Ordinanza nº 207 da Constitutional Court (Italy), 18 Luglio 2013

RelatoreSergio Mattarella
Data di Resoluzione18 Luglio 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 207

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), promossi dal Tribunale di Roma con due ordinanze del 2 maggio 2012 e dal Tribunale di Lamezia Terme con due ordinanze del 30 maggio 2012, rispettivamente iscritte ai nn. 143, 144, 248 e 249 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 4, 11, 21, 27, 33 e 44, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 27 marzo 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella;

udito l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Premesso che gli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione italiana, stabiliscono rispettivamente che «L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni»; e che «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»; e che pertanto un sospettato contrasto tra legge nazionale e norma comunitaria si traduce in una questione di legittimità costituzionale rispetto ai parametri dell’art. 11 e dell’art. 117, primo comma, Cost., integrati e resi operativi dalla norma comunitaria pertinente.

Ritenuto che nel corso di controversie promosse da docenti di scuola secondaria di secondo grado e da unità di personale non docente nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, i Tribunali di Roma e Lamezia Terme, sezione lavoro, hanno sollevato – in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, nonché alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio (Direttiva del Consiglio relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato) – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico);

che i predetti Tribunali rilevano che i ricorrenti, avendo svolto attività di docenti o di personale amministrativo scolastico in base a numerosi e ripetuti contratti a termine, hanno agito per sentir dichiarare l’illegittimità delle clausole di apposizione del termine e per la conseguente condanna dell’amministrazione a convertire il loro contratto di lavoro in contratto a tempo indeterminato, ovvero al risarcimento del danno;

che, sulla base di alcuni recenti interventi legislativi – fra i quali l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134 (Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l’anno 2009-2010), convertito, con modifiche, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2009, n. 167, nonché l’art. 9 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modifiche, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 – i contratti stipulati a tempo determinato con i docenti per la copertura di supplenze annuali possono convertirsi in contratti a tempo indeterminato soltanto con l’immissione in ruolo dei docenti stessi, come previsto, del resto, dalla disciplina generale del pubblico impiego;

che nell’ordinamento italiano il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES), contenente la disciplina del contratto a tempo determinato, mira ad evitare che di tale contratto si faccia abuso, fissando nel periodo massimo di trentasei mesi il tempo nel quale un lavoratore può essere impiegato con successivi contratti a termine;

che detta disciplina deve ritenersi applicabile anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, senza tuttavia prevedere – in quest’ultimo caso – la conversione del contratto, ma soltanto il diritto al risarcimento del danno;

che, tuttavia, il reclutamento del personale scolastico è sottratto a tale disciplina, essendo regolato da un sistema di norme in base alle quali è lecito, anzi doveroso per le autorità scolastiche, al fine di coprire i posti vacanti, assumere un medesimo lavoratore, da un anno all’altro, con contratti a tempo determinato, anche ripetuti nel tempo;

che tale previsione, secondo i Tribunali di Roma e di Lamezia Terme, non sarebbe compatibile con il diritto dell’Unione europea, in quanto l’accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 28 giugno 1999 sul lavoro a tempo determinato stabilisce che gli Stati membri sono tenuti ad introdurre nelle rispettive legislazioni nazionali norme idonee a prevenire e a sanzionare l’abuso costituito dalla successione nel tempo di tali tipi di contratto;

che la legislazione italiana, per il settore scolastico, non contiene né una durata massima dei contratti di lavoro a tempo determinato, né l’indicazione del numero massimo di rinnovi possibili;

che, in base all’art. 4 della legge n. 124 del 1999, possono essere stipulati, tra l’amministrazione e i docenti, diverse tipologie di contratti a tempo determinato: supplenze annuali su organico “di diritto”, riguardanti posti disponibili e vacanti, cioè privi di titolare, con scadenza al termine dell’anno scolastico (31 agosto); supplenze temporanee su organico “di fatto”, relative a posti non vacanti ma comunque disponibili, con scadenza al termine delle attività didattiche (30 giugno); e, infine, supplenze temporanee, ossia brevi, per le ipotesi residuali, destinate a durare fino alla cessazione delle esigenze per le quali sono state disposte;

che, secondo le ordinanze di rinvio a questa Corte, l’unica ragione che può sostenere tale sistema sarebbe costituita dalla necessità di risparmio delle risorse pubbliche, obiettivo che, per quanto rilevante, non...

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