Sentenza nº 65 da Constitutional Court (Italy), 12 Aprile 2013

RelatorePaolo Maria Napolitano
Data di Resoluzione12 Aprile 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 65

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Luigi MAZZELLA Presidente

- Gaetano SILVESTRI Giudice

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3 e 4 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 28 febbraio-1° marzo 2012, depositato in cancelleria il 1° marzo 2012 ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2012.

Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nell'udienza pubblica del 12 marzo 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Luigi Manzi e Bruno Barel per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 28 febbraio 2012 e depositato il successivo 1° marzo il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli articoli 3 e 4 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali), in relazione agli articoli 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione.

    1.1.– Il ricorrente premette, con riferimento all’art. 3 della legge reg. n. 30 del 2011, che tale norma, dopo aver previsto che «gli orari di apertura e di chiusura al pubblico delle attività di commercio al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo e dei criteri emanati dai comuni [...]», detta poi, ai successivi commi, una serie di rilevanti limitazioni e restrizioni quali: «Le attività di commercio al dettaglio possono restare aperte al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue e osservano la chiusura domenicale e festiva. Nel rispetto di tali limiti, l’esercente può liberamente determinare l’orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio» (comma 2); «Le attività di commercio al dettaglio derogano all’obbligo di chiusura settimanale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell’anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell’anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano» (comma 4).

    Ulteriori norme vincolistiche sono poi dettate con riferimento ai comuni a prevalente economia turistica e alle città d’arte per i quali si prevede che «gli esercenti determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva. I comuni possono individuare le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico, nei quali gli esercenti possono esercitare la facoltà di cui al presente comma, secondo le modalità definite dalla medesima legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62» (comma 6).

    È stabilito altresì che «Fatta eccezione per le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d’arte, individuati ai sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62, è prevista la chiusura obbligatoria degli esercizi di vendita al dettaglio nelle seguenti festività: 1° gennaio, Pasqua, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 25 dicembre» (comma 7).

    Secondo il ricorrente l’art. 3, ora descritto, si porrebbe in contrasto con il quadro normativo vigente, risultante dall’art. 31, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

    La norma ora citata, intervenendo sull’art. 3, comma 1, del decreto-legge 14 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande siano svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio. Tale modifica normativa, introdotta dal d.l. n. 201 del 2011, si qualifica come norma di liberalizzazione ed è direttamente vincolante anche nei confronti dei legislatori regionali.

    Il ricorrente evidenzia che la materia «tutela della concorrenza» riservata dall’art. 117, comma 2, lettera e), Cost. alla potestà legislativa esclusiva dello Stato comprende anche le misure legislative promozionali «che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese» (sentenza n. 401 del 2007).

    La norma regionale in esame, dunque, introducendo una serie di vincoli e restrizioni in termini di orari di apertura e di giornate di chiusura degli esercizi commerciali, lungi dal produrre effetti pro-concorrenziali, si porrebbe in aperto contrasto con la disciplina nazionale di liberalizzazione, e quindi violerebbe l’art. 117, comma 2, lettera e), Cost.

    1.2.– Anche con riferimento all’art. 4 della legge reg. n.30 del 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), Cost.

    La norma oggetto di censura prevede che, nelle more dell’approvazione della nuova normativa regionale in materia di commercio al dettaglio su area privata e, comunque, entro e non oltre il termine di un anno dalla sua entrata in vigore, tutti i procedimenti amministrativi per il rilascio di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali sono sospesi, compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della legge.

    Secondo il ricorrente, la norma regionale determina una ingiustificata restrizione della concorrenza, posto che la sospensione del rilascio di nuovi provvedimenti autorizzatori ha il chiaro effetto di cristallizzare il mercato nel suo assetto esistente e si traduce nella sospensione per un anno della libertà, costituzionalmente garantita, di accesso al mercato.

    L’illegittimità della norma discenderebbe anche dal contrasto con gli obiettivi e le previsioni della direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, la quale, proprio al fine di garantire un mercato interno dei servizi realmente integrato e funzionante, ha sottoposto a condizioni assai stringenti la possibilità per i legislatori di subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione.

    In particolare l’art. 9, par. 1, della direttiva citata dispone che: «gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad una attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva».

    Secondo il ricorrente, la normativa regionale violerebbe le disposizioni della citata direttiva, recepita nell’ordinamento italiano con decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), in quanto introdurrebbe una limitazione all’accesso ad un’attività di servizio che non si fonda sui motivi imperativi di interesse generale, cosi come disposto dall’art. 14 del suddetto decreto legislativo e, in ogni caso, non rispettosa del principio di proporzionalità.

    In conclusione, la norma...

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