Ordinanza nº 232 da Constitutional Court (Italy), 12 Ottobre 2012

RelatoreSabino Cassese
Data di Resoluzione12 Ottobre 2012
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 232

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e 99 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), promossi dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna con ordinanza del 3 aprile 2009, dalla Commissione tributaria regionale di Bari con due ordinanze del 24 settembre 2010 e del 5 novembre 2010, dalla Commissione tributaria provinciale di Parma con ordinanza del 28 aprile 2010, dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia del 18 maggio 2011 e dalla Commissione tributaria provinciale di Foggia con ordinanza dell’8 aprile 2011, ordinanze rispettivamente iscritte al n. 190 del registro ordinanze 2009 e ai nn. 63, 64, 68, 195 e 262 del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2009 e 16, 17, 41 e 53, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visti gli atti di costituzione di Bartolini Spa ed altre, della Fida Spa (fuori termine), nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 18 settembre 2012 e nella camera di consiglio del 19 settembre 2012 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi l’avvocato Andrea Bodrito per la Bartolini Spa ed altre e l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con sei distinte ordinanze, iscritte rispettivamente nel reg. ord. n. 190 del 2009 e nn. 63, 64, 68, 195 e 262 del 2011, cinque Commissioni tributarie hanno sollevato, con riferimento ad anni d’imposta dal 2001 al 2007, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), in relazione agli artt. 3, 35 e 53 della Costituzione;

che, inoltre, la Commissione tributaria provinciale di Parma (reg. ord. n. 68 del 2011) ha censurato anche l’art. 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e l’art. 99 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), invocando altresì gli artt. 2, 4 e 41, primo comma, Cost.;

che l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 stabilisce che l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) «ha carattere reale e non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi», mentre l’art. 6 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha dettato norme sulla deduzione dall’IRES e dall’IRPEF della quota di IRAP relativa al costo del lavoro e degli interessi, prevedendo che: «1. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, è ammesso in deduzione ai sensi dell’articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, un importo pari al 10 per cento dell’imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, forfetariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati. 2. In relazione ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2008, per i quali è stata comunque presentata, entro il termine di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, istanza per il rimborso della quota delle imposte sui redditi corrispondente alla quota dell’IRAP riferita agli interessi passivi ed oneri assimilati ovvero alle spese per il personale dipendente e assimilato, i contribuenti hanno diritto, con le modalità e nei limiti stabiliti al comma 4, al rimborso per una somma fino ad un massimo del 10 per cento dell’IRAP dell’anno di competenza, riferita forfetariamente ai suddetti interessi e spese per il personale, come determinata ai sensi del comma 1»;

che l’art. 99 del d.P.R. n. 917 del 1986 stabilisce, al comma 1, che: «Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento»;

che, con la prima delle sei ordinanze indicate in epigrafie, emanata il 3 aprile 2009 (reg. ord. n. 190 del 2009), la Commissione tributaria provinciale di Bologna, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, nella parte in cui non consente ai soggetti passivi dell’IRAP di dedurre tale imposta dall’imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell’Imposta sul reddito delle società (IRES), con riferimento agli articoli 3, 35 e 53 Cost.;

che il giudice rimettente riferisce che il giudizio principale ha ad oggetto un ricorso presentato avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’ufficio all’istanza per l’ottenimento del rimborso, oltre interessi, delle maggiori imposte IRPEG-IRES pagate negli anni 2003, 2004 e 2005, a motivo della mancata possibilità di dedurre dall’imponibile IRPEG-IRES la quota di IRAP corrispondente al costo del lavoro e agli oneri finanziari;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, la Commissione tributaria provinciale di Bologna osserva che l’indeducibilità del 4,25 per cento dei costi di lavoro e di capitale dal reddito soggetto all’imposta personale, prevista dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 6 del decreto-legge n. 185 del 2008 sia costituzionalmente illegittima in quanto sarebbe violato: l’art. 3 Cost., con riguardo al principio di uguaglianza, perché «viene sottoposto a maggiore tassazione chi faccia ricorso alla forza lavoro e al capitale di prestito, rispetto a chi invece non ne faccia uso»; l’art. 35, primo comma, Cost., in quanto la norma violerebbe «il principio della tutela del lavoro, in relazione alla penalizzazione del ricorso al fattore della produzione “lavoro”, aggravato e quindi “scoraggiato”, da una maggiore tassazione»; l’art. 53, primo comma, Cost., perché l’indeducibilità dell’IRAP dall’imposta personale comporterebbe che due imprese, una con costi di lavoro e/o interessi passivi, l’altra priva, si troverebbero a corrispondere imposte personali in misura diversa, in quanto sulla prima inciderebbero in più sull’imponibile, nella misura del 4,25 per cento i costi di lavoro e di oneri finanziari non deducibili dall’IRAP, sulla seconda no;

che, quanto alla rilevanza, la Commissione tributaria provinciale di Bologna osserva che il giudizio principale non può essere definito in assenza della risoluzione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 6 del decreto-legge n. 185 del 2008;

che, con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il 28 luglio 2009, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza della questione;

che, quanto all’ammissibilità, la difesa dello Stato osserva che il giudice rimettente si limiterebbe a trascrivere l’eccezione di illegittimità costituzionale così come sollevata dalla parte ricorrente, senza fornire quindi alcuna autonoma motivazione in merito alla non manifesta infondatezza;

che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato rileva la manifesta infondatezza della questione, sia perché la legge ha sempre «tendenzialmente escluso la deducibilità dall’imponibile di oneri di natura fiscale», sia in base alla giurisprudenza costituzionale, che lascerebbe alla valutazione discrezionale del legislatore il compito di individuare gli oneri deducibili dalle imposte;

che, con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il 28 luglio 2009, si è costituita in giudizio la Bartolini s.p.a., ricorrente nel giudizio principale, sottolineando la illegittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3, 35 e 53 Cost., dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, nella parte in cui sancisce che l’IRAP, anche afferente il costo del lavoro e gli interessi passivi, «non è deducibile dalle imposte sui redditi»;

che la Commissione...

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