Sentenza nº 6297 da Council of State (Italy), 10 Dicembre 2012

Data di Resoluzione10 Dicembre 2012
EmittenteCouncil of State (Italy)

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Giuseppe Severini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sez. III, 12 ottobre 2011, n. 2419

sul ricorso numero di registro generale 10125 del 2011, proposto da

Progetto Darsena s.p.a. in liquidazione, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Manuela Muscardini, Guido Greco e Maria Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso Maria Alessandra Sandulli in Roma, corso Vittorio Emanuele 349

Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Izzo, Maria Rita Surano, Maria Teresa Maffeye Paola Cozzi, con domicilio eletto presso Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3

Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano, della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, nonché del Ministero per i beni e le attività culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2012 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Greco, Muscardini, Sandulli, Izzo, Surano e Maffey, nonché l'avvocato dello Stato Fiduccia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società progetto Darsena s.p.a. in liquidazione con l'appello assume di essere risultata aggiudicataria, nel corso del 2003, all'esito di una procedura finalizzata all'individuazione di un soggetto cui demandare, in regìme di project financing, la realizzazione e la gestione di un parcheggio pubblico interrato nel sottosuolo di un'area demaniale sita in Milano (in zona tra viale Gorizia e viale Gabriele D'Annunzio, denominata ?Darsena?).

Risulta agli atti che:

- in data 21 maggio 2003 ebbe luogo l'aggiudicazione della procedura di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109;

- in data 20 maggio 2004 l'appellante consegnò il progetto definitivo dell'opera (approvata dal Comune di Milano il successivo 11 agosto);

- in data 23 settembre 2004, il Comune e la società appellante sottoscrissero una convenzione avente ad oggetto la progettazione e costruzione della struttura interrata, da realizzarsi in due piani sotto lo specchio d'acqua della Darsena, sì da ospitare 713 posti auto (i posti auto in questione sarebbero stati concessi in gestione per un periodo trentennale, con il vincolo di destinazione d'uso pubblico ?a rotazione?, con sistema di pagamento a tariffa oraria). Il piano economico e finanziario dell'opera prevedeva che la stessa sarebbe stata realizzata senza onere alcuno per l'amministrazione la quale avrebbe ? al contrario ? ritratto una quota parte dei proventi derivanti dal'installazione di impianti pubblicitari lungo il perimetro del cantiere, nonché un contributo monetario pari a 400mila euro, versato dal concessionario per l'esecuzione di alcune opere di miglioria della viabilità o di arredo dell'area.

Come correttamente riportato nell'ambito della sentenza in epigrafe, il parcheggio avrebbe dovuto essere ultimato entro il settembre 2006, e da quella data avrebbe dovuto avere inizio la successiva gestione trentennale.

L'opera, tuttavia, non è mai stata realizzata.

Ora, al fine di ricostruire in modo completo le complesse vicende di causa successive alla stipula della convenzione, si ritiene di prendere comunque le mosse dalla prospettazione dei fatti contenuti nella sentenza in epigrafe, salvo soffermarsi (nella narrativa in fatto, ovvero nell'esame dei motivi di diritto, a seconda dei casi) sui singoli aspetti in relazione ai quali le parti in causa non concordano neppure sulla ricostruzione dei fatti, ovvero censurano le lacune e le imprecisioni che sarebbero contenute nella sentenza appellata

Ebbene, risulta agli atti che, pressoché per tutto il tempo intercorso dalla stipula della convenzione sino alla proposizione del ricorso introduttivo del primo giudizio, la società appellante e il Comune di Milano abbiano intrattenuto discussioni e carteggi concernenti, fondamentalmente, la pretesa del Concessionario di ottenere il ?riequilibrio economico-finanziario? del progetto originariamente assentito e affidato, senza mai addivenire a una soluzione condivisa che conducesse a un esito diverso dalla risoluzione del rapporto.

Il dissidio, in particolare, è sorto quando, a seguito dei ritrovamenti emergenti dagli scavi archeologici (antiche mura spagnole e alcuni reperti archeologici ? un antico assito ligneo -), emergendo l'esigenza, rappresentata dalla competente Soprintendenza, di modificare il progetto approvato per preservare le preesistenze rinvenute, il Concessionario aveva presentato un nuovo progetto dell'opera che prevedeva, in sintesi, la modifica della sagoma del parcheggio pubblico articolato su tre piani interrati (al posto dei due previsti nel progetto originario) ma, soprattutto, l'aggiunta di un secondo lotto di parcheggi privati per 303 box da cedere a privati residenti nella zona circostante in proprietà superficiaria novantennale.

In realtà, sia la società appellante, sia il Comune appellato hanno fornito in corso di causa (e segnatamente nella presente sede di appello) numerosi elementi e dettagli aggiuntivi in ordine alle ragioni che hanno determinato la risoluzione del contratto in questione (risoluzione che il Comune ha chiesto fosse pronunciata in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 1453 del Codice civile, mentre la società appellante ha ritenuto di conseguire attraverso il meccanismo della diffida ad adempiere di cui al successivo articolo 1454).

In sintesi, nella tesi della società appellante, il progressivo deterioramento dei rapporti fra le parti e la successiva impossibilità di realizzare il programma contrattuale sarebbero stati determinati in primis dal Comune, al quale sarebbe imputabile:

- di avere gravemente ritardato la consegna delle aree e, in seguito, di non averne consentito la libera e agevole utilizzazione delle stesse (ad esempio, durante la fase preliminare all'avvio dei lavori si era posto i problema dello spostamento in altra area della Fiera di Senigallia e non erano mai stati eliminati gli sversamenti di acqua nell'area della darsena, in tal modo rendendo estremamente difficoltoso l'avvio dei lavori);

- di avere approvato solo parzialmente (e con colpevole ritardo) il progetto definitivo dell'opera;

- di avere tenuto nel corso dell'intera vicenda un atteggiamento sostanzialmente ondivago, senza chiarire in modo effettivo quali fossero le reali intenzioni in ordine alle richieste di riequilibrio economico-finanziarrio dell'opera avanzate dalla concessionaria e determinandosi ? infine ? per la risoluzione del contratto dopo aver posto in essere numerosi atti e comportamenti i quali sembravano deporre in senso ? di fatto ? opposto.

Dal canto suo, il Comune imputa all'appellante le ragioni della mancata realizzazione dell'opera e del programma contrattuale nel suo complesso, osservando in sintesi:

- che la mancata consegna delle aree era dipesa da inadempimenti e comportamenti addebitabili alla concessionaria e che, comunque, anche a voler considerare quale terminus a quo per la verifica dei comportamenti delle parti il momento in cui l'area era stata consegnata in modo definitivo (luglio 2005), emergerebbe comunque il comportamento inadempiente della società appellante, la quale non aveva mai posto in essere attività effettivamente finalizzate alla realizzazione del progetto;

- che, anche a voler tenere in considerazione il ritardo nell'approvazione del progetto definitivo, l'appellante non aveva mai elaborato e fatto pervenire il progetto esecutivo, necessario per l'effettivo avvio dei lavori di realizzazione dell'opera;

- che la richiesta a più riprese avanzata dalla società appellante volta ad assicurare (con importanti modifiche rispetto al progetto inizialmente approvato) un diverso equilibrio economico-finanziario non rinveniva un'effettiva giustificazione nell'ambito delle vicende di causa, ma era ? piuttosto ? da attribuire alla volontà di realizzare un progetto diverso da quello inizialmente concepito, più remunerativo per la concessionaria e ? soprattutto ? le cui caratteristiche sotto il profilo tecnico-giuridico erano tali da elidere in modo pressoché assoluto il rischio derivante dalla gestione, trasformando di fatto un'operazione volta alla realizzazione e gestione di un'opera in una diversa operazione volta alla vendita in proprietà superficiaria novantennale di alcune centinaia di box auto.

Con provvedimento in data 14 dicembre 2009, l'Amministrazione pronunciava la decadenza dall'aggiudicazione e la conseguente risoluzione, per grave inadempimento del concessionario, della convenzione del 23 settembre 2004.

Il provvedimento in questione veniva impugnato dalla società Progetto Darsena a r.l. con un primo ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, rubricato con il n. 2917/2009.

Con sentenza 21 giugno 2010 n. 2110, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia respingeva il ricorso.

Tale sentenza, tuttavia, veniva riformata in sede di appello dal Consiglio di Stato (sentenza 6 dicembre 2010 n. 8554), secondo cui, a prescindere dal merito delle denunciate violazioni contrattuali, il Comune di Milano erroneamente aveva tratto la conclusione dell'automatica risoluzione della convenzione accessiva a seguito della dichiarata decadenza dall'aggiudicazione...

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