Sentenza nº 248 da Constitutional Court (Italy), 27 Luglio 2011

RelatoreAlfonso Quaranta
Data di Resoluzione27 Luglio 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 248

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Alfio FINOCCHIARO Giudice

- Franco GALLO ”

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 8-quinquies, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), introdotto dall’articolo 79, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia con tre ordinanze del 28 luglio 2010, rispettivamente iscritte ai numeri 352, 353 e 396 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2010 e n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di costituzione del Centro ambulatoriale e di emodialisi “Aurora” s.r.l. ed altri, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nell’udienza pubblica del 5 luglio 2011 e nella camera di consiglio del 6 luglio 2011 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato Salvatore Pensabene Lionti per il Centro ambulatoriale e di emodialisi “Aurora” s.r.l. ed altri e l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. — Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, con tre ordinanze di analogo contenuto, ha sollevato altrettante questioni di legittimità costituzionale – in riferimento agli articoli 3, 24, 32, 97, 113 e 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione – dell’articolo 8-quinquies, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), introdotto dall’art. 79, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

    1.1.— Il giudice remittente premette di dover decidere, in ciascuno dei giudizi principali, dell’impugnazione del decreto dell’Assessore per la sanità della Regione Siciliana del 20 agosto 2009, n. 1676, secondo cui l’ammissione alla fruizione del trattamento sostitutivo della funzione renale, presso centri di dialisi privati accreditati, «deve essere previamente autorizzata dall’azienda sanitaria provinciale di appartenenza, sulla base di una certificazione rilasciata da un medico specialista nefrologo da essa dipendente o convenzionato, che accerti l’insufficienza renale cronica terminale e la necessità del trattamento sostitutivo».

    Tale decreto – assume il giudice a quo – risulta emanato in forza di quanto previsto dal censurato art. 8-quinquies, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo cui le Regioni «possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell’azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati».

    Tanto premesso, il TAR remittente esclude che possa prospettarsi un’interpretazione della norma che – in coerenza con il restante testo del suddetto art. 8-quinqiues – «consenta di ricondurre l’individuazione dei gruppi di prestazioni da sottoporre ad autorizzazione ad un’attività consensuale» (ciò che, tra l’altro, renderebbe il decreto impugnato nei tre giudizi a quibus «senz’altro illegittimo, per il sol fatto di aver provveduto in via unilaterale»), giacché la stessa formulazione letterale della disposizione rivelerebbe la sua natura derogatoria «rispetto all’analoga previsione contenuta nella prima parte» del medesimo comma 2 dell’art. 8-quinquies che prevede la definizione di accordi e la stipulazione di contratti.

    1.2.— Data, dunque, tale premessa, il remittente reputa non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale della norma in esame, innanzitutto «per violazione del principio di legalità sostanziale», il cui fondamento reputa di individuare negli artt. 24, 97 e 113 Cost.

    In particolare, il TAR siciliano non contesta «la previsione dell’attribuzione alle Regioni del potere di introdurre una procedura autorizzata nel contesto della disciplina dell’accesso alla fruizione di prestazioni sanitarie presso strutture private accreditate (se non per il fatto che detta individuazione avvenga per atto unilaterale)». Per contro, «ciò che appare non conforme al principio di legalità sostanziale è la mancata previsione dei criteri alla stregua dei quali detto potere dovrebbe essere disciplinato su base regionale, e conseguentemente esercitato dalle aziende sanitarie locali», specialmente ove si consideri che si tratta di «un potere autorizzatorio che condiziona la fruizione di prestazioni salvavita».

    A riguardo, il giudice a quo rileva – in primo luogo – che non sarebbe «dato comprendere quale sia la funzione dell’esercizio del potere autorizzatorio in esame: se di accertamento della sussistenza della patologia, e di necessarietà della terapia, quali presupposti per l’accesso alla fruizione della prestazione; ovvero di contenimento del ricorso a strutture private, per ragioni legate alla finanza regionale». In altri termini, il contenuto ampio e indeterminato della norma renderebbe impossibile stabilire la legittimità del provvedimento impugnato, risultando impossibile valutare se l’esercizio del potere autorizzatorio sia avvenuto in conformità o meno con i criteri dettati dalla norma. Il risultato sarebbe, dunque, costituito – nel caso di specie – dalla assoluta indeterminatezza del potere demandato alla pubblica amministrazione, in violazione del principio di legalità sostanziale (sono citate le sentenze della Corte costituzionale n. 200 e n. 32 del 2009 e n. 307 del 2003).

    Né, d’altra parte, elementi per ricostruire il significato della norma potrebbero trarsi – secondo il remittente – dall’interpretazione sistematica della stessa, «giacché essa è stata calata ex abrupto nel contesto della disciplina della definizione concordata (e, dunque, non unilaterale, ex latere auctoritatis) delle prestazioni fruibili presso strutture private», ciò che conferma ulteriormente, sempre nella prospettiva del TAR siciliano, l’irragionevolezza della disciplina in esame e, dunque, la violazione anche dell’art. 3, secondo comma, Cost.

    Difatti, sarebbe «solo nel contesto di tali accordi con gli erogatori privati del servizio o con le loro organizzazioni rappresentative» (interventi collocati a monte dell’accreditamento), e «non già mediante un provvedimento autoritativo unilaterale», che la Regione – sempre ad avviso del giudice a quo – «potrebbe individuare prestazioni o gruppi di prestazioni suscettibili di essere preventivamente autorizzati dalle unità sanitarie locali». Per contro, «l’inserimento di un ulteriore condizionamento autorizzatorio, la cui connotazione funzionale non è affatto chiara», risultando esso «privo di una adeguata disciplina dei presupposti e dei criteri di esercizio», sarebbe non conforme «al parametro costituzionale della ragionevolezza».

    Infine, il TAR rimettente deduce l’esistenza di un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera m), Cost.

    Si assume, infatti, che la norma censurata consentirebbe alle singole Regioni di «individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dellazienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati», pure quando si tratti di prestazioni afferenti i livelli essenziali di assistenza...

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