Sentenza nº 3393 da Council of State (Italy), 21 Giugno 2013

Data di Resoluzione21 Giugno 2013
EmittenteCouncil of State (Italy)

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Luigi Maruotti, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE II-BIS, n. 665/2012, resa tra le parti, concernente: annullamento delle ordinanze d'urgenza adottate dai Comuni intimati; adozione delle necessarie misure ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. b), cod. proc. amm.; risarcimento del danno arrecato ai ricorrenti di primo grado dal comportamento anche omissivo delle Amministrazioni intimate, da valutare in via equitativa in relazione alla mancata riduzione delle tariffe, alle spese vive sostenute, al danno biologico ed al danno morale;

sul ricorso numero di registro generale 5133 del 2012, proposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero della salute, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Codacons ed Associazione Utenti dei Servizi Pubblici, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, nonché i signori Carla Anzalone, Sandro Bernardi, Antonella Candela, Luigia Onorati, Massimiliano Orzati, Lorenzo Parrini, Maria Giovanna Patanè, Giuseppe Pazzaglia e Franco Picozzi, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Rienzi e Marco Ramadori, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale delle Milizie, 9;

i signori Adelaide Arduini, Stefania Ascanio, Claudio Bonini, Mario Bonini, Augusto Bussoletti, Michele Cacchione, Fabio Canestrelli, Ilaria Canestrelli, Ernesta Cardini, Sonia Cerenza, Alessandro Coniglio, Andrea Elisabeth Dane, Ofelia De Cataldo, Angelo Di Muzio, Vittorio Dullio Dini, Stefania Fante, Daniele Ferrini, Daniele Filosi, Carlo Gelsi, Vincenzo Gelsi, Pasquale Iervolino, Gabriele Kielmann, Giambattista Francesco Lucarelli, Antonio Maffia, Fiorella Marmeggi, Gabriello Mattera, Maria Menheere Petronella, Filippo Mezzapelle, Domenico Montoro, Marta Murzi, Mauro Palombelli, Paolo Piccolo, Franco Picozzi, Massimo Prosperi, Cesare Romano, Maria Civita Romano, Olivia Rubini, Antonella Sarlo, Claudio Sposato, Nicola Sposato, Tommaso Claudio Torrillo, Roberto Traon, non costituiti in giudizio nel presente grado;

Comune di Aprilia, Comune di Campo nell'Elba, Comune di Capoliveri, Comune di Cisterna di Latina, Comune di Mazzano Romano, Comune di Porto Azzurro, Comune di Rio Marina, Comune di Sermoneta, Comune di Cori, Comune di Latina, Comune di Velletri e Regione Lazio, non costituiti in giudizio nel presente grado;

Regione Toscana, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Ciari, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Marcello Cecchetti in Roma, via Antonio Mordini, 14;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l'avvocato dello Stato Vincenzo Rago e gli avvocati Rienzi, Ramadori e Marcello Cecchetti, quest'ultimo per delega dell'avvocato Bora;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio pronunciava definitivamente sul ricorso n. 3446 del 2011, proposto dal Coordinamento di associazioni per la tutela dell'ambiente e dei diritti utenti e consumatori - Codacons, dall'Associazione utenti dei servizi pubblici e da numerosi utenti del servizio idrico avverso le ordinanze d'urgenza, con le quali i sindaci dei numerosi Comuni menzionati in epigrafe ? in attuazione del decreto interministeriale del 24 novembre 2010 (Disciplina concernente le deroghe alle caratteristiche di qualità delle acque destinate al consumo umano che possono essere disposte dalle regioni Campania, Lazio, Lombardia e Toscana), a sua volta adottato in ottemperanza alla decisione della Commissione europea C(2010) 7605 del 28 ottobre 2010 ? avevano dichiarato la non potabilità e inibito l'uso delle acque destinate al consumo umano fino al ripristino della potabilità (prevedendo, in alcuni casi, la somministrazione dell'acqua destinata al consumo umano con mezzi alternativi, ad. es. autobotti), nella parte in cui avevano omesso di prevedere la riduzione delle tariffe per il consumo dell'acqua potabile, tenuto conto dell'erogazione di un servizio inadeguato e non pienamente funzionale al suo scopo.

    Il ricorso era, inoltre, diretto ad ordinare alle Amministrazioni coinvolte, ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. b), cod. proc. amm., l'adozione delle misure atte ad eliminare la contaminazione naturale arsenica dall'acqua potabile in conformità alle disposizioni europee, a salvaguardia degli utenti, ed a condannare i Ministeri competenti al riesame dei criteri per una rideterminazione al ribasso della tariffa base dell'acqua, proporzionalmente alla impossibilità parziale di erogazione del servizio in ragione della sopravvenuta non potabilità.

    Infine, i ricorrenti avevano proposto domanda di condanna dei Ministeri e delle Regioni resistenti, previo accertamento delle correlative responsabilità, al risarcimento dei danni subiti in qualità di utenti del servizio idrico, in quanto esposti alla distribuzione, nei periodi di deroga agli standard comunitari di cui si era avvalso lo Stato italiano, di acqua destinata al consumo umano e come tale considerata nei canoni di legge quanto ai limiti di concentrazione, in falda, dei minerali presenti nel sottosuolo vulcanico del territorio italiano (in particolare dell'arsenico), ma priva dei necessari requisiti posti a tutela della salute umana.

    Il T.a.r., in particolare, provvedeva come segue:

    (i) respingeva l'eccezione di carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, affermandone la sussistenza sia in capo agli enti collettivi Codacons (in forza delle previsioni statutarie e degli artt. 13 e 18 l. 8 luglio 1986, n. 349, richiamando altresì, ad colorandum, il combinato disposto degli artt. 137 e 2 d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) ed Associazione utenti dei servizi pubblici (in virtù delle relative previsioni statutarie), sia in capo ai privati che agivano quali singoli utenti;

    (ii) respingeva l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia, rilevando che questa atteneva non già alla determinazione della tariffa finale per l'utente ed a singoli rapporti individuali d'utenza, bensì alla stessa individuazione e qualificazione autoritativa dell'idoneità del servizio pubblico in esame sotto il profilo della pubblica salute, oltre che alla verifica dell'eventuale lesione del diritto alla salute conseguente all'errata disciplina pubblicistica del medesimo servizio, e dunque alle scelte discrezionali dell'Amministrazione in ordine alla determinazione del canone e all'organizzazione del servizio, ed affermando di conseguenza la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lettera c), cod. proc. amm.;

    (iii) respingeva l'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, affermando la sussistenza di un interesse concreto, differenziato ed attuale in capo ai ricorrenti, associazioni ed utenti, alla decisione delle domande giudiziali proposte, da un lato, nel ruolo di statutaria rappresentanza degli interessi della generalità degli utenti e, dall'altro, in qualità di diretti utenti, ed in entrambi i casi non concernenti direttamente le modalità di prestazione del servizio all'utente finale, bensì il legittimo esercizio dei poteri autoritativi della pubblica autorità relativi alla disciplina del servizio pubblico in esame, sotto i plurimi profili del rispetto della vigente normativa (e non delle specifiche condizioni contrattuali) circa la idoneità (più che la qualità) del servizio prestato, e circa la necessaria tutela del diritto alla salute esposto a rischio, escludendo altresì qualsiasi profilo di tardività con riferimento alla mancata tempestiva impugnazione del decreto ministeriale del 21 novembre 2010 sulla base del rilievo che la competenza in materia tariffaria competeva esclusivamente agli enti locali, i cui provvedimenti erano stati tempestivamente impugnati [fermi i poteri dell'Amministrazione centrale di predisporre i relativi criteri, ossia, di adottare il c.d. metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato di cui al d.m. 1 agosto 1996, emanato in attuazione dell'art. 13 l. 5 gennaio 1994, n. 36, e fatto salvo, in regime transitorio, dall'art. 170, comma 3, lett. l), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152];

    (iv) in reiezione della correlativa eccezione, affermava la sussistenza della legittimazione passiva in capo a tutte le Amministrazioni intimate;

    (v) respingeva la domanda di annullamento delle ordinanze, con cui i Comuni resistenti avevano disposto la non potabilità e l'inibizione dell'uso delle acque destinate al consumo umano, nella parte in cui non avevano previsto una riduzione delle tariffe per il consumo dell'acqua potabile, e la connessa domanda di inibire, ai sensi dell'art. 140 d.lgs. n. 206 del 2005, gli atti e i comportamenti tenuti dalle Amministrazioni resistenti e, per l'effetto, di ordinare alle stesse di porre in essere le attività di propria competenza, al fine di consentire la determinazione al ribasso delle tariffe oggi praticate dalle autorità d'ambito in favore degli abitanti di tutti i comuni in cui l'acqua era stata espressamente dichiarata non potabile, con fissazione delle modalità esecutive ai sensi dell'art. 34, comma 2, lett. e), cod. proc. amm., rilevando che i poteri d'urgenza ex art. 32 l. 23 dicembre 1978, n. 833...

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