Sentenza nº 103 da Constitutional Court (Italy), 29 Maggio 2013

RelatoreSergio Mattarella
Data di Resoluzione29 Maggio 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 103

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Luigi MAZZELLA Giudice

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 1, lettera c), della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2009), sostitutivo dell’art. 11, comma 5, della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2008), promosso dal Tribunale di Busto Arsizio nel procedimento vertente tra Roveda Stefano ed altre e la Immobiliare Vittoria s.r.l. ed altri, con ordinanza del 15 febbraio 2012, iscritta al n. 109 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di costituzione della Immobiliare Vittoria s.r.l.;

udito nell’udienza pubblica del 10 aprile 2013 il Presidente Franco Gallo in luogo e con l’assenso del Giudice relatore Sergio Mattarella.

Ritenuto in fatto

  1. — Con ordinanza del 15 febbraio 2012, pervenuta alla cancelleria di questa Corte il 22 giugno 2012 (reg. ord. n. 109 del 2012), il Tribunale di Busto Arsizio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102 e 104 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 1, lettera c), della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2009), in quanto prevede che l’articolo 11, comma 5, della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2008) sia sostituito dalla norma di interpretazione autentica che recita: «In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, l’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, si interpreta nel senso che la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi, fermi gli effetti derivanti da pronunce giudiziali passate in giudicato e la corretta esecuzione dei lavori a regola d’arte asseverata da un tecnico abilitato».

  2. — Il giudice remittente premette che la fattispecie al suo esame concerne la domanda risarcitoria proposta ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. dall’acquirente di un immobile nei confronti del venditore-costruttore e dell’appaltatore, per il mancato rispetto dei requisiti acustici passivi degli edifici fissati dal d.P.C.M. 5 dicembre 1997 (Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici). In particolare, lo stesso giudice rileva che dalla lettura delle conclusioni del ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. introduttivo del giudizio, si evince chiaramente che a fondamento della domanda i ricorrenti hanno inteso porre non già, genericamente, la violazione delle regole dell’arte nella costruzione degli edifici da parte del venditore-costruttore e dell’appaltatore, bensì, più specificamente, la violazione dei requisiti acustici passivi previsti dalla vigente normativa acustica e, segnatamente, dal richiamato d.P.C.M. 5 dicembre 1997.

    Tale decreto, emanato in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull’inquinamento acustico), determina i requisiti acustici passivi e quelli delle sorgenti sonore interne agli edifici, al fine di ridurre l’esposizione umana al rumore, e prescrive i limiti espressi in decibel che gli edifici costruiti dopo la sua entrata in vigore devono rispettare.

    2.1.— Inoltre, il giudice remittente osserva che nella materia è intervenuta, dapprima, la direttiva 2002/49/CE, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, recepita con il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194 (Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale), e, dopo la scadenza della delega prevista dall’art. 14 della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003), l’art. 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2008), ha previsto una nuova delega al Governo, per integrare nell’ordinamento la direttiva citata e per assicurare l’omogeneità delle normative di settore mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi.

    In riferimento ai requisiti acustici passivi degli edifici previsti dal d.P.C.M. 5 dicembre 1997, l’articolo 11, comma 5, della legge n. 88 del 2009, recante la delega al Governo per il riordino e la disciplina in materia di inquinamento acustico, prevedeva che «in attesa del riordino della materia, la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge». Successivamente, è intervenuta la norma impugnata.

    2.2.— Ad avviso del giudice remittente, da quanto esposto emerge la rilevanza della questione sollevata, dal momento che la controversia «verte sulla responsabilità ex art. 1669 cod. civ. del venditore-costruttore e dell’appaltatore per violazione del d.P.C.M. 5 dicembre 1997», che la norma censurata ed entrata in vigore in pendenza di giudizio ha reso inapplicabile alla fattispecie in esame. Pertanto, secondo lo stesso giudice, la sua applicazione comporta che il mancato rispetto dei valori di isolamento acustico di cui al d.P.C.M. richiamato «non può costituire fonte di responsabilità per il venditore-costruttore nei confronti dell’acquirente, andando pertanto a incidere su tutte le situazioni pregresse confluite nei contratti di vendita degli immobili (come, appunto, quella in esame), tranne i casi in cui sia già intervenuta una sentenza definitiva che riconosca detta responsabilità e fatta salva comunque l’esecuzione a regola d’arte dei lavori».

  3. — Passando ad esporre un primo profilo di illegittimità costituzionale, il giudice a quo afferma che il contenuto della «norma...

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