Sentenza nº 184 da Constitutional Court (Italy), 09 Luglio 2013

RelatorePaolo Maria Napolitano
Data di Resoluzione09 Luglio 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 184

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80), promosso dal Tribunale ordinario di Milano, sezione fallimentare, nel procedimento relativo alla Società VZM S.p.a. in liquidazione, con ordinanza del 31 maggio 2012, iscritta al n. 35 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto in fatto

  1. − La sezione fallimentare del Tribunale ordinario di Milano, con ordinanza depositata in 31 maggio 2012, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80), nella parte in cui, nel sostituire l’art. 6 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa) [d’ora in poi: legge fall.], ha espunto la previsione secondo la quale il fallimento poteva essere dichiarato – oltre che a richiesta (ora su ricorso) del debitore, su ricorso di uno o più creditori, su istanza (ora su richiesta) del pubblico ministero – «d’ufficio».

    Riferisce il rimettente di trovarsi ad esaminare una istanza di fallimento presentata dai componenti effettivi del collegio sindacale di una società per azioni posta in liquidazione.

    Poiché costoro, nella inerzia del commissario liquidatore – peraltro dimissionario, ma non ancora sostituito – ritengono di potersi surrogare al primo, a fronte della situazione di dissesto finanziario in cui versa la predetta compagine societaria, hanno presentato ricorso per la dichiarazione di fallimento della società in questione.

    Preliminarmente, il rimettente qualifica la domanda come istanza di fallimento in proprio, in quanto presentata dal collegio sindacale in surroga dei poteri del commissario liquidatore, attuale legale rappresentante della società fallenda.

    Ritiene, tuttavia, il rimettente che siffatta potestà rappresentativa eccezionale non sussista in capo all’istante, essendo invece, sino al momento della sua effettiva sostituzione, legale rappresentante della società in liquidazione esclusivamente il commissario liquidatore, eventualmente anche in regime di prorogatio, spettando semmai al collegio sindacale, a fronte dell’eventuale inerzia degli organi rappresentativi, solo il potere di convocare l’assemblea dei soci, ma non quello di sostituirsi nelle scelte gestionali agli organi in questione.

    1.1.− L’istanza di fallimento de qua dovrebbe, pertanto, essere dichiarata inammissibile; tuttavia, rileva il rimettente, ove fosse tuttora in vigore l’originario testo dell’art. 6 legge fall., a fronte della comprovata situazione di insolvenza del fallendo, l’istanza, proveniente da soggetto non legittimato, poteva essere considerata quale esposto volto ad attivare il potere del Tribunale fallimentare di dichiarare ex officio il fallimento.

    Tale potere, però – prosegue il giudice a quo −, è stato “sottratto” al tribunale fallimentare a seguito della entrata in vigore dell’art. 4 del decreto legislativo n. 5 del 2006, in quanto il nuovo testo dell’art. 6 legge fall., come sostituito dalla disposizione censurata, non lo prevede più.

    Ritiene, tuttavia, il Tribunale che tale espunzione esuli dai principi e criteri direttivi contenuti nell’art. 1, comma 6, della delega legislativa conferita al Governo con la legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), in quanto, pur interpretando nella maniera più estensiva possibile tali principi e criteri, non sarebbe consentito, come peraltro già segnalato dalla dottrina, individuare un qualsiasi riferimento alla possibilità di rimuovere il potere del Tribunale di dichiarare il fallimento d’ufficio.

    Ad avviso del rimettente, la nuova disciplina non avrebbe neppure leffetto di rendere più efficiente o celere la procedura e, pertanto, la stessa...

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