Legittimità

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Arch. giur. circ. e sin. strad. 3/2012
Legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 13 GENNAIO 2012, N. 912
(UD. 1 DICEMBRE 2011)
PRES. MANNINO – EST. RAMACCI – P.M. (DIFF.) – RIC. C.V.
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Dichia-
razione dei redditi y Falsità commessa su schede
carburante y Reato previsto dall’art. 2 del D.L.vo
n. 74 del 2000.
. L’utilizzazione in sede di dichiarazione annuale dei
redditi dei dati risultanti da schede carburante recanti
importi diversi dal vero o attestanti operazioni non
avvenute integra gli estremi del reato previsto dall’art.
2 del D.L.vo n. 74 del 2000. (Mass. Redaz.) (d.l.vo 10
marzo 2000, n. 74, art. 2) (1)
(1) In termini Cass. pen., sez. III, 23 marzo 2007, Argento, pubblicata
per esteso in questa Rivista 2008, 44.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Reggio Calabria confermava, in
data 27 aprile 2010, la sentenza con la quale il G.u.p. del
Tribunale di Palmi, a seguito di giudizio abbreviato, aveva
affermato la penale responsabilità di C. V. in ordine al
reato di cui agli articoli 81 cpv c.p. e 2 D.L.vo n. 74/2000,
concretatosi nell’utilizzazione, al f‌ine di evadere le impo-
ste sui redditi ed il valore aggiunto, di fatture e documenti
per operazioni inesistenti o comunque aumentate nell’im-
porto e la conseguente indicazione, nella dichiarazione
dei redditi per l’anno 2003 e nelle dichiarazioni annuali
relative all’imposta sul valore aggiunto, di elementi passivi
f‌ittizi per un imponibile di euro 14.599,97 ed una iva pari
ad euro 2.920.03.
Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso
per cassazione.
Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione
di legge ed il vizio di motivazione, rilevando di aver sol-
levato, tanto nel corso del giudizio abbreviato, quanto in
appello, la questione relativa alla competenza territoriale
e la conseguente errata indicazione, nell’imputazione, del
luogo di commissione del reato.
Con un secondo motivo di ricorso deduceva la viola-
zione dell’articolo 2 D.L.vo n. 74/2000, rilevando che la
Corte territoriale non avrebbe fornito adeguata risposta
alle deduzioni difensive in ordine alla circostanza che le
operazioni relative alla documentazione f‌iscale per cui è
processo fossero comunque esistenti, mentre la afferma-
zione della loro inesistenza era frutto di mere presunzioni
da parte del personale della Guardia di Finanza che aveva
proceduto alla verif‌ica.
Aggiungeva che il fatto contestato avrebbe dovuto esse-
re inquadrato nella fattispecie della dichiarazione fraudo-
lenta mediante altri artif‌ici di cui all’articolo 3 del D.L.vo
n. 74/2000, con conseguente assoluzione dell’imputato
in quanto i limiti di importo ivi indicati non risultavano
superati.
Con un terzo motivo di ricorso rilevava la violazione
dell’articolo 133 c.p. per non avere la Corte d’Appello tenu-
to conto dei criteri direttivi f‌issati da detta disposizione.
Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di
ricorso, che l’imputato ha richiesto di essere giudicato, in
primo grado, con il rito abbreviato.
Tale opzione, secondo la giurisprudenza di questa Cor-
te, preclude la possibilità di proporre eccezione di incom-
petenza per territorio.
Si tratta di orientamento più recente (Sez. V, 23 feb-
braio 2011, n. 7025; Sez. V, 27 gennaio 2011, n. 3035; Sez. V,
21 gennaio 2011, n. 1937; Sez. I, 16 marzo 2010, n. 10399;
Sez. I, 1 ottobre 2009, n. 38388; Sez. I, 3 giugno 2009, n.
22750) che il Collegio condivide, preferendolo ad altro, di
segno più risalente nel tempo.
Come si è recentemente avuto modo di osservare,
infatti, tale indirizzo interpretativo trova giustif‌icazione,
da un lato, nell’accettazione, da parte dell’imputato, di
un giudizio allo stato degli atti, che comprende anche
l’individuazione del giudice competente in quello dinanzi
al quale pende il procedimento nel momento in cui il rito
speciale viene adottato e, dall’altro, nell’adesione, con la
richiesta di giudizio abbreviato, ad un rito nel quale difet-
ta la fase processuale dedicata alla trattazione ed alla ri-
soluzione di questioni preliminari quali quelle relative alla
competenza, non essendo applicabile, in tal caso, la pre-
visione dell’art. 491 c.p.p. e ponendo l’art. 21 c.p.p., quale
limite per la proponibilità dell’eccezione di incompetenza
territoriale, un’udienza preliminare ormai superata dalla
richiesta di rito alternativo (così Sez. V, 23 febbraio 2011,
n. 7025, cit.).
Per quanto riguarda, invece, il secondo motivo di ricor-
so, deve rilevarsi che nessuna censura può essere mossa al
provvedimento impugnato.
Invero la Corte territoriale, mediante un legittimo ri-
chiamo per relationem alla decisione di primo grado, i cui
contenuti ha fatto propri, ha chiaramente indicato gli in-
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contestabili dati fattuali sui quali il giudice di prime cure
è pervenuto all’affermazione di penale responsabilità nel
confronti del ricorrente,
Si tratta, contrariamente a quanto indicato in ricorso,
di dati obiettivi acquisiti attraverso “controlli incrociati”
della documentazione f‌iscale e non di mere presunzioni
del personale di polizia giudiziaria operante.
Evidenziano infatti i giudici del gravame che detti ac-
certamenti avevano permesso di accertare che gran parte
della documentazione utilizzata per giustif‌icare l’esisten-
za di costi portati in deduzione e relativi ad acquisto di
carburanti era risultata falsa. In particolare, specif‌icava
la Corte territoriale, nelle “schede carburante” non risul-
tavano riportati i chilometri percorsi con la vettura che il
ricorrente aveva venduto, ostacolando ogni possibile veri-
f‌ica; l’esame documentate attestava la percorrenza di 1,73
chilometri per litro di gasolio, mentre il consumo medio
dichiarato dalla casa costruttrice della vettura era di 15,60
chilometri per litro; i tre soci dell’impianto di distribuzione
carburante ed unici gestori dello stesso avevano discono-
sciuto le sigle e f‌irme apposte sulle schede e la calligraf‌ia
con la quale erano stati indicati gli altri dati obbligatori; la
documentazione riportava rifornimenti effettuati in date
nelle quali l’impianto di distribuzione, privo di erogatori
“self service”, era invece chiuso.
Si tratta, come emerge chiaramente, di dati incon-
trovertibili che i giudici del gravame hanno correttamente
valutato anche con riferimento alla qualif‌icazione giuri-
dica del fatto, certamente inquadrabile nell’ipotesi di cui
all’articolo 2 del D.L.vo n. 74/2000, stante l’oggettiva ed
accertata inesistenza delle operazioni documentate e non
anche nella residuale ipotesi di cui all’articolo 3, applica-
bile fuori dei casi previsti dal menzionato articolo 2.
Ne consegue che la Corte territoriale non è incorsa in
alcuna violazione di legge.
A conclusioni analoghe deve pervenirsi, inf‌ine, per
quanto attiene al terzo motivo di ricorso.
La doglianza è infatti espressa in modo del tutto gene-
rico, essendosi il ricorrente limitato a sostenere l’inosser-
vanza, da parte dei giudici del gravame, dei criteri dettati
dall’articolo 133 c.p. e la mancata considerazione del suo
stato di incensuratezza, senza ulteriore specif‌icazione.
Contrariamente a quanto rilevato, tuttavia, la Corte
d’Appello ha valutato adeguatamente la congruità della
pena inf‌litta, che il primo giudice aveva irrogato tenendo
conto della mancanza di precedenti penali, di ulteriori
iscrizioni e della obiettiva rilevanza del fatto.
Tali argomentazioni risultano del tutto suff‌icienti a
giustif‌icare il corretto esercizio del potere discrezionale di
determinazione della pena e dei criteri di valutazione f‌is-
sati dall’articolo 133 c.p., non essendo richiesto al giudice
di procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo
elemento esaminato, ben potendo assolvere adeguata-
mente all’obbligo di motivazione limitandosi anche ad
indicarne solo alcuni o quello ritenuto prevalente (v. Sez.
II, 26 marzo 2008, n. 12749).
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato
inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non
potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ri-
corrente (Corte Cost., 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue
l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del ver-
samento, in favore della Cassa delle ammende, della somma,
equitativamente f‌issata, di euro 1.000.00. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. VI, ORD. 11 GENNAIO 2012, N. 168
PRES. PETITTI – EST. FALASCHI – P.M. (CONF.) – RIC. COMUNE DI VENEZIA C. G.P.
Sosta, fermata o parcheggio y Sosta y Titolari di
contrassegno invalidi y Sosta sulle isole di traff‌ico
y Divieto.
. Ai titolari del cd. contrassegno invalidi è consentito
sostare nelle apposite strutture loro riservate e debita-
mente segnalate, al di fuori delle quali anche essi sono
tenuti a rispettare i divieti prescritti per la generalità
dei conducenti salvo che non sia per loro espressamen-
te consentito, giusta apposito segnale. (Nella fattispe-
cie un veicolo addetto al trasporto di soggetto disabile
aveva sostato su “isola di traff‌ico” realizzata mediante
segnaletica orizzontale, zona interdetta in via assoluta
alla sosta e alla fermata). (Mass. Redaz.) (nuovo c.s.,
art. 146; d.p.r. 24 luglio 1996, n. 503, art. 11; d.p.r. 24
luglio 1996, n. 503, art. 12) (1)
(1) Ugualmente vietato, secondo Cass. civ. 14 agosto 2007, n. 17689,
in questa Rivista 2007, 1286, è il parcheggio alle auto munite di
apposito contrassegno invalidi nelle aree riservate alla sosta auto
dei Carabinieri, Polizia, Vigili del Fuoco e Guardia di Finanza, trat-
tandosi di peculiari categorie deputate alla tutela dell’ordine e della
sicurezza pubblica.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Venezia ha proposto ricorso per cas-
sazione avverso la sentenza di appello del Tribunale di
Venezia del 15 aprile 2010 che nell’ambito del giudizio di
opposizione ex art. 22 legge n. 689/1981 promosso da G.P.
nei confronti dello stesso Comune avverso due verbali di
accertamento relativi alla violazione dell’art. 146, comma
2, c.s., in accoglimento dell’appello e in riforma della sen-
tenza impugnata, ha annullato i processi verbali di conte-
stazione di infrazione (omissis) dell’8 giugno 2007 ed il
verbale (omissis) del 16 luglio 2007 della Polizia munici-
pale di Venezia.
Il ricorso è aff‌idato a tre motivi di impugnazione.
Si è costituita con controricorso la G. P..
Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377
c.p.c. ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c.,
formulando una proposta di accoglimento del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art.
380 bis, comma 2, c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le con-
clusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di
seguito si riporta.
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LEGITTIMITÀ
“Con il primo motivo, relativo ai parametri normativi
sopraindicati, il Comune denuncia la erronea applicazione
della disciplina sulla sosta dei veicoli, per avere gli agenti
di Polizia municipale accertato, nelle due occasioni, la
sosta del veicolo della G. P. su isola di traff‌ico realizzata
mediante segnaletica orizzontale, zona interdetta in via
assoluta alla sosta e alla fermata”.
Il riportato motivo sembra fondato avendo, invero,
questa Corte stabilito che l’art. 11, comma l, del d.p.r. n.
503/1996, il quale recita “Alle persone detentrici del con-
trassegno di cui all’art. 12, viene consentita, dalle autorità
competenti la circolazione e la sosta del veicolo al loro
specif‌ico servizio, purché ciò non costituisca grave in-
tralcio al traff‌ico, nel caso di sospensione o limitazione
della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pub-
blico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero
quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere
permanente o temporaneo oppure quando sia stata vietata
o limitata la sosta”, va interpretato nel senso che la norma
si riferisce - come evidenziato dalla locuzione “sia stata
vietata o limitata la sosta” - esclusivamente a divieti di
sosta stabiliti con apposito provvedimento dell’autorità
competente, ai sensi degli artt. 6, comma 4, lett. d) e 7,
comma 1, lett. a), c.s., e dunque non ai divieti direttamen-
te previsti dalla legge, come quello contestato nella specie
(v. Cass. 26 marzo 2010 n. 7293; Cass. 5 ottobre 2009 n.
21271; Cass. 22 gennaio 2008 n. 1272; Cass. 6 settembre
2006 n. 19149). Entro tali limiti, e soltanto nelle zone loro
riservate come appositamente segnalato, pertanto, gli in-
validi sono autorizzati al parcheggio sulle strade mentre è,
anche per loro, fatto divieto di sostare con le auto dapper-
tutto e meno che mai in zone totalmente vietate, per cui la
G. P. avendo parcheggiato il veicolo nella zona riservata al
def‌lusso del traff‌ico ha chiaramente violato la norma con-
testata incorrendo nella sanzione comminatale. Del resto
la normativa de qua va letta in relazione alla ratio che la
ispira e che subordina l’interesse di soggetti gravemente
lesi nelle loro capacità f‌isiche solo a situazioni in cui per
ragioni obiettive, debba prevalere l’interesse generale.
Ora, è assolutamente certo che una zona def‌inita “isola di
traff‌ico” costituisce porzione di strada opportunamente
delimitata riservata alla canalizzazione delle correnti di
traff‌ico, per cui non può essere in alcun modo occupata
neanche da veicoli addetti al trasporto di soggetti disa-
bili, proprio in ragione del fatto che ove diversamente si
opinasse, alto sarebbe il rischio di serio intralcio all’opera
svolta da dette aree, con evidenti ricadute negative sulla
viabilità (v. Cass. 14 agosto 2007 n. 17689).
Da aggiungere che negli stessi permessi per disabili,
come quello detenuto dalla intimata, nella parte posterio-
re, è previsto uno specif‌ico avviso dal testo “Il titolare del
presente contrassegno è autorizzato a sostare nelle zone
vietate e in quelle regolamentate senza limiti di tempo e
a circolare e sostare nelle zone a traff‌ico limitato, senza
arrecare intralcio alla circolazione e con il rispetto di tutte
le disposizioni in particolare di cui agli artt. 158 e 188 c.s.”.
Ne deriva che la G. P. non poteva sostare con il veicolo su
area riservata alla canalizzazione del traff‌ico solo per il
fatto di non riuscire a trovare altro parcheggio.
Affermato, quindi, il principio che agli invalidi è con-
sentito sostare nelle apposite strutture loro riservate e
debitamente segnalate mentre anche essi sono tenuti a
rispettare i divieti prescritti per la generalità dei condu-
centi salvo che non sia per loro espressamente consentito,
giusta apposito segnale, il ricorso del Comune di Venezia
non può che essere accolto.
Le suesposte argomentazioni danno ragione della
superf‌luità dell’esame del secondo e del terzo motivo del
ricorso, con i quali, sotto il prof‌ilo del vizio di motivazione,
viene comunque censurata l’applicazione fatta dal giudice
del gravame della disposizione di cui all’art. 159 c.s., che
restano assorbiti”.
Nè le argomentazioni svolte dalla controricorrente
nella memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c. appaiono
idonee ad evidenziare prof‌ili non esaminati nella relazio-
ne e ad indurre, quindi, a conclusioni differenti da quelle
proposte nella relazione stessa.
Infatti l’art. 158 c.s. prevede i luoghi in cui la sosta e la
fermata non sono consentiti, anche ai disabili, e l’art. 11
del d.p.r. n. 503/96 (Regolamento Attuativo) non deroga
ai divieti imposti dalla legge. Tale rigore interpretativo,
costantemente espresso da questa Corte, che il Collegio
ritiene di confermare, trova il suo fondamento, oltre che
sulla base della esegesi della norma de qua, anche nella
operatività di una presunzione di intralcio e pericolo per
la circolazione, cristallizzata dal legislatore nelle previste
specif‌iche violazioni dell’art. 158 c.s..
Il ricorso, quindi, deve essere accolto, con conseguente
cassazione della sentenza impugnata.
Non apparendo, però, necessari ulteriori accertamenti
di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.c., può essere de-
cisa nel merito, con il rigetto dell’appello proposto dalla G.
P. avverso la sentenza del Giudice di pace di Mestre, che
per l’effetto viene confermata.
In applicazione del principio della soccombenza, la G.
P. deve essere condannata al pagamento, in favore del Co-
mune, delle spese del giudizio di appello e di quelle di legit-
timità, liquidate come in dispositivo. Nulla viene disposto
in relazione alle spese del giudizio di primo grado essendo
rimasta confermata la relativa decisione. (Omissis)

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