Sentenza nº 120 da Constitutional Court (Italy), 05 Giugno 2013

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione05 Giugno 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 120

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 63 e 70 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), promosso dal Tribunale ordinario di Napoli nel procedimento vertente tra Boccellino Giovanni ed altri e Nespoli Vincenzo ed altro, con ordinanza del 14 marzo 2012 iscritta al n. 262 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 aprile 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto in fatto

  1. – In un giudizio promosso (con ricorso depositato il 5 dicembre 2011) da cittadini elettori nei confronti del Sindaco di Afragola – per accertare la sussistenza in capo a questo della causa di incompatibilità tra tale carica e quella di senatore della Repubblica italiana e dichiararne la decadenza dalla prima – il Tribunale ordinario di Napoli, prima sezione civile, con ordinanza emessa il 14 marzo 2012, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 63 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), «in combinato disposto con l’art. 70 del D.Lgs. n. 267/2000, nella parte in cui il suddetto articolo 63, nel sancire le cause di incompatibilità, non prevede l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di Sindaco di un Comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, non consentendo così l’esercizio dell’azione popolare, per la lesione degli articoli 3, 51, 67 e 97 della Costituzione nonché del principio di ragionevolezza in riferimento agli artt. 1, 2, 3 e 4 della L. n. 53/1960 [recte: n. 60/1953] come dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla sentenza n. 277 del 2011 della Corte Costituzionale».

    Il rimettente espone che l’elezione a sindaco del convenuto era avvenuta nella tornata elettorale del 13 e 14 aprile 2008 e nel successivo turno di ballottaggio del 28 e 29 aprile 2008 (ed era stata convalidata l’11 giugno 2008), mentre il medesimo rivestiva anche la carica di parlamentare nazionale in quanto eletto al Senato della Repubblica nella XVI legislatura, in data 13 aprile 2008 (proclamato il 24 aprile 2008, con convalida in data 1° luglio 2008), con conseguente contemporanea assunzione delle due cariche.

    Ciò premesso – esaminato il quadro normativo vigente in tema di incompatibilità tra cariche pubbliche e di modalità di contestazione e di accertamento, in particolare con riguardo alle cariche di parlamentare e di sindaco –, il Collegio rileva che nel decreto legislativo n. 267 del 2000, tra le disposizioni che prevedono le cause di ineleggibilità ed incompatibilità, anche sopravvenute, non si rinviene alcuna previsione che sancisca l’ineleggibilità del parlamentare a sindaco e l’incompatibilità tra le due cariche, giacché un riferimento ai profili di interferenza tra dette cariche si trova solo nell’art. 62, che disciplina (con previsione coincidente a quella contenuta nell’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante «Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati», e negli artt. 2 e 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, recante «Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica») il diverso caso in cui la accettazione della candidatura a parlamentare comporta la decadenza dalla carica di sindaco di un Comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti.

    Richiamate analiticamente le argomentazioni contenute nella sopra citata sentenza di questa Corte n. 277 del 2011, nel respingere le eccezioni del convenuto di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e decadenza dall’azione, il Tribunale osserva, da un lato, che – se va considerato che l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco, enucleata da detta sentenza, non ricade direttamente sull’ambito applicativo del decreto legislativo n. 267 del 2000, ove è disciplinata l’azione popolare – non può non considerarsi che la mancata possibilità di esercitarla, conseguente a questa assenza normativa, determinerebbe una disarmonia ed un disequilibrio del sistema, così da causare una sperequazione tra il diritto di elettorato passivo rispetto al diritto di elettorato attivo, «atteso che la valutazione di una incompatibilità ricadente su due diverse cariche elettive (parlamentare e sindaco) si troverebbe ad essere parzialmente sottratta all’ordinario sistema di accertamento e contestazione previsto per una delle due (sindaco)»; laddove, comunque, la domanda proposta in giudizio non verterebbe in materia coperta dalla riserva di autodichia di cui all’art. 66 Cost., giacché «la qualità di parlamentare non è in nessun caso suscettibile di subire riflessi giuridici, diretti o indiretti, dalla decisione che l’A.G.O. è tenuta ad assumere nel merito dell’azione popolare esperita in relazione alla carica di Sindaco». Dall’altro lato, il Tribunale rileva che secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, l’azione elettorale si colloca su un piano di assoluta autonomia rispetto alla delibera consiliare di convalida dell’elezione, involgendo posizioni di diritto soggettivo perfetto; e che pertanto i pieni poteri di cognizione del giudice ordinario, comprendenti anche quello di correggere il risultato delle elezioni, non sono influenzati da eventuali provvedimenti del consiglio comunale, né il relativo procedimento amministrativo può incidere sulla proponibilità dell’azione giudiziaria, che prescinde sia dalla esistenza di un deliberato consiliare sia dalla correlativa impugnativa di esso.

    Escluso che la censurata lacuna normativa possa essere colmata in via di applicazione estensiva o analogica, ovvero di interpretazione costituzionalmente orientata (atteso il principio di tassatività delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità), il rimettente osserva, dunque, come la mancata previsione nel decreto legislativo n. 267 del 2000 della incompatibilità...

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