Sentenza nº 204 da Constitutional Court (Italy), 20 Luglio 2012

RelatoreGiorgio Lattanzi
Data di Resoluzione20 Luglio 2012
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 204

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 304, comma 2, del codice di procedura penale promosso dal Tribunale di Brescia, sezione riesame, nel procedimento penale a carico di A.A. ed altri con ordinanza depositata il 24 novembre 2011, iscritta al n. 4 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza depositata il 24 novembre 2011 (r.o. n. 4 del 2012), il Tribunale di Brescia, sezione riesame, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 13, quinto comma, della Costituzione, dell’articolo 304, comma 2, del codice di procedura penale «nella parte in cui consente di definire “particolarmente complesso” il dibattimento in cui sia stata disposta una perizia (nella specie la perizia di trascrizione delle intercettazioni telefoniche) che avrebbe potuto o dovuto essere espletata nelle fasi anteriori al dibattimento stesso».

    Il rimettente premette di procedere in sede di rinvio in seguito all’annullamento deciso dalla Corte di cassazione, con sentenza del 7 aprile 2011 (depositata il 7 luglio 2011), dell’ordinanza in data 9-11 novembre 2010 dello stesso tribunale in sede di appello. In tale sentenza la Corte di cassazione ha ribadito il principio secondo cui la scelta del momento in cui disporre la perizia può dipendere dai più vari accadimenti processuali, senza che il codice di rito autorizzi la deduzione di conseguenze particolari dalla circostanza che la trascrizione delle intercettazioni sia stata eventualmente disposta nel dibattimento, invece che nelle indagini o nell’udienza preliminare, e, dopo aver rilevato che l’ordinanza impugnata era incorsa in violazione di legge, avendo ritenuto irregolare la scelta del pubblico ministero di procedere alla trascrizione in sede dibattimentale, ne ha statuito l’annullamento con rinvio al tribunale per un nuovo esame.

    Riferisce ancora il rimettente che l’ordinanza del 9 novembre 2010 aveva confermato l’ordinanza del 14 ottobre 2010 con la quale, nei confronti di vari imputati in stato di custodia cautelare in carcere per fatti di detenzione e di spaccio di sostanze stupefacenti, il Tribunale, di fronte al quale era in corso il dibattimento, aveva rigettato la richiesta del pubblico ministero di sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen.: secondo il Tribunale la sospensione per gli imputati ai quali era contestata la circostanza aggravante prevista dall’art. 80, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) non era necessaria, perché i termini sarebbero scaduti nel maggio del 2011, mentre per gli altri non era applicabile, dato che i reati di cui dovevano rispondere non rientravano tra quelli indicati dall’art. 407, comma 2, lettera a), cod. proc. pen.

    Investita dell’appello del pubblico ministero, la sezione riesame del Tribunale, con la già richiamata ordinanza del 9 novembre 2010, aveva confermato il provvedimento di primo grado, respingendo la domanda di sospensione dei termini di custodia cautelare: infatti, pur condividendo le osservazioni del pubblico ministero circa l’applicabilità dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen. a tutti i coimputati, sebbene solo ad alcuni di essi fosse stato contestato uno dei reati indicati dall’art. 407, comma 2, lettera a), cod. proc. pen., il giudice dell’appello cautelare aveva ritenuto insussistente il requisito della «particolare complessità» del dibattimento. Ricostruiti i diversi orientamenti della giurisprudenza della Corte di cassazione, il Tribunale aveva aderito a quello secondo cui la perizia di trascrizione delle intercettazioni non assume il carattere della «necessità ed inevitabilità», presupposto necessario per l’applicazione dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen., quando la sua esecuzione in sede dibattimentale sia stata il frutto di una scelta discrezionale del pubblico ministero, che non ha proceduto alla richiesta di trascrizione in conformità al disposto dell’art. 268 cod. proc. pen.

    Pur in adesione «a quell’orientamento pacifico della Suprema Corte che legittima la trascrizione delle intercettazioni in sede dibattimentale essendo la relativa prova costituita dai supporti fonici», il giudice dell’appello cautelare aveva affermato che «il profilo della legittimità e della utilizzabilità della perizia di trascrizione in dibattimento non poteva essere confuso con il profilo delle ricadute della scelta del Pubblico Ministero sul regime cautelare dell’imputato (e, pertanto, sulla nozione di particolare complessità che condiziona la durata della custodia cautelare), a fronte di norme che, pur in assenza di sanzioni procedimentali, comunque imponevano la trascrizione nella fase antecedente il dibattimento». Questa tesi non era stata accolta dalla Corte di cassazione che aveva disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata affermando il principio di diritto precedentemente indicato.

    Nel giudizio di rinvio il Tribunale ha espresso l’avviso che l’interpretazione dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen. accolta dalla Corte di cassazione – alla quale il rimettente era tenuto a uniformarsi ai sensi dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. – sollevi forti dubbi di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 13 Cost. Indubbia sarebbe poi la rilevanza della questione in quanto «la decisione dell’impugnazione transita necessariamente dall’esegesi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen. indicata dalla Suprema Corte».

    Nella prospettazione del rimettente l’art. 304 cod. proc. pen., che – fermi i limiti invalicabili di durata stabiliti dal sesto comma – consente, in presenza di una delle situazioni individuate, «uno slittamento dei termini massimi di custodia» di cui all’art. 303 cod. proc. pen., costituirebbe un’eccezione. Secondo la giurisprudenza costituzionale, osserva ancora il rimettente, nella materia dei termini di durata della custodia cautelare, gli organi titolari del potere cautelare non avrebbero una possibilità di scelta del giorno di decorrenza della custodia (sentenze n. 233 del 2011 e n. 408 del 2005, relative alla disciplina di cui all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.) e, nel bilanciamento tra interessi meritevoli di tutela (libertà personale, da un lato, e finalità del processo e tutela della collettività, dall’altro) risiederebbe la giustificazione del temporaneo sacrificio della libertà personale ex art. 13 Cost., che impone soluzioni comportanti il minor sacrificio di tale libertà (sentenza n. 299 del 2005). Sempre nella giurisprudenza costituzionale si rintraccerebbe l’affermazione che i diritti inviolabili dell’uomo – tra i quali quello alla libertà personale – rispondono a un...

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