Sentenza nº 349 da Constitutional Court (Italy), 24 Ottobre 2007

RelatoreGiuseppe Tesauro
Data di Resoluzione24 Ottobre 2007
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.349

ANNO 2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-†††† Franco††††††††††††††††††† BILE††††††††††††††††††††††††††††††††† Presidente

-†††† Giovanni Maria†††††† FLICK ††††††††††††††††††††††††††††††† Giudice

-†††† Francesco††††††††††††††† AMIRANTE††††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Ugo††††††††††††††††††††††† DE SIERVO††††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Paolo††††††††††††††††††††† MADDALENA††††††††††††††††††††††† "

-†††† Alfio††††††††††††††††††††† FINOCCHIARO††††††††††††††††††††† "

-†††† Alfonso††††††††††††††††† QUARANTA†††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Franco††††††††††††††††††† GALLO†††††††††††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Luigi††††††††††††††††††††† MAZZELLA††††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Gaetano††††††††††††††††† SILVESTRI†††††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Sabino††††††††††††††††††† CASSESE††††††††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Maria Rita†††††††††††††† SAULLE†††††††††††††††††††††††††††††††† "

-†††† Giuseppe†††††††††††††††† TESAURO†††††††††††††††††††††††††††††† "

- ††† Paolo Maria†††††††††††† NAPOLITANO††††††††††††††††††††††† "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimit‡ costituzionale dellíart. 5-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, introdotto dallíart. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promossi con ordinanza del 20 maggio 2006 dalla Corte di cassazione nei procedimenti civili riuniti vertenti tra il Comune di Avellino ed altri ed E. P. in proprio e n. q. di procuratore di G. P. e di D. P. ed altri e con ordinanza del 29 giugno 2006 dalla Corte díappello di Palermo nel procedimento civile vertente tra A. G. ed altre e il Comune di Leonforte ed altro, iscritte ai nn. 401 e 557 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 42 e 49, prima serie speciale, dellíanno 2006.

Visti gli atti di costituzione di G. C. n. q. di erede di E. P. e di G. P. ed altri n. q. di eredi di D. P., di A. G. ed altre, fuori termine, nonchÈ gli atti di intervento di A. C. fu G. s.r.l., della Consulta per la giustizia europea dei diritti dellíuomo CO.G.E.D.U. e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nellíudienza pubblica del 3 luglio 2007 e nella camera di consiglio del 4 luglio 2007 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

uditi gli avvocati Maurizio de Stefano e Anton Giulio Lana per la Consulta per la giustizia europea dei diritti dellíuomo CO.G.E.D.U., Antonio Barra per G. C. n. q. di erede di E. P. e per G. P. ed altri n. q. di eredi di D. P. e líavvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. ñ La Corte di cassazione e la Corte díappello di Palermo, con ordinanze del 20 maggio e del 29 giugno 2006, hanno sollevato, in riferimento allíart. 111, primo e secondo comma, della Costituzione, ed in relazione allíart. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellíuomo e delle libert‡ fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (di seguito, CEDU), ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellíuomo e delle libert‡ fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), nonchÈ allíart. 117, primo comma, della Costituzione, ed in relazione allíart. 6 della CEDU ed allíart. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 (infra, Protocollo), questione di legittimit‡ costituzionale dellíart. 5-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica) ñ convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359 ñ comma aggiunto dallíart. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica).

  2. ñ La Corte di cassazione premette che il giudizio principale ha ad oggetto una domanda proposta da alcuni privati nei confronti del Comune di Avellino e dellíIstituto autonomo case popolari (IACP) della† stessa citt‡, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento del danno subito a causa della occupazione acquisitiva di alcuni terreni di loro propriet‡, sui quali sono stati realizzati alloggi popolari ed opere di edilizia sociale, nonchÈ al pagamento dellíindennit‡ per líoccupazione temporanea degli stessi immobili.

    La stessa Corte, con sentenza del 14 gennaio 1998, n. 457, accogliendo il ricorso proposto dagli enti pubblici, aveva cassato con rinvio la pronuncia díappello, ritenendo applicabile la norma censurata, la quale ha introdotto un criterio riduttivo per il computo del risarcimento del danno da occupazione acquisitiva.

    Riassunto il giudizio, il giudice del rinvio ha, quindi, liquidato líindennit‡ in base alla disposizione censurata; la pronuncia Ë stata impugnata dalle parti private, che, tra líaltro, hanno eccepito líillegittimit‡ costituzionale del citato art. 5-bis, comma 7-bis.

    2.1. ñ La rimettente, dopo avere esposto le argomentazioni che inducono ad escludere líabrogazione della norma denunciata ad opera dellíart. 111 Cost. ñ come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei princÏpi del giusto processo nellíarticolo 111 della Costituzione) ñ ovvero dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dellíarticolo 375 del codice di procedura civile), sintetizza le pronunce di questa Corte che hanno gi‡ scrutinato la norma censurata, in riferimento agli artt. 3, 28, 42, 53, 97 e 113 Cost.

    Líordinanza esamina, quindi, líorientamento della Corte europea dei diritti dellíuomo in ordine allíinterpretazione dellíart. 1 del Protocollo, evolutosi nel senso di garantire una pi˘ intensa tutela del diritto di propriet‡. In particolare, ricorda che la previsione di uníindennit‡ equitable Ë stata limitata al caso della espropriazione legittima e che il carattere illecito dellíoccupazione Ë stato ritenuto rilevante al fine della quantificazione dellíindennit‡, sicchÈ, qualora non sia possibile la restituzione in natura del bene, allíespropriato Ë dovuta una somma corrispondente al valore venale.

    Secondo il rimettente, la Corte europea, in alcune sentenze, puntualmente indicate, ha ritenuto che líoccupazione acquisitiva si pone in contrasto con le citate norme convenzionali, tra líaltro, nella parte in cui non garantisce il diritto degli espropriati al risarcimento del danno in misura corrispondente al valore venale del bene, affermando analogo criterio di computo per il calcolo dellíindennit‡ nel caso di espropriazione legittima. Infatti, detta indennit‡ puÚ non essere commisurata al ´valore pieno ed intero dei beniª nei soli casi di espropriazioni dirette a conseguire legittimi obiettivi di pubblica utilit‡ e, tuttavia, questi ultimi sono stati individuati in quelli coincidenti con misure di riforme economiche o di giustizia sociale, ovvero strumentali a provocare cambiamenti del sistema costituzionale.

    In seguito, la medesima Corte, con le sentenze indicate nellíordinanza di rimessione, ha applicato questi princÌpi anche in riferimento al criterio stabilito dal censurato art. 5-bis e, ritenuta irrilevante la circostanza che questa norma era parte di una complessa manovra finanziaria, ha condannato lo Stato italiano al risarcimento commisurato alla differenza tra líindennit‡ percepita ed il valore venale del bene, reputando che líespropriato, a causa del tempo trascorso, aveva visto leso il proprio affidamento ad un indennizzo calcolato in base a questíultimo parametro. In virt˘ delle sentenze di questa Corte n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983, il criterio di liquidazione per líespropriazione delle aree edificabili avrebbe infatti dovuto essere quello del giusto prezzo in una libera contrattazione di compravendita (art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, recante ´Espropriazioni per causa di utilit‡ pubblicaª); quindi, líapplicabilit‡ del sopravvenuto art. 5-bis avrebbe leso il diritto della persona al rispetto dei propri beni, anche perchÈ la disciplina fiscale incide ulteriormente sulla somma concretamente percepita.

    Pertanto, secondo la Corte di Strasburgo, líespropriazione indiretta o occupazione acquisitiva ñ riconosciuta dalla legislazione (art. 43 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, recante ´Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilit‡ª) e dalla giurisprudenza italiane ñ sarebbe incompatibile con líart. l del Protocollo e la norma censurata violerebbe la regola della riparazione integrale del pregiudizio, realizzando una lesione aggravata dalla retroattivit‡ della disposizione e dalla sua applicabilit‡ ai giudizi in corso.

    In definitiva, la norma censurata Ë stata giudicata in contrasto con líart. 1 del Protocollo sotto i seguenti profili: in primo luogo, poichÈ al solo scopo di sopperire ad esigenze di bilancio, al di fuori di un contesto di riforme economiche o sociali, viola la regola della corresponsione di un valore pari al valore venale del bene; in secondo luogo, in quanto stabilisce un criterio riduttivo, fondato su di un parametro irragionevole anche nel caso di espropriazione legittima; in terzo luogo, poichÈ dispone líapplicabilit‡ del criterio ai giudizi in corso, in violazione dellíart. 6 della CEDU; in quarto luogo, poichÈ viola il principio di legalit‡ ed il diritto ad un processo equo, dato che la disposizione ha inciso sullíesito di giudizi in corso, nei quali erano parti amministrazioni pubbliche, obbligando il giudice ad adottare una decisione fondata su presupposti diversi rispetto a quelli sui quali la parte aveva legittimamente fatto affidamento allíatto...

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