Legittimità

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CORTE DI CASSAZIONE PENALE SEZ. IV, 11 LUGLIO 2011, N. 27035 (UD. 5 APRILE 2011)

PRES. MARZANO – EST. FOTI – P.M. (CONF.) – RIC. S.R.

Lesioni personali y Colpose y Lesioni causate ad un pedone caduto in un tombino privo di copertura y Responsabilità del dirigente comunale del servizio manutenzione strade y Sussistenza y Ragioni.

Il responsabile dell’ufficio manutenzione del comune riveste una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità pubblica, che lo induce ad attivarsi, a prescindere dalle segnalazioni di terzi, per organizzare uno specifico servizio di controllo del territorio al fine di verificare e prevenire eventuali situazioni di pericolo. (Nel caso di specie il responsabile dell’ufficio manutenzione comunale è stato ritenuto colpevole del delitto di lesioni colpose nei confronti di un cittadino che era caduto in un tombino privo di copertura). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 590) (1)

(1) I giudici di legittimità ribadiscono quanto precedentemente affermato con sentenza della stessa quarta sezione penale del 26 ottobre 2007, Castellani, in questa Rivista 2008, 699, laddove avevano ritenuto responsabile il dirigente comunale del servizio manutenzione strade del reato di lesioni colpose in merito alle lesioni riportate da un pedone in seguito alla caduta causata da una fenditura aperta nel manto stradale e non segnalata. In quell’occasione la Cassazione aveva precisato che soltanto l’accertata impossibilità di procedere al controllo dell’esistenza di significative anomalie nelle sedi stradali percorse da pedoni libera il dirigente comunale da ogni responsabilità.

Motivi della decisione

1- S.R. ricorre, per il tramite del difensore, avverso la sentenza del Giudice di Pace di Cosenza, del 30 giugno 2010, che lo ha ritenuto colpevole, quale responsabile dell’ufficio di manutenzione del comune di Cosenza, del delitto di lesioni colpose in pregiudizio di A.A., caduto dentro un tombino privo di copertura. Deduce il ricorrente violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di responsabilità, affermata dal giu- dice senza considerare che nessuno aveva mai segnalato l’assenza della copertura del tombino, di guisa che nessuna condotta omissiva avrebbe dovuto addebitarglisi. Censura, altresì, il ricorrente la valutazione della prova da parte del giudicante attesa la genericità e contraddittorietà, e quindi inattendibilità, delle dichiarazioni rese dalla persona offesa.

2 - Il ricorso è infondato.

In realtà, la decisione impugnata non merita alcuna censura, essendo la stessa del tutto in sintonia con gli elementi probatori acquisiti dai quali è stato giustamente tratto argomento per affermare la responsabilità dell’imputato.

Giustamente il giudice del merito non ha avuto dubbi in ordine al reale verificarsi ed alle cause dell’incidente, rilevando che di esso ha riferito, oltre che la persona offesa, anche il fratello, A.V., presente al momento dell’improvvisa caduta del congiunto dentro il tombino privo di coperchio. Sulla stessa caduta, ha ancora ricordato il giudicante, ha avuto modo di riferire anche il teste C.L. che, pur avendo sostenuto di non ricordare i fatti, ha tuttavia precisato che “forse” un signore si era fatto male perché era caduto dentro un tombino che, ha aggiunto, come gli altri della zona, erano privi di copertura. Circostanza, quest’ultima, confermata dal teste, v. brigadiere M.R.B., intervenuto dopo l’incidente, che ha ribadito non solo la presenza, sul posto, di tombini senza coperchio, ma ha precisato che gli stessi non erano in alcun modo delimitati e segnalati e che la strada era priva di illuminazione. Legittimamente, dunque, alla luce di tali emergenze probatorie, il giudice di pace non ha avuto dubbi circa l’attendibilità del racconto della persona offesa, peraltro soccorsa sul posto e trasportata in ospedale da un’autoambulanza del “118”.

Quanto ai profili di colpa rilevati nella condotta dello S., esattamente il primo giudice ha rilevato come, attesa la qualifica, dallo stesso ricoperta, di responsabile dell’ufficio manutenzione del comune, proprio all’imputato incombesse il dovere di intervenire per eliminare l’insidia creatasi sulla strada, peraltro anche priva di illuminazione, a causa dell’assenza delle richiamate coperture. Né può il ricorrente pensare di eludere le responsabilità connesse con tale qualifica, adducendo di non avere avuto notizia di tale assenza.

In realtà, le funzioni affidategli e la posizione di garanzia che da esse per lui derivava, avrebbero dovuto indurlo, non ad attendere passivamente la segnalazione di terzi, ma ad attivarsi in maniera autonoma per prevenire ogni possibile incidente. In realtà, ha in proposito giustamente osservato il primo giudice che, alla stregua delle disposizioni vigenti in materia di svolgimento dell’attività amministrativa e di organizzazione degli uffici della pubblica amministrazione, lo S. era portatore di poteri, oltre che di organizzazione e di intervento, anche di controllo. Circostanza che delinea un preciso profilo di colpa a carico dell’imputato poiché ne denuncia una gestione meramente passiva ed attendista dell’ufficio ricoperto, laddove una corretta e dinamica interpretazione delle funzioni

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avrebbe dovuto indurlo ad attivarsi, a prescindere dalle segnalazioni di terzi, per organizzare uno specifico servizio di controllo del territorio al fine di verificare e prevenire eventuali situazioni di pericolo.

Controllo che, peraltro, nel caso specifico non avrebbe dovuto riguardare l’assenza solo delle coperture dei tom- bini, ma anche di segnali che avvertissero del pericolo rappresentato dalle buche scoperte, ed anche la mancanza di illuminazione, che rendeva la zona ancor più a rischio per i cittadini.

In definitiva, il ricorso deve esser rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE PENALE SEZ. V, 21 GIUGNO 2011, N. 24849 (UD. 10 FEBBRAIO 2011)

PRES. CALABRESE – EST. OLDI – P.M. D’ANGELO (CONF.) – RIC. P.G. IN PROC. M.M. ED ALTRA

Abbandono di persone minori o incapaci y Nozione y Integrazione del reato y Sufficienza di pericolo anche solo potenziale per l’incolumità del minore y Nozione di pericolo y Limiti y Individuazione y Fattispecie.

In tema di abbandono di persone minori o incapaci, configura il reato di cui all’art. 591 c.p. la condotta di messa in pericolo dell’incolumità fisica del minore o dell’incapace, laddove il pericolo può anche essere virtuale purchè non si identifichi nel mero senso di turbamento e di disagio avvertito dal minore per un evento che, per quanto fonte di dolore fisico e di inquietudine, non sia tuttavia suscettibile di aggravarsi oltre i limiti circoscritti degli effetti di un’escoriazione. (Nel caso di specie, le maestre di una scuola materna omettevano di trasportare al pronto soccorso una bimba che si infortunava riportando una ferita escoriativa interna alle parti intime, limitandosi a tamponare la perdita di sangue con pezzetti di carta igienica e lasciandola poi in balia di se stessa). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 591) (1)

(1) Si vedano Cass. pen., sez. V, 30 giugno 2003, P.M. in proc. D.C.A, in questa Rivista 2004, 35 e Cass. pen., sez. V, 1 febbraio 1993, Dramis, ivi 1993, 1131, secondo cui sussiste il reato di cui all’art. 591 c.p. allorché dalla azione o omissione contrastante con l’obbligo della custodia o della cura derivi un pericolo anche solo potenziale per l’incolumità della persona tutelata dalla norma, non essendo necessario quello effettivo.

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 21 gennaio 2010 la Corte d’Appello di Caltanissetta, così riformando la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Nicosia, ha assolto M. M. e S. C. dall’imputazione di abbandono di minore in danno di D. A. con la formula “perché il fatto non sussiste”. Secondo il Tribunale le due imputate, maestre nella scuola materna (omissis), avevano lasciato la bambina di cinque anni D. A. in balia di se stessa, dopo che si era infortunata cadendo contro la spalliera scheggiata di una seggiolina; infatti, sebbene la minore avesse riportato una ferita nelle parti intime con perdita copiosa di sangue, avevano omesso di avvertire i genitori e di condurre immediatamente la piccola presso un pronto soccorso o praticarle i necessari interventi infermieristici, essendosi invece limitate a tamponare la perdita di sangue con pezzetti di carta igienica; dopo di che l’avevano abbandonata a se stessa, lasciandola seduta da sola in disparte, dolorante e in stato di shock.

Venendo in contrario avviso, la Corte d’Appello ha ritenuto che non fosse provata la situazione di pericolo per l’integrità fisica della bambina; infatti la diagnosi di “ferita escoriativa interna” non si conciliava in alcun modo con la copiosità delle perdite di sangue accreditata dal primo giudice, né con il grave stato di malessere generale riferito dalla madre della minore. Ciò rendeva ben più attendibile, ad avviso di quel collegio, la versione fornita dalle maestre secondo la quale il sangue versato dalla bambina dopo l’incidente aveva formato soltanto una piccola macchiolina, non esistente all’atto delle prime cure, ma notata soltanto dalla madre quand’era giunta a scuola. Sicché, non ritenendo attendibili le dichiarazioni della teste M. R. O., che aveva descritto le due maestre come autrici di un comportamento di improvvisa e immotivata insensibilità, il giudice di secondo grado ha escluso la sussistenza del fatto-reato.

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, deducendo un solo motivo articolato in più censure.

Con esso sottopone a serrata critica i vari passaggi argo- mentativi della sentenza impugnata, osservando fra l’altro: che nel tipo descrittivo del reato di abbandono di minore il pericolo per la vita o l’integrità fisica della persona può anche essere meramente virtuale; che la motivazione addotta dalla Corte d’Appello è viziata da svariate...

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