Sentenza nº 33 da Constitutional Court (Italy), 06 Marzo 2013

RelatoreAldo Carosi
Data di Resoluzione06 Marzo 2013
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 33

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco GALLO Presidente

- Gaetano SILVESTRI Giudice

- Sabino CASSESE "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

- Giancarlo CORAGGIO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), in combinato disposto con l’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), promosso dalla Corte d’appello di Genova nel procedimento vertente tra l’Azienda Sanitaria Locale n. 5 “Spezzino” e Rinaldi Giuseppe, con ordinanza del 18 maggio 2012, iscritta al n. 198 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2013 il Giudice relatore Aldo Carosi.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 18 maggio 2012 la Corte d’appello di Genova ha sollevato, in riferimento agli articoli 38, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15-nonies [rectius: art. 15-nonies, comma 1] del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), in combinato disposto con l’art. 16 [rectius: art. 16, comma 1, primo periodo] del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nella parte in cui non è prevista per i dirigenti sanitari, anziché la facoltà di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti (ossia, fino al sessantasettesimo anno d’età), quella di permanere in servizio, su istanza dell’interessato, fino al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, con il limite di permanenza del settantesimo anno di età ed il limite di non dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti.

    1.1. – Riferisce il giudice rimettente che l’Azienda sanitaria locale (ASL) n. 5 “Spezzino” aveva disposto, al 1° aprile 2010, la cessazione dal servizio di Giuseppe Rinaldi, proprio dirigente medico con incarico di “direzione complessa cure primarie”, al compimento del sessantasettesimo anno d’età. Ciò, in applicazione dell’impugnato combinato disposto degli artt. 15-nonies del d.lgs. n. 502 del 1992 e 16 del d.lgs. n. 503 del 1992.

    Successivamente, dal 1° febbraio 2011, l’ASL l’aveva riammesso in servizio a seguito dell’entrata in vigore della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), il cui art. 22, al comma 1, estendeva la facoltà di permanere in servizio, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo – con la precisazione che, in ogni caso, il limite massimo di permanenza non poteva superare il settantesimo anno d’età e che detta permanenza non poteva dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti – ed al comma 3 statuiva che detta facoltà si riconoscesse anche ai dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale in servizio alla data del 31 gennaio 2010.

    1.2. – Il Rinaldi aveva adito il Tribunale ordinario della Spezia ed ottenuto da questo la sentenza n. 1 del 26 gennaio 2012, che aveva accertato il diritto del ricorrente nei confronti dell’ASL di essere riammesso in servizio con la qualifica, le mansioni e la retribuzione di cui al contratto individuale di lavoro del 3 novembre 2009, n. 205, a far tempo dal 1° aprile 2010 e fino al compimento del settantesimo anno d’età (il 4 marzo 2013) – salvo il sopraggiungere di autonoma causa di risoluzione del rapporto – con diritto al pagamento delle retribuzioni e delle differenze retributive frattanto maturate, oltre che della somma maggiore tra interessi e rivalutazione monetaria, ed al versamento all’ente competente della relativa contribuzione previdenziale. In tale decisione si affermava che i citati artt. 15-nonies del d.lgs. n. 502 del 1992 e 16 del d.lgs. 503 del 1992 erano stati interpretati in modo costituzionalmente orientato, in particolare alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 90 del 1992. Quest’ultima aveva dichiarato costituzionalmente illegittima, in riferimento all’art. 38, secondo comma, Cost., altra normativa che fissava un’età di collocamento a riposo che non consentiva al personale delle Unità sanitarie locali (USL), a quella data privo – come il Rinaldi – del requisito contributivo necessario per fruire della pensione, di permanere in servizio fino alla maturazione di questa e comunque non oltre il settantesimo anno d’età, come previsto per i primari che volessero conseguire il massimo della pensione. Ad avviso del Tribunale, una volta venuta meno la cessazione del servizio al compimento del sessantasettesimo anno d’età, il rapporto doveva intendersi proseguito senza soluzione di continuità, con la conseguente applicazione del regime stabilito dal contratto del 3 novembre 2009. Quindi, il ricorrente doveva continuare ad essere dirigente della struttura complessa nonostante non avesse partecipato e superato il previsto corso di formazione, atteso che la continuità del rapporto avrebbe imposto, per la revoca dall’incarico lavorativo, la specifica – e concretamente non seguita – procedura e che egli era già stato valutato positivamente e, dunque, era esonerato – ex art. 15, comma 8, ultima parte, del d.lgs. n. 502 del 1992 – dal possedere l’attestato manageriale.

    1.3. – Riferisce ancora il rimettente che avverso la menzionata sentenza la ASL ha proposto appello, lamentando che il Tribunale avesse offerto un’erronea interpretazione della normativa vigente (gli artt. 15-nonies del d.lgs. n. 502 del 1992 e 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, nel testo precedente alla modifica introdotta dall’art. 22 della legge n. 183 del 2010, inapplicabile ratione temporis) in quanto irrimediabilmente contraria alla lettera della stessa. Inoltre, secondo l’appellante i principi costituzionali richiamati dal giudice di prime cure, presupponendo la mancanza di un trattamento pensionistico, non avrebbero potuto operare nella fattispecie, considerato che il ricorrente godeva di pensione corrisposta dall’Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM).

    Ancora, non si sarebbero potute riconoscere le retribuzioni medio tempore maturate, posto che esse competerebbero solo a chi sia stato riammesso in servizio a seguito di illegittima interruzione del rapporto e che, peraltro, il ricorrente aveva svolto attività di medico convenzionato per il Comune di Aulla dal 30 giugno 2010 al 31 gennaio 2011, percependo il relativo trattamento economico incompatibile con quello di dirigente dell’ASL, comunque da detrarsi dall’ammontare degli...

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