Sentenza nº 116 da Constitutional Court (Italy), 07 Aprile 2011

RelatoreAlessandro Criscuolo
Data di Resoluzione07 Aprile 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 116

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo DE SIERVO Presidente

- Paolo MADDALENA Giudice

- Alfio FINOCCHIARO “

Alfonso QUARANTA “

- Franco GALLO “

- Luigi MAZZELLA “

- Gaetano SILVESTRI “

- Sabino CASSESE “

- Giuseppe TESAURO “

- Paolo Maria NAPOLITANO “

- Giuseppe FRIGO “

- Alessandro CRISCUOLO “

- Paolo GROSSI “

- Giorgio LATTANZI “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale di Palermo nel procedimento vertente tra C. C. e l’INPS ed altra con ordinanza del 30 marzo 2010, iscritta al n. 215 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visto l’atto di costituzione dell’INPS;

udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2011 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

udito l’avvocato Antonietta Coretti per l’INPS.

Ritenuto in fatto

  1. — Il Tribunale di Palermo, in funzioni di giudice del lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 29, primo comma, 30, primo comma, 31 e 37 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui non prevede, nell’ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia necessità di un periodo di ricovero ospedaliero, la possibilità per la madre lavoratrice di usufruire del congedo obbligatorio o di parte di esso dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare».

  2. — Il giudice a quo premette di essere chiamato a pronunziarsi nel giudizio di merito, iniziato dalla signora C. C. nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza sociale (INPS) e di Telecom Italia Mobile (TIM) Italia Spa ai sensi dell’art. 669-octies del codice di procedura civile ed espone che l’attrice, la cui figlia era stata ricoverata fin dalla nascita presso il Policlinico di Palermo in terapia intensiva, venendo dimessa soltanto l’8 agosto 2005, era stata posta in congedo obbligatorio dall’INPS, in base all’art. 16 d.lgs. n. 151 del 2001, a far tempo dalla data del parto medesimo.

    La lavoratrice aveva inoltrato all’ente previdenziale la richiesta di usufruire del periodo obbligatorio di astensione con decorrenza dalla data presunta del parto, oppure dall’ingresso della neonata nella casa familiare, offrendo al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa fino ad una di tali date, ma l’INPS aveva respinto detta richiesta.

    Pertanto – aggiunge il rimettente – la parte privata aveva promosso un procedimento cautelare ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., in esito al quale il Tribunale di Palermo, in accoglimento del ricorso, aveva dichiarato il diritto della donna ad astenersi dall’attività lavorativa a far data dall’8 agosto 2005 e per i cinque mesi successivi, fissando il termine perentorio di trenta giorni per l’inizio del giudizio di merito, instaurato con domanda diretta ad ottenere la declaratoria del diritto della signora C. C. ad astenersi dal lavoro per il periodo di tempo suddetto.

    Ciò premesso, il giudicante – ritenuta rilevante la questione sollevata, in quanto dalla dichiarazione d’illegittimità costituzionale della norma censurata dipenderebbe l’accoglimento della domanda nel merito – richiama il dettato di tale norma che, disciplinando il congedo di maternità, vieta di adibire al lavoro le donne: a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto dall’art. 20 d.lgs. n 151 del 2001; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto; d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora esso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto. Inoltre, richiama il successivo art. 17 che disciplina l’estensione del divieto, nonché l’art. 18 il quale sanziona con l’arresto fino a sei mesi l’inosservanza delle disposizioni de quibus.

    In questo quadro, il Tribunale osserva che l’art. 16 d.lgs. n. 151 del 2001 trova un precedente nell’art. 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri), come modificato dall’art. 11 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città).

    Il detto art. 4, poi abrogato con l’intera legge n. 1204 del 1971 dall’art. 86 d.lgs. n. 151 del 2001, stabiliva (tra l’altro) il divieto di adibire al lavoro la donna durante i tre mesi dopo il parto.

    Questa Corte, con sentenza n. 270 del 1999, dichiarò l’illegittimità costituzionale della norma, «nella parte in cui non prevede(va) per l’ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo dell’astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela della madre e del bambino».

    Il rimettente osserva che, anche in base al tenore del citato art. 16, la domanda della attrice, diretta ad usufruire dell’intero periodo di congedo (tre mesi più due mesi) dalla data d’ingresso della figlia nella casa familiare, ovvero dalla data presunta del parto, non potrebbe essere accolta, neppure in via parziale, restando l’obbligo del datore di lavoro, sanzionato penalmente, di non adibire la donna al lavoro dopo il parto, per il periodo già detto.

    Il Tribunale rileva che il giudice del procedimento cautelare ha dato luogo ad una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, in guisa da consentire, nell’ipotesi in esame, la decorrenza dell’intero periodo di congedo obbligatorio dal momento dell’ingresso in famiglia della neonata. Ritiene, però, di non poter condividere la detta interpretazione, in quanto essa trova un ostacolo non aggirabile per effetto del citato art. 18 d.lgs. n. 151 del 2001, il quale punisce l’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 16 e 17 con l’arresto fino a sei mesi.

    Pertanto, ad avviso del rimettente, la nuova disciplina della materia presenta gli stessi vizi di legittimità costituzionale riscontrati da questa Corte con riferimento all’art. 4 della legge n. 1204 del 1971, perché il circoscritto intervento del legislatore non sarebbe sufficiente.

    La norma censurata, infatti, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, in violazione...

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