Sentenza nº 298 da Constitutional Court (Italy), 19 Dicembre 2012

RelatoreGiuseppe Frigo
Data di Resoluzione19 Dicembre 2012
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 298

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 16, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012)», promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 13 gennaio 2012, depositato in cancelleria il 18 gennaio 2012 ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 ottobre 2012 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 13 gennaio 2012 e depositato il successivo 18 gennaio (reg.ric. n. 11 del 2012), la Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale in via principale di alcune disposizioni della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012)», e, tra queste, dell’articolo 33, comma 16, deducendo la violazione degli articoli 3, 30, 33, 34, 97, 117, 118, 119 e 120, nonché del «principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120, secondo comma, della Costituzione».

    La Regione ricorrente rileva come la disposizione impugnata stabilisca che, «per le finalità di cui all’articolo 1, comma 635, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all’articolo 2, comma 47, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, è autorizzata la spesa di 242 milioni di euro per l’anno 2012». Come emerge dalle norme richiamate, la disposizione prevede, in sostanza, un finanziamento a favore delle scuole paritarie, da destinare prioritariamente a quelle dell’infanzia, regolando, così, una materia sulla quale convergerebbero plurime competenze legislative: quella esclusiva statale in tema di «norme generali sull’istruzione» (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.), quella concorrente in materia di «istruzione» e quella – parimenti ripartita fra Stato e Regioni – relativa all’«armonizzazione dei bilanci pubblici» e al «coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, terzo comma, Cost.). Le scuole paritarie, private e degli enti locali, costituiscono infatti, unitamente alle scuole statali, il servizio nazionale di istruzione, qualificato come oggettivamente pubblico (art. 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, recante «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione»). Anche con riguardo alla scuola paritaria dell’infanzia, non vi sarebbe più alcun dubbio in ordine alla sua natura propriamente «scolastica», e non già assistenziale, essendo da tempo normativamente sancito che essa costituisce la prima articolazione del sistema educativo.

    Il servizio dell’istruzione conta, per altro verso, su un «finanziamento plurimo», al quale concorrono lo Stato, le Regioni e gli enti locali. Nonostante il graduale processo di decentramento di funzioni dallo Stato verso le Regioni – già prima della novella costituzionale del 2001 la materia dei contributi alle scuole era stata, in effetti, delegata alle Regioni dall’art. 138, comma 1, lettera e), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) – il servizio dell’istruzione è «da sempre finanziato dallo Stato», cui in particolare compete il finanziamento delle funzioni sue proprie e la predisposizione di risorse atte a sostenere il sistema qualificato come «nazionale», che costituisce un servizio pubblico essenziale. La stessa Corte costituzionale – proprio con riferimento alle scuole dell’infanzia – ha avuto modo, del resto, di qualificare i finanziamenti regionali come solo «aggiuntivi» rispetto a quelli statali (sentenza n. 34 del 2005), riconoscendo, così, che questi ultimi costituiscono la principale fonte di sostentamento del sistema.

    Nella Regione Veneto, le scuole paritarie – e, in particolare, quelle dell’infanzia – avrebbero, d’altra parte, una incidenza tutta particolare, tale da farne «un unicum» nel panorama nazionale. Le scuole paritarie per l’infanzia accoglierebbero, infatti, una percentuale della popolazione scolastica di età compresa fra i tre e i sei anni nettamente superiore a quella delle altre Regioni (il 67,03 per cento, con riguardo all’anno scolastico 2010-2011), costituendo spesso il solo servizio fruibile, stante la mancanza in larga parte dei Comuni veneti di una scuola per l’infanzia statale. Tenuto conto della differenza tra la spesa che lo Stato sostiene per ogni bambino, a seconda che si tratti di scuola paritaria privata, di scuola paritaria comunale o di scuola statale, la presenza delle istituzioni paritarie assicurerebbe, nel solo Veneto, un risparmio per le casse statali pari a 544 milioni di euro annui.

    Tutto ciò premesso, la ricorrente rileva come, fino al 2010, i contributi posti nel bilancio di previsione dello Stato in favore delle scuole paritarie, in un unico capitolo, ammontassero a 539 milioni di euro: importo rimasto sostanzialmente invariato da undici anni e che, già solo per questo, finiva per accollare al gestore non statale del servizio dell’istruzione il progressivo incremento dei costi conseguente all’inflazione.

    La situazione sarebbe mutata, nondimeno, in senso peggiorativo con il bilancio di previsione per il 2011, di cui alla legge 13 dicembre 2010, n. 221 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013), nel quale le risorse di cui si tratta sono state quantificate in 245 milioni di euro a titolo di «rifinanziamento del programma di interventi di cui all’articolo 2, comma 47, della legge 22 dicembre 2008, n. 203» (allegato 1 alla legge, elenco 1), in aggiunta allo stanziamento di 281 milioni di euro già previsto nel programma di bilancio triennale 2009-2011. L’attribuzione di tale somma – già di per sé inferiore di 13 milioni di euro a quella «storica» – è stata, per giunta, subordinata alla vendita delle frequenze televisive del digitale terrestre e, dunque, esposta – ai sensi dell’art. 1, comma 13, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2011)» – alla possibilità di una «riduzione lineare» con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, nel caso di scostamento rispetto alla previsione di entrata alla data del 30 settembre 2011. Ipotesi, questa, di fatto verificatasi, con conseguente decurtazione del contributo di altri 28.304.555 euro.

    Alla data del ricorso, inoltre, solo una parte delle somme iscritte a bilancio (e precisamente euro 167.917.727, pari agli otto dodicesimi dello stanziamento) risultava effettivamente versata e solo nel mese di ottobre era stata risolta in senso positivo la disputa circa la stessa debenza, per il 2011, della somma aggiuntiva di 245 milioni di euro.

    Ad avviso della Regione Veneto, l’«anodina...

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