Sentenza nº 176 da Constitutional Court (Italy), 06 Luglio 2012

RelatoreAldo Carosi
Data di Resoluzione06 Luglio 2012
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 176

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 5-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi dalla Regione Toscana, dalla Regione Veneto e dalla Regione autonoma Sardegna, con distinti ricorsi notificati il 14-18 ed il 15 novembre 2011, depositati in cancelleria il 17, il 23 ed il 24 novembre 2011, ed iscritti ai numeri 133, 145 e 160 del registro ricorsi 2011.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2012 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna, Marcello Cecchetti per la Regione Toscana, Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

[ELG:FATTO]

  1. — La Regione Toscana, in persona del Presidente pro-tempore, autorizzato dalla Giunta regionale con delibere, rispettivamente, del 3 ottobre 2011, n. 833 e del 9 novembre 2011, n. 962, ha impugnato vari articoli del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e tra questi l’art. 5-bis, denunciando la violazione dell’art. 119, terzo e quinto comma, della Costituzione.

    L’art. 5-bis (Sviluppo delle regioni dell’obiettivo convergenza e realizzazione del Piano Sud) del d.l. n. 138 del 2011, introdotto con la legge di conversione n. 148 del 2011, al comma 1 stabilisce che «al fine di garantire l’efficacia delle misure finanziarie per lo sviluppo delle regioni dell’obiettivo convergenza e l’attuazione delle finalità del Piano per il Sud, a decorrere dall’anno finanziario in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la spesa in termini di competenza e di cassa effettuata annualmente da ciascuna delle predette regioni a valere sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, sui cofinanziamenti nazionali dei fondi comunitari a finalità strutturale, nonché sulle risorse individuate ai sensi di quanto previsto dall’articolo 6-sexies del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, può eccedere i limiti di cui all’articolo 1, commi 126 e 127, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, nel rispetto, comunque, delle condizioni e dei limiti finanziari stabiliti ai sensi del comma 2 del presente articolo».

    Il comma 2 prevede quindi che «al fine di salvaguardare gli equilibri di finanza pubblica, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale e di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano da adottare entro il 30 settembre di ogni anno, sono stabiliti i limiti finanziari per l’attuazione del comma 1, nonché le modalità di attribuzione allo Stato ed alle restanti regioni dei relativi maggiori oneri, garantendo in ogni caso il rispetto dei tetti complessivi, fissati dalla legge per il concorso dello Stato e delle predette regioni alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per l’anno di riferimento».

    Secondo la Regione Toscana tali disposizioni, oltre a creare una forte disparità tra le Regioni che potranno e quelle che non potranno escludere dal patto di stabilità le spese a valere sui fondi suddetti, realizzerebbero un’operazione incostituzionale, allorché prevedono che i maggiori oneri derivanti dall’applicazione del comma 1 dell’art. 5-bis siano posti a carico anche delle Regioni escluse dall’obiettivo convergenza. La normativa in esame infatti confermerebbe in ogni caso l’obbligo di garantire gli equilibri di finanza pubblica, cosicché le più ampie possibilità di spesa riconosciute alle cinque Regioni in obiettivo convergenza andranno compensate con i maggiori oneri che sono accollati anche alle restanti Regioni.

    Secondo la ricorrente la previsione in esame si tradurrebbe in una violazione dell’art. 119, terzo e quinto comma, Cost. per le seguenti ragioni.

    L’incidenza della spesa gravante sui fondi destinati alle aree sottosviluppate sarebbe molto più elevata per le cinque Regioni comprese nell’obiettivo convergenza rispetto a quella delle altre Regioni (12.350,636 milioni di euro per le cinque Regioni, rispetto a 4.675,955 milioni di euro per tutto il centro-nord, come si evince dalla delibera n. 80 del 2011 del Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE – adottata in data 11 gennaio 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie generale, n. 80 del 7 aprile 2011, contenente la tabella delle risorse dei fondi per le aree sottosviluppate – F.A.S., anni 2007-2013, destinate alle Regioni). Ne consegue che riequilibrare lo sforamento del tetto del patto di stabilità rispetto a tale ingente cifra determinerà rilevanti oneri per le Regioni del centro-nord, in violazione dell’art. 119, terzo comma, Cost.

    Lo Stato inoltre imporrebbe, illegittimamente, una forma del tutto impropria di solidarietà tra le Regioni, al di fuori dello strumento della perequazione, così come disciplinato dall’art. 119, terzo comma, Cost., secondo cui: «la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante», strumento già compiutamente delineato dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione).

    Secondo la Regione Toscana, lo Stato, ai sensi dell’art. 119, quinto comma, Cost., avrebbe il potere-dovere di promuovere lo sviluppo economico e di rimuovere gli squilibri economici e sociali che affliggono determinati territori e proprio a questi scopi potrebbe destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali. Ma, tuttavia, gli strumenti per l’attuazione dell’articolo 119 Cost. sarebbero stati più correttamente definiti dall’art. 16 della legge n. 42 del 2009, che infatti al comma 1, lettere a) ed e), là dove detta i limiti per il legislatore delegato, stabilisce che detti contributi speciali siano utilizzati secondo obiettivi e criteri definiti d’intesa con la Conferenza unificata, ma pur sempre restando essi a carico del bilancio dello Stato. Evidenzia in proposito la Regione ricorrente che neppure il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42), emanato nell’esercizio della delega legislativa, prevederebbe meccanismi di redistribuzione degli oneri finanziari in alcun modo assimilabili a quelli oggetto della contestata disposizione.

    Sarebbe dunque del tutto evidente, prosegue il ricorso, che con l’articolo 5-bis del d.l. n. 138 del 2011 si sia costruito un meccanismo negativo, in cui la spesa per gli investimenti finalizzati allo sviluppo di alcune Regioni viene posta a carico delle altre; ma, secondo il dettato costituzionale, gli oneri necessari allo sviluppo delle Regioni meno avanzate dovrebbero essere sostenuti dallo Stato, ai sensi dell’art. 119, quinto comma, Cost. In sostanza, la solidarietà tra le Regioni potrebbe e dovrebbe trovare realizzazione mediante uno strumento ben preciso, indicato dall’art. 119, terzo comma, Cost., ossia il fondo perequativo.

    L’articolo 5-bis invece, secondo quanto assunto dalla ricorrente, contrasterebbe sia con il terzo che con il quinto comma dell’art. 119 Cost. Al riguardo, la Regione Toscana precisa inoltre che l’incostituzionalità della norma non potrebbe ritenersi superabile per il fatto che anche lo Stato concorrerà ai maggiori oneri, né tanto meno in ragione della previsione dell’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni per il riparto tra le varie Regioni di detti oneri: a quest’ultimo proposito, infatti, la ricorrente osserva che l’intesa non interverrebbe sull’an dell’attribuzione alle Regioni estranee all’“obiettivo convergenza” dei maggiori oneri, ma riguarderebbe esclusivamente le modalità di attribuzione a ciascuna Regione di detti maggiori oneri, vertendosi quindi solo in punto di quantum e fermo restando, in ogni caso, «il rispetto dei tetti complessivi, fissati dalla legge per il concorso dello Stato e delle predette regioni alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per l’anno di riferimento». In altri termini, non potrebbe ritenersi sufficiente la previsione da parte del legislatore statale dell’intesa con le Regioni in quanto, nel caso di specie, l’intesa consentirebbe alle stesse di intervenire solo sulle modalità di attribuzione alle Regioni dei maggiori oneri, mentre sono proprio questi che si assumono costituzionalmente illegittimi.

    Non sarebbe in definitiva ammissibile, secondo la Regione Toscana, che, ricorrendo ad uno strumento quale l’intesa in Conferenza Stato-Regioni (sede in cui si realizza la collaborazione e la concertazione istituzionale, non però lo stravolgimento di ogni regola e competenza), lo Stato possa eludere i propri doveri costituzionali, riversandone la responsabilità sulle Regioni e ponendole in competizione tra loro...

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