Sentenza nº 64 da Constitutional Court (Italy), 21 Marzo 2012

RelatoreFranco Gallo
Data di Resoluzione21 Marzo 2012
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 64

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

- Mario Rosario MORELLI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi da 1 a 4, e 14, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 23 maggio 2011, depositato in cancelleria il 30 maggio 2011 ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2011.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2012 il Giudice relatore Franco Gallo;

uditi gli avvocati Marina Valli e Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 23 maggio 2011 e depositato il successivo 30 maggio, la Regione siciliana ha promosso questioni principali di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 14, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), nonché «delle ulteriori disposizioni del medesimo decreto ad essi correlati che possono pregiudicare l’autonomia finanziaria della Regione». La ricorrente denuncia che dette disposizioni violano: a) tutte, gli artt. 36 e 37 dello statuto della Regione siciliana (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e le «relative» norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria); b) il solo art. 2, anche l’art. 14, lettera o), dello statuto della Regione siciliana; c) il solo art. 14, comma 2, e le «ulteriori disposizioni del medesimo decreto ad essi correlati che possono pregiudicare l’autonomia finanziaria della Regione», anche gli artt. 81 e 119, quarto comma, della Costituzione e «l’autonomia finanziaria dei Comuni».

    1.2.– Quanto all’art. 2 del d.lgs. n. 23 del 2011, la ricorrente richiama, in particolare, i commi 1, 2, 3 e 4, ritenendo che l’attribuzione ai Comuni del gettito o delle quote del gettito dei tributi in essi elencati «sottrae alla Regione cespiti di spettanza regionale». Tali commi stabiliscono che: «In attuazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, ed in anticipazione rispetto a quanto previsto in base al disposto del seguente articolo 7, a decorrere dall’anno 2011 sono attribuiti ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio e con le modalità di cui al presente articolo, il gettito o quote del gettito derivante dai seguenti tributi: a) imposta di registro ed imposta di bollo sugli atti indicati all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131; b) imposte ipotecaria e catastale, salvo quanto stabilito dal comma 5; c) imposta sul reddito delle persone fisiche, in relazione ai redditi fondiari, escluso il reddito agrario; d) imposta di registro ed imposta di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili; e) tributi speciali catastali; f) tasse ipotecarie; g) cedolare secca sugli affitti di cui all’articolo 3, con riferimento alla quota di gettito determinata ai sensi del comma 8 del presente articolo [comma 1]. Con riferimento ai tributi di cui alle lettere a), b), e) ed f), del comma 1, l’attribuzione del gettito ivi prevista ha per oggetto una quota pari al 30 per cento dello stesso [comma 2]. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare di cui ai commi 1 e 2, è istituito un Fondo sperimentale di riequilibrio. La durata del Fondo è stabilita in tre anni e, comunque, fino alla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall’articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009. Il Fondo è alimentato con il gettito di cui ai commi 1 e 2, nonché, per gli anni 2012, 2013 e 2014, dalla compartecipazione di cui al comma 4 secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 7 [comma 3]. Ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto; con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è fissata la percentuale della predetta compartecipazione e sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma, con particolare riferimento all’attribuzione ai singoli comuni del relativo gettito, assumendo a riferimento il territorio su cui si è determinato il consumo che ha dato luogo al prelievo. La percentuale della compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto prevista dal presente comma è fissata, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, in misura finanziariamente equivalente alla compartecipazione del 2 per cento al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. In sede di prima applicazione, e in attesa della determinazione del gettito dell’imposta sul valore aggiunto ripartito per ogni comune, l’assegnazione del gettito ai comuni avviene sulla base del gettito dell’imposta sul valore aggiunto per provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune [comma 4]».

    Il parimenti denunciato comma 2 dell’art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011, nel disciplinare l’àmbito di applicazione del decreto legislativo, dispone che: «Al fine di assicurare la neutralità finanziaria del presente decreto, nei confronti delle regioni a statuto speciale il presente decreto si applica nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformità con le procedure previste dall’articolo 27 della citata legge n. 42 del 2009, e in particolare: a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle regioni a statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ovvero al gettito degli altri tributi erariali, questa si intende riferita anche al gettito della cedolare secca di cui all’articolo 3; b) sono stabilite la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 2 nei confronti dei comuni ubicati nelle regioni a statuto speciale, nonché le percentuali delle compartecipazioni di cui alla lettera a); con riferimento all’imposta municipale propria di cui all’articolo 8 si tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti».

    1.3. – La difesa regionale premette che il d.lgs. n. 23 del 2011 è stato adottato in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) ed evidenzia che nel preambolo del decreto sono menzionati, in particolare, gli artt. 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 di detta legge di delegazione. A proposito di quest’ultima, la ricorrente rammenta che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 201 del 2010, resa su un ricorso della stessa Regione siciliana, aveva chiarito che l’«art. 1, comma 2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente che gli unici princípi della delega sul federalismo fiscale applicabili alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome sono quelli contenuti negli artt. 15, 22 e 27» ed aveva conseguentemente ritenuto non applicabili alla Regione siciliana i princípi e criteri di delega contenuti nelle disposizioni della legge n. 42 che essa aveva impugnato, fra le quali vi erano gli artt. 11 e 12 (rectius: artt. 11, comma 1, lettere b ed f, e 12, comma 1, lettere b e c). «Sennonché» − prosegue la ricorrente – il d.lgs. n. 23 del 2011 ha dedicato agli enti ad autonomia speciale i commi 2 e 3 dell’art. 14. In particolare, l’impugnato comma 2 dell’art. 14, pur affermando di perseguire il «fine di assicurare la neutralità finanziaria» del d.lgs. n. 23 del 2011, stabilisce, tuttavia, che tale decreto «si applica» nei confronti delle Regioni a statuto speciale. Né la previsione, contenuta nellalinea dello stesso comma 2, secondo la quale lapplicazione del decreto nei confronti degli enti ad autonomia speciale deve avvenire «nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformità con le procedure previste dallarticolo 27 della […] legge n. 42 del 2009», può essere interpretata nel senso che «il legislatore delegato abbia inteso solo ribadire la clausola della legge delega». Tale interpretazione è infatti...

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