Legittimità

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CORTE DI CASSAZIONE CIVILE SEZ. III, 10 MARZO 2011, N. 5690

PRES. TRIFONE – EST. FILADORO – P.M. GOLIA (DIFF.) – RIC. X. (AVV. ROSSETTI) C. CONDOMINIO Y. IN GENZANO (AVV. FERRAZZA)

Regolamento di condominio y Tabella millesimale y Erroneità y Revisione giudiziale y Valore costitutivo della sentenza y Conseguente irretroattività della stessa y Risparmio di spesa conseguito da un condomino a causa del vizio dello strumento di ripartizione y Esperibilità contro lo stesso dell’azione di indebito arricchimento y Ammissibilità.

Nel caso di tabelle millesimali errate, il condominio - una volta ottenutane la revisione giudiziale con sentenza avente valore costitutivo e, quindi, priva di efficacia retroattiva - può, sulla base dei nuovi parametri, solo agire con l’azione di indebito arricchimento per ottenere (dalla data del passaggio in giudicato della sentenza) il rimborso delle spese che uno dei comproprietari non ha sostenuto a causa del vizio dello strumento di ripartizione. (att. c.c., art. 69; c.c., art. 2041) (1)

(1) Sulla natura costitutiva (e non dichiarativa) della sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano e sulla decorrenza della sua efficacia dal passaggio in giudicato, cfr. Cass. 8 settembre 1994, n. 7696, in questa Rivista 1995, 190.

Svolgimento del processo

Con sentenza 16-27 settembre 2005, la Corte di appello di Roma rigettava l’appello principale proposto dalla società immobiliare R. servizi s.r.l. avverso la decisione del Tribunale di Velletri n. 46 del 2004 (che aveva condannato la società a rimborsare al Condominio, di via (...), la somma liquidata al condomino M.L., a titolo di risarcimento del danno subìto dal proprio appartamento, in seguito a copiose infiltrazioni di acqua provenienti dal muro esterno dell’edificio).

Ad avviso del Tribunale, la società - costituendosi in giudizio - aveva eccepito in primo grado la prescrizione della azione proposta dal Condominio, con riferimento al termine di cui all’art. 1667 c.c. (due anni dal giorno della consegna dell’opera).

Il Tribunale aveva qualificato l’azione proposta dal Condominio quale azione di responsabilità del committente nei confronti dell’appaltatore rigettando la eccezione di prescrizione biennale, di cui all’art. 1667 c.c., prevista in caso di difformità e vizi dell’opera.

Rilevavano i giudici di appello che la società immobiliare R. servizi non aveva contestato la qualificazione dell’azione data dal Tribunale, sostenendo tuttavia che - fermo restando il divieto di porre a base della decisione fatti diversi da quelli dedotti dalle parti - il primo giudice avrebbe dovuto individuare di ufficio il tipo di prescrizione concretamente applicabile (quello, più breve di un anno dalla denuncia, di cui all’art. 1669 c.c. relativo alla rovina e difetti gravi dell’immobile).

I giudici di appello rilevavano che la comparsa di costituzione della società immobiliare R. servizi in primo grado non conteneva, in fatto, specifiche indicazioni dalle quali potesse desumersi chiaramente la intenzione della società di volersi avvalere del più breve termine di prescrizione, ed in particolare di quello previsto dall’art. 1669 c.c.

Una diversa valutazione operata, di ufficio, dal giudice avrebbe comportato, conseguentemente, una violazione del principio del contraddittorio.

Inoltre la eccezione di prescrizione, sollevata questa volta - ai sensi dell’art. 1669 c.c. in appello, doveva considerarsi preclusa dal divieto di nuove eccezioni di cui all’art. 345 c.p.c. riguardando circostanze non indicate nel giudizio di primo grado.

Per queste ragioni la Corte territoriale rigettava l’appello principale della immobiliare R. servizi.

Quanto all’appello incidentale proposto dal Condominio nei confronti del L., il primo giudice aveva rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto (relativa al pagamento di somme dovute e non versate, in relazione ai lavori di ristrutturazione dell’immobile) sul rilievo che le tabelle millesimali non contemplavano la quota del L. e che le nuove tabelle non potevano trovare applicazione con riguardo a spese che risultavano già deliberate e affrontate dal Condominio in base alle vecchie tabelle.

Le argomentazioni del primo giudice non tenevano conto del fatto che sussistevano tutti i presupposti per l’esercizio dell’azione di indebito arricchimento, in mancanza di un titolo specifico sul quale potesse fondarsi la azione contrattuale.

In effetti, il L. aveva ingiustamente conseguito, in danno del Condominio, un risparmio di spesa, integralmente sostenuta, causa il suddetto errore nella composizione delle tabelle millesimali, dagli altri condòmini.

Pertanto, in considerazione della validità della delibera di ripartizione delle spese effettuata in conformità delle vecchie tabelle, il Condominio non aveva altro rimedio per conseguire l’indennizzo del pregiudizio subito che quello di esperire l’azione di indebito arricchimento.

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Nessuna contestazione era stata sollevata dal L. in ordine al risparmio di spesa, indicata dal Condominio in € 12.541,12, somma sulla quale dovevano decorrere interessi e rivalutazione dalla data dell’esborso, trattandosi di debito di valore da liquidarsi alla stregua dei valori monetari in atto al momento della pronuncia.

Per queste ragioni, la Corte territoriale accoglieva integralmente l’appello incidentale proposto dal Condominio.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il L. con due distinti motivi.

Resiste con controricorso il Condominio.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c.

Il giudice di secondo grado aveva ritenuto di accogliere l’appello incidentale del Condominio, ritenendo che tale tipo di azione trovasse fondamento, oltre che nella mancanza di una causa giustificatrice dell’arricchimento da parte del L. in danno del Condominio, nella mancanza di un titolo specifico sul quale potesse essere fondata la azione contrattuale.

Nel caso di specie difettavano tutti i requisiti previsti per l’azione di indebito arricchimento.

Mancavano, nel caso di specie sia la residualità della azione che la unicità del fatto (che si realizza quando vi sia uno stretto nesso di causalità tra fatto ed arricchimento, da un lato, e depauperamento, dall’altro).

Mancava, inoltre, il requisito della generalità, essendosi in presenza di una espressa pattuizione contrattuale e di un conseguente titolo giuridico tale da giustificare la modificazione patrimoniale (la proprietà del L. non era ricompresa nell’elenco delle unità immobiliari, redatto ai fini del risarcimento dei danni di guerra, quando la costruzione dell’appartamento del ricorrente non era stato realizzato).

In presenza delle valide tabelle millesimali, doveva escludersi che il L. avesse conseguito un indebito arricchimento.

Ai fini della ammissibilità dell’azione di indebito arricchimento, occorre la presenza di alcuni requisiti, tutti assenti nel caso di specie.

Occorre uno stretto nesso di causalità ed immediatezza tra fatto ed arricchimento e depauperamento.

Le opere di ristrutturazione dell’intero immobile erano state effettuate senza alcuna contestazione ed erano state regolarmente pagate da tutti i condòmini in base alla ripartizione delle spese effettuate e deliberate.

La divergenza tra i valori reali dei piani o delle porzioni di piano di un edificio condominiale rapportati al medesimo e le tabelle millesimali non determina nullità delle tabelle o delle delibere fondate sulle medesime, potendone giustificare la sola revisione, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., ad opera della assemblea condominiale ovvero dell’autorità giudiziaria.

Il Condominio avrebbe potuto, pertanto, evitare quella ripartizione delle spese, chiedendo, sin dall’origine, una modifica e/o una revisione delle tabelle, in tal modo evitando l’indebito arricchimento da parte di un singolo condomino.

Infine, mancava uno stretto nesso di interdipendenza necessaria tra l’arricchimento del L. e la corrispondente diminuzione patrimoniale del Condominio.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce omissione, carenza e/o insufficienza della motivazione.

I giudici di appello, con motivazione del tutto insufficiente, avevano dapprima affermato che le argomentazioni svolte dal Tribunale in ordine alla irretroattività delle modifica delle tabelle erano esatte e, quindi, contraddittoriamente avevano accolto la domanda di arricchimento senza causa.

Osserva il Collegio: I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono infondati.

Correttamente la Corte territoriale ha affermato che nel caso di specie il Condominio non aveva altro rimedio se non quello di proporre una domanda di arricchimento senza causa per ottenere l’indennizzo della diminuzione patrimoniale subita (nei limiti dell’arricchimento).

Nessuna questione è stata sollevata dal ricorrente in ordine alla legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio ed alla necessità di eventuale autorizzazione dell’assemblea a promuovere l’azione contro il singolo condomino.

Sfugge a qualsiasi censura la osservazione conclusiva contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale nel caso di specie sussisteva anche il requisito previsto dall’art. 2042 c.c. e cioè la mancanza di un titolo specifico sul quale potesse essere fondata l’azione contrattuale.

Come esattamente ha posto in evidenza la sentenza impugnata, la azione di indebito arricchimento trovava, nel caso di specie, il proprio fondamento nella assenza di una causa giustificatrice dell’arricchimento di un soggetto a danno di un altro.

Pur essendo possibile una richiesta di revisione di tabelle, in sede giudiziaria, in mancanza di apposita delibera dell’assemblea dei condòmini (per la quale la giurisprudenza prevalente di questa Corte, fino alla decisione delle Sezioni Unite 9 agosto 2010 n. 18477, richiedeva il consenso di tutti i condòmini) deve riconoscersi che una modifica delle...

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