delle società pubbliche, ha limitato l’affidamento ad esse di incarichi o ha vietato la loro costituzione (vedi, da ultimo, l’art. 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT