Sentenza nº 213 da Constitutional Court (Italy), 18 Luglio 2011

RelatoreAlfonso Quaranta
Data di Resoluzione18 Luglio 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 213

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Alfio FINOCCHIARO Giudice

- Franco GALLO ”

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge della Regione Marche 11 febbraio 2010, n. 7 (Norme per l’attuazione delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo), dell’articolo 5 della legge della Regione Veneto 16 febbraio 2010, n. 13 (Adeguamento della disciplina regionale delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico-ricreativa alla normativa comunitaria. Modifiche alla legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» e successive modificazioni) e degli articoli 1 e 2 della legge della Regione Abruzzo 18 febbraio 2010, n. 3 (Estensione della durata delle concessioni demaniali per uso turistico-ricreativo), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorsi notificati il 19-22 aprile 2010, depositati in cancelleria il 28 aprile 2010 ed iscritti, rispettivamente, ai numeri 66, 67 e 68 del registro ricorsi 2010.

Visti gli atti di costituzione delle Regioni Marche, Veneto ed Abruzzo;

udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2011 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Stefano Grassi per la Regione Marche, Luca Antonini per la Regione Veneto e Federico Tedeschini per la Regione Abruzzo.

Ritenuto in fatto

  1. — Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 66 del 2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28 aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ha impugnato l’art. 4 della legge della Regione Marche 11 febbraio 2010, n. 7 (Norme per l’attuazione delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo), per violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere a) ed e), della Costituzione.

    L’art. 4, al comma 1, prevede la possibilità di estendere, su richiesta del concessionario, la durata della concessione demaniale fino ad un massimo di venti anni, in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere realizzate e da realizzare sempre nel rispetto del piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo vigente.

    Il successivo comma 2 dispone, poi, che la Giunta regionale stabilisce i criteri e le modalità per il rilascio ed il rinnovo delle suddette concessioni.

    L’Avvocatura dello Stato osserva che a seguito della procedura di infrazione n. 2008/4908 da parte della Unione europea sulla compatibilità con il diritto comunitario della normativa italiana in materia di concessioni del demanio marittimo, il legislatore nazionale è intervenuto con l’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 2010, n. 25.

    Per effetto di tale disposizione si è provveduto, da un lato, ad abrogare l’art. 37, secondo comma, del Codice della navigazione, nella parte in cui, nell’ambito delle procedure di affidamento in concessione di beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreativa, attribuiva preferenza – c.d. diritto di insistenza – al concessionario uscente, dall’altro, si è disposta una proroga, assentibile per la specificità del territorio italiano, delle concessioni in atto fino al massimo al 2015.

    A parere del ricorrente la norma regionale impugnata si pone in contrasto con la normativa statale sopra indicata, poiché il previsto rinnovo automatico della concessione fino ad un massimo di vent’anni impedisce l’espletamento di qualsiasi forma di procedura selettiva volta a individuare nuovi possibili concessionari e, dunque, pone in essere una situazione di disparità di trattamento tra gli operatori economici.

    Così disponendo, l’art. 4 censurato violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., «in quanto non coerente con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e tutela della concorrenza» previsti, rispettivamente, dagli articoli 43 e 81 del Trattato CE.

    Altresì violato sarebbe l’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., in relazione ai rapporti con l’Unione europea, in ragione della situazione derivante dalla pendenza della procedura comunitaria d’infrazione n. 2008/4908, riguardante la materia nella quale si inserisce la norma impugnata.

    Infine la norma impugnata contrasterebbe anche con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

    1.1.— Si è costituita la Regione Marche chiedendo che la Corte dichiari la questione inammissibile o non fondata.

    In via preliminare, la difesa regionale osserva che il ricorso contiene argomenti di censura solo con riferimento a quanto previsto dall’art. 4, comma 1, della citata legge regionale n. 7 del 2010, con la conseguenza che deve essere dichiarata inammissibile la questione riferita al successivo comma 2.

    Altresì inammissibile sarebbe la censura riferita all’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., in quanto essa si fonda su di un generico rinvio ad una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea che rende di fatto impossibile l’esercizio del diritto di difesa alla Regione.

    Infine, sarebbe inammissibile la censura proposta in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in quanto le norme comunitarie interposte, richiamate dal ricorrente, sono state sostituite, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dagli artt. 49 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – TFUE.

    Nel merito la Regione Marche ritiene le censure non fondate, in quanto basate su di un erroneo presupposto interpretativo, frutto di una incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

    In proposito, la Regione rileva che l’art. 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni in legge 4 dicembre 1993, n. 494, al comma 2, prevede che le concessioni dei beni demaniali marittimi hanno durata di sei anni, e si rinnovano automaticamente alla scadenza per altri sei anni e così ad ogni successiva scadenza. Il successivo art. 03, comma 4-bis, stabilisce, poi, che le suddette concessioni possono avere durata anche superiore a sei anni, ma comunque non superiore a venti anni. Tale ultima disposizione, inserita dal comma 253 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007), a parere della Regione, legittima il rilascio di nuove concessioni e l’adeguamento di quelle in corso per una durata fino a venti anni.

    Tale ultima norma è, infatti, rimasta in vigore anche dopo l’intervento dell’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009, convertito in legge n. 25 del 2010, il quale, nell’abrogare il diritto di insistenza nelle concessioni previsto dall’art. 37, secondo comma, cod. nav., ne ha fatte salve le disposizioni in essa contenute.

    In tale contesto si colloca la norma censurata, la quale si limita a prevedere quanto già stabilito dall’art. 3, comma 4-bis, del d.l. n. 400 del 1993. Essa, infatti, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, non ha ad oggetto il rinnovo di concessioni già scadute ma attribuisce ai Comuni il potere discrezionale, esercitabile solo su richiesta del concessionario e alla presenza dei presupposti previsti dalla norma statale richiamata, di estendere la durata di quest’ultime fino al massimo di venti anni.

    Non si tratterebbe, dunque, di un rinnovo ma di semplice modificazione di una concessione in corso, la quale, peraltro, impone che la durata complessiva di essa non può essere superiore a venti anni, assumendo a tali fini rilevanza anche il periodo di tempo trascorso prima di tale modifica.

    In ragione della mancata previsione di un rinnovo automatico di concessioni scadute, poi, la fattispecie in esame sarebbe del tutto differente da quella già scrutinata dalla Corte con la sentenza n. 180 del 2010.

    Quanto all’art. 4, comma 2, della legge n. 7 del 2010, la Regione osserva che tale disposizione si limita ad affidare alla Giunta regionale il recepimento dell’intesa Stato-Regioni prevista dall’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009 per l’individuazione dei criteri di affidamento dei beni demaniali marittimi, risultando, quindi, evidente, la sua estraneità ai profili di censura avanzati dal ricorrente.

  2. — Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 67 del 2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28 aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 5 della legge della Regione Veneto del 16 febbraio 2010, n. 13 (Adeguamento della disciplina regionale delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico-ricreativa alla normativa comunitaria. Modifiche alla legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» e successive modificazioni), per violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere a) ed e), Cost.

    L’Avvocatura dello Stato rileva che l’art. 5, al comma 1, prevede che tutte le concessioni demaniali marittime a finalità turistico-ricreativa in corso scadranno il 31 dicembre 2015, in coerenza con quanto stabilito dall’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009, come convertito in legge n. 25 del 2010.

    Il successivo comma 2 stabilisce che i titolari di concessione in corso di validità che abbiano eseguito o eseguano, durante la vigenza della concessione, interventi edilizi, ovvero che, oltre ad essi, abbiano effettuato...

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