Sentenza nº 533 da Council of State (Italy), 29 Gennaio 2013

Data di Resoluzione29 Gennaio 2013
EmittenteCouncil of State (Italy)

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Luigi Maruotti, Presidente

Aldo Scola, Consigliere, Estensore

Maurizio Meschino, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sezione II-quater, n. 33363/2010, resa tra le parti e concernente la dichiarazione di notevole interesse pubblico di un'area sita nel territorio del Comune di Roma, municipio XII, denominata "ambito meridionale dell'agro romano compreso tra le vie Laurentina ed Ardeatina?.

sul ricorso r.g.n. 4591/2011, proposto dalla Seipa s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Anna Maria Pitzolu, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Crescenzio, 42;

- il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del ministro in carica, e la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, in persona del direttore in carica, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

- la Regione Lazio, in persona del presidente in carica, n.c.;

- il Comune di Roma, in persona del sindaco in carica, n.c.;

- Montanari Giuliano, n.c.;

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa.

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni statali appellate (Ministero e Direzione generale);

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, l'avv. Anna Maria Pitzolu e l'avvocato dello Stato Tito Varrone.

FATTO

A) La società ricorrente ?Seipa? premetteva di esercitare un'attività estrattiva in via di esaurimento in area di sua proprietà in località ?Quarto dei Radicelli? con accesso dalla via della Selvotta;

- in località ?Tor Tignosa", dal 1976 svolgeva un'attività estrattiva in una cava autorizzata con determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 391/2008, ex art. 35, legge reg. Lazio n. 17/2004;

- in località ?Porta Medaglia?, dal 1960 esercitava rispettivamente:

- un'attività estrattiva autorizzata con determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 377 del 23 marzo 2006, ai sensi dell'art. 35, legge reg. Lazio n. 17/2004;

- una discarica dei rifiuti inerti autorizzata con decreto del commissario delegato per l'emergenza ambientale per la Regione Lazio n. 142 del 20 dicembre 2007;

- un impianto di recupero di rifiuti inerti autorizzato con decreto del predetto commissario 19 del 5 maggio 2008;

- un impianto di miscelazione del calcestruzzo risalente al 1992;

- un impianto permanente per la produzione di calcestruzzo, ricostruito nel 2000.

Pertanto, essa impugnava il decreto del Direttore regionale per i Beni Culturali e paesaggistici del Lazio dichiarante, ai sensi dell'art. 141, comma 2, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, il notevole interesse pubblico dell'area, sita nel comune di Roma, municipio XII, denominata "Ambito meridionale dell'agro romano compreso tra le vie Laurentina ed Ardeatina?, così come individuata dalle norme e dalla relativa cartografia, nella parte in cui, nel rispondere alle osservazioni, con le quali si chiedeva lo stralcio dell'area soggetta ad attività estrattiva, di quella destinata ad ampliamento dell'attività e la considerazione del progetto di discarica, non si pronunciava, tra l'altro, sulla parte relativa all'attività di discarica d'inerti nel perimetro della zona vincolata ed inibiva sia il prosieguo che l'ampliamento dell'attività estrattiva, facendo solo salvo il rinvio ad un successivo riesame di un apposito progetto di cui agli artt. 28 e segg., legge reg. Lazio n. 24/1998.

Il ricorso, premessa una diffusa ricostruzione delle vicende, del quadro normativo generale, e della specifica situazione delle aree interessate, prospettava cinque articolate censure relative alla violazione degli artt. 3, 42 , 97 e 118, comma 3, Cost.; degli artt. 3 e 14, commi 6-bis e 9, legge n. 241/1990, e s.m.i.; dell'art. 12, comma 1, legge reg. Lazio n. 17/2004; degli artt. 136 , 140, comma 2, 146 e 159, codice dei beni culturali e del paesaggio; dell'art. 17, legge reg. Lazio n. 24/1998; degli artt. 3 e 28, n.t.a., vincolo; dell'art. 22, legge 6/12/1991 n. 394; dell'art. 10, d.lgs. 30 maggio 2008 n.117; incompetenza; violazione dei princìpi d'imparzialità, trasparenza, certezza del diritto e legittimo affidamento; eccesso di potere per sviamento, violazione dei princìpi di buon andamento dell'amministrazione e di leale collaborazione, errore dei presupposti, difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento, carenza di potere e contraddittorietà con precedenti atti della stessa amministrazione e tra le controdeduzioni e l'art. 28, n.t.a..

Si costituiva in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali-Direzione regionale per i beni culturali e paesistici del Lazio, depositando documentazione e resistendo al ricorso con la difesa erariale.

Altrettanto faceva il Comune di Roma, con il suo patrocinio.

B) Si deduceva che, illegittimamente, il Ministero avrebbe esercitato il potere previsto dall'articolo 138, comma 3, d.lgs. n. 42/2004, su un'area già assoggettata a vincolo con il p.t.p.r. (in occasione della cui approvazione avrebbero dovuto procedimentalmente estrinsecarsi le discusse integrazioni e proposte ministeriali), in assenza, dunque, delle finalità di tutela indispensabili per l'esercizio del potere.

Con la sentenza impugnata, il T.a.r. per il Lazio ha respinto il ricorso a spese compensate.

C) La sentenza è stata poi impugnata dall'impresa soccombente per errore di giudizio sotto molteplici profili, trattandosi di area già quasi completamente assoggettata al vincolo dal vigente p.t.p.r.; vizio di motivazione, essendosi irragionevolmente inserita la discussa area all'interno del paesaggio agrario di rilevante valore ovvero nel paesaggio agrario di continuità; infine, tutte le doglianze sostanzialmente già dedotte in primo grado.

Le amministrazioni statali appellate si costituivano in giudizio e resistevano al gravame, ribadendo la (parziale inammissibilità del ricorso originario per carenza d'interesse e la) legittimità degli atti gravati: esse hanno richiamato la sentenza del Cons. Stato, sezione VI, n. 7005/2011.

Replicava con due proprie memorie (anche di replica) l'impresa appellante, richiamandosi alle due perizie giurate in atti e ponendo in luce la rarità del materiale estratto nell'area della cava in questione (v. autorizzazione paesistica rilasciata dalla competente Giunta regionale Lazio ed autorizzazione G.r. Lazio n. 656/2000, in atti), con correlativa applicabilità del regime di cui all'art. 17, legge reg. Lazio n. 24/1998, in comb. disp. art. 28, n.t.a. del vincolo, nonché il suo perdurante interesse coltivabile in sede giurisdizionale, nella prospettiva di un'auspicabilmente non interrotta attività aziendale.

All'esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

DIRITTO

L'appello è infondato e va respinto per le ragioni correttamente individuate in primo grado e sintetizzate dal collegio (che le condivide e fa proprie) come segue.

I) La ??tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali?? è affidata in primo luogo alla competenza esclusiva dello Stato, mentre è attribuita alla legislazione concorrente (art. 117, comma 3, Cost.) la ?valorizzazione dei beni ambientali?.

L'art. 117, Cost., in realtà, non menziona direttamente tra le materie nominate ?il paesaggio?, per cui la predetta disposizione deve essere coordinata con l'art. 9, Cost. che, con una delle disposizioni fondamentali, assegna la ?tutela del paesaggio alla Repubblica, e quindi, quando siano in gioco interessi nazionali, allo Stato: il paesaggio non dev'essere limitato al significato di bellezza naturale ma va inteso come complesso dei valori inerenti al territorio? (cfr. Corte cost., sent. 7 novembre 1994, n. 379), mentre il termine ?paesaggio? indica essenzialmente l'ambiente complessivamente considerato come bene ?primario? ed ?assoluto? (arg. ex Corte cost., sentt. 5 maggio 2006 nn. 182 e 183), necessitante di una tutela unitaria e supportata pure da competenze regionali, nell'ambito degli standard stabiliti dallo Stato (arg. ex Corte cost., sent. 22 luglio 2004 n. 259) in quanto, mediante l'imposizione dei vincoli paesistici, si garantisce la tutela del paesaggio ed anche dell'ambiente (cfr. Cons. Stato, sezione VI, sent. 22 marzo 2005 n. 1186).

In effetti, sul territorio gravano più interessi pubblici (non contrastanti, proprio per effetto della previsione della pianificazione paesistica, ma destinati a trovare un equo contemperamento), quali quelli concernenti:

- la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura, secondo le recenti modificazioni al codice, è stata di nuovo riservata in via esclusiva allo Stato;

- il governo, l'uso e la valorizzazione dei beni ambientali, intesi essenzialmente come fruizione e sfruttamento del territorio medesimo, affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni, fatta salva l'autonoma potestà tuttora riconosciuta a queste ultime d'individuare, con lo specifico procedimento previsto dall'art. 138 comma 1, ?beni paesaggistici? ovvero aree aventi le caratteristiche di notevole interesse pubblico (cfr. Corte cost., sent. 30 maggio 2008 n. 180).

Di regola, dunque, la ripartizione delle competenze in materia di paesaggio è stabilita dall'art. 132 del codice (sostituito dall'articolo 2, comma 1, lettera b) del d.lgs. n. 63/2008) in conformità ai princìpi costituzionali e con riguardo all'applicazione della Convenzione europea sul paesaggio: l'oggetto della tutela del paesaggio non è il concetto astratto di "bellezze naturali", ma l'insieme delle cose, beni materiali o loro composizioni che presentano ?valore paesistico?; pertanto, la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, dev'essere...

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