Sentenza nº 3389 da Council of State (Italy), 21 Giugno 2013

Data di Resoluzione21 Giugno 2013
EmittenteCouncil of State (Italy)

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Luigi Maruotti, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE II BIS, n. 667/2012, resa tra le parti, concernente: annullamento delle ordinanze d'urgenza adottate dai Comuni intimati; adozione delle necessarie misure ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. b), cod. proc. amm.; risarcimento del danno arrecato ai ricorrenti in primo grado dal comportamento anche omissivo delle Amministrazioni intimate, da valutare in via equitativa in relazione alla mancata riduzione delle tariffe, alle spese vive sostenute, al danno biologico ed al danno morale;

sul ricorso numero di registro generale 4439 del 2012, proposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero della salute, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Pubblici, nonché i signori Borelli Carla e Trinca Marino, rappresentati e difesi dagli avvocati Marco Ramadori e Carlo Rienzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, viale delle Milizie, 9;

Comune di Anguillara Sabazia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Tiziana Pirone, con domicilio eletto presso lo studio della medesima, in Roma, via Etna, 14;

Comune di Albano Laziale, Comune di Anzio, Comune di Fabrica di Roma, Comune di Sutri, Comune di Viterbo, Comune di Anguillara Sabazia e Regione Lazio, non costituiti in giudizio nel presente grado;

Dionisi Claudio, Tata Clara, Tata Gabriella, Carra Barbara, Creta Pietro, Fabrizi Anna Maria, Russo Russo e Gatti Elisabetta, non costituiti in giudizio nel presente grado;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi,, per le parti, l'avvocati dello Stato Vincenzo Rago e gli avvocati Rienzi e Ramadori,;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio pronunciava definitivamente sul ricorso n. 4285 del 2011, proposto dal Coordinamento di associazioni per la tutela dell'ambiente e dei diritti utenti e consumatori - Codacons, dall'Associazione utenti dei servizi pubblici e da numerosi utenti del servizio idrico avverso le ordinanze d'urgenza, con le quali i sindaci dei numerosi Comuni menzionati in epigrafe ? in attuazione del decreto interministeriale del 24 novembre 2010 (Disciplina concernente le deroghe alle caratteristiche di qualità delle acque destinate al consumo umano che possono essere disposte dalle regioni Campania, Lazio, Lombardia e Toscana), a sua volta adottato in ottemperanza alla decisione della Commissione europea C(2010) 7605 del 28 ottobre 2010 ? avevano dichiarato la non potabilità e inibito l'uso delle acque destinate al consumo umano fino al ripristino della potabilità (prevedendo, in alcuni casi, la somministrazione dell'acqua destinata al consumo umano con mezzi alternativi, ad. es. autobotti), nella parte in cui avevano omesso di prevedere la riduzione delle tariffe per il consumo dell'acqua potabile, tenuto conto dell'erogazione di un servizio inadeguato e non pienamente funzionale al suo scopo.

    Il ricorso era, inoltre, diretto ad ordinare alle Amministrazioni coinvolte, ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. b), cod. proc. amm., l'adozione delle misure atte ad eliminare la contaminazione naturale arsenica dall'acqua potabile in conformità alle disposizioni europee, a salvaguardia degli utenti, ed a condannare i Ministeri competenti al riesame dei criteri per una rideterminazione al ribasso della tariffa base dell'acqua, proporzionalmente alla impossibilità parziale di erogazione del servizio in ragione della sopravvenuta non potabilità.

    Infine, i ricorrenti avevano proposto domanda di condanna dei Ministeri e delle Regioni resistenti, previo accertamento delle correlative responsabilità, al risarcimento dei danni subiti in qualità di utenti del servizio idrico, in quanto esposti alla distribuzione, nei periodi di deroga agli standard comunitari di cui si era avvalso lo Stato italiano, di acqua destinata al consumo umano e come tale considerata nei canoni di legge quanto ai limiti di concentrazione, in falda, dei minerali presenti nel sottosuolo vulcanico del territorio italiano (in particolare dell'arsenico), ma priva dei necessari requisiti posti a tutela della salute umana.

    Il T.a.r., in particolare, provvedeva come segue:

    (i) respingeva l'eccezione di carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, affermandone la sussistenza sia in capo agli enti collettivi Codacons (in forza delle previsioni statutarie e degli artt. 13 e 18 l. 8 luglio 1986, n. 349, richiamando altresì, ad colorandum, il combinato disposto degli artt. 137 e 2 d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) ed Associazione utenti dei servizi pubblici (in virtù delle relative previsioni statutarie), sia in capo ai privati che agivano quali singoli utenti;

    (ii) respingeva l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia, rilevando che questa atteneva non già alla determinazione della tariffa finale per l'utente ed a singoli rapporti individuali d'utenza, bensì alla stessa individuazione e qualificazione autoritativa dell'idoneità del servizio pubblico in esame sotto il profilo della pubblica salute, oltre che alla verifica dell'eventuale lesione del diritto alla salute conseguente all'errata disciplina pubblicistica del medesimo servizio, e dunque alle scelte discrezionali dell'Amministrazione in ordine alla determinazione del canone e all'organizzazione del servizio, ed affermando di conseguenza la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lettera c), cod. proc. amm.;

    (iii) respingeva l'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, affermando la sussistenza di un interesse concreto, differenziato ed attuale in capo ai ricorrenti, associazioni ed utenti, alla decisione delle domande giudiziali proposte, da un lato, nel ruolo di statutaria rappresentanza degli interessi della generalità degli utenti e, dall'altro, in qualità di diretti utenti, ed in entrambi i casi non concernenti direttamente le modalità di prestazione del servizio all'utente finale, bensì il legittimo esercizio dei poteri autoritativi della pubblica autorità relativi alla disciplina del servizio pubblico in esame, sotto i plurimi profili del rispetto della vigente normativa (e non delle specifiche condizioni contrattuali) circa la idoneità (più che la qualità) del servizio prestato, e circa la necessaria tutela del diritto alla salute esposto a rischio, escludendo altresì qualsiasi profilo di tardività con riferimento alla mancata tempestiva impugnazione del decreto ministeriale del 21 novembre 2010 sulla base del rilievo che la competenza in materia tariffaria competeva esclusivamente agli enti locali, i cui provvedimenti erano stati tempestivamente impugnati [fermi i poteri dell'Amministrazione centrale di predisporre i relativi criteri, ossia, di adottare il c.d. metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato di cui al d.m. 1 agosto 1996, emanato in attuazione dell'art. 13 l. 5 gennaio 1994, n. 36, e fatto salvo, in regime transitorio, dall'art. 170, comma 3, lett. l), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152];

    (iv) in reiezione della correlativa eccezione, affermava la sussistenza della legittimazione passiva in capo a tutte le Amministrazioni intimate;

    (v) respingeva la domanda di annullamento delle ordinanze, con cui i Comuni resistenti avevano disposto la non potabilità e l'inibizione dell'uso delle acque destinate al consumo umano, nella parte in cui non avevano previsto una riduzione delle tariffe per il consumo dell'acqua potabile, e la connessa domanda di inibire, ai sensi dell'art. 140 d.lgs. n. 206 del 2005, gli atti e i comportamenti tenuti dalle Amministrazioni resistenti e, per l'effetto, di ordinare alle stesse di porre in essere le attività di propria competenza, al fine di consentire la determinazione al ribasso delle tariffe oggi praticate dalle autorità d'ambito in favore degli abitanti di tutti i comuni in cui l'acqua era stata espressamente dichiarata non potabile, con fissazione delle modalità esecutive ai sensi dell'art. 34, comma 2, lett. e), cod. proc. amm., rilevando che i poteri d'urgenza ex art. 32 l. 23 dicembre 1978, n. 833, attivati con gli impugnati provvedimenti, non potevano estendersi alle previsioni tariffarie, estranee al relativo ambito applicativo, e che i comuni non erano direttamente competenti a variare le tariffe in esame, rientrando le relative funzioni, secondo la disciplina applicabile ratione temporis (artt. 148 e 154 d.lgs. n. 152 del 2006), nell'esclusiva competenza delle autorità d'ambito, munite di autonoma personalità giuridica e dunque soggettivamente distinte dalle Amministrazioni comunali che pure vi aderivano, e comunque, tenuto conto che al tempo delle diffide intimate dal Codacons alle Amministrazioni regionali e locali erano tenute al rispetto del c.d. metodo normalizzato di determinazione delle tariffe fissato in ambito nazionale, né la domanda poteva trovare accoglimento nei confronti dello Stato e delle Regioni, ?alla stregua della disciplina sopravvenuta al recente referendum abrogativo, che impone ai ricorrenti di riformulare la domanda e se del caso di ricorrere contro il diniego o il silenzio, fermo restando che in...

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