Sentenza nº 93 da Constitutional Court (Italy), 21 Marzo 2011

RelatoreGiuseppe Tesauro
Data di Resoluzione21 Marzo 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 93

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo DE SIERVO Presidente

- Paolo MADDALENA Giudice

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 44, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, promosso dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Lazio nel procedimento vertente tra il Procuratore Regionale presso la sezione giurisdizionale della Regione Lazio e L.B. ed altri, con ordinanza del 7 dicembre 2009, iscritta al n. 176 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visti gli atti di costituzione di G.P. ed altro, L.B., L.L.S., G.P.O. ed altri, V.B., F.Z., e V. E., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 febbraio 2011 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

uditi gli avvocati Federico Sorrentino per L.B., Luisa Torchia per G.P.O. ed altri, Donella Resta per G.P. ed altro, Aristide Police per L.L.S. e Fabio Lorenzoni per V.B. ed altri.

Ritenuto in fatto

  1. – La Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, con ordinanza del 7 dicembre 2009, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 77, 97, 101, secondo comma, 103 e 108 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 44 (recte: dell’articolo 44, comma 1) del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.

  2. – L’ordinanza di rimessione premette che il Procuratore della Corte dei conti presso la sezione giurisdizionale per la Regione Lazio (infra: Procuratore) ha convenuto in giudizio alcuni amministratori e dirigenti dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), chiedendone la condanna al risarcimento del danno da essi asseritamente prodotto a causa della mancata applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 (Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell’Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell’art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400), nel caso di violazione da parte di amministrazioni, enti ed organismi pubblici e privati dell’obbligo di fornire tutti i dati e le notizie richiesti per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, disciplinato dall’art. 7, comma 1, di detto d.lgs., richiamato dal comma 3 di tale articolo, nel testo previgente alle modifiche introdotte dall’art. 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).

    Il Procuratore, nell’atto di citazione, ha dedotto che l’accertamento di siffatta violazione spetta agli uffici di statistica, i quali provvedono a trasmettere motivato rapporto al prefetto competente per territorio, che procede ai sensi dell’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). Secondo l’organo requirente, i convenuti nel giudizio principale non avrebbero provveduto ad accertare detta violazione ed ha loro contestato il danno asseritamente prodotto in virtù di siffatta omissione, in riferimento al periodo 2002-2006 (non coperto da prescrizione ed in relazione al quale erano disponibili dati definitivi), quantificato nell’importo di € 191.425.235,00, ripartito pro-quota tra i medesimi.

    Ad avviso dell’organo requirente, sarebbe configurabile a carico del Presidente dell’ISTAT una responsabilità erariale per colpa grave, poiché egli – in violazione dei doveri d’ufficio ex art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 322 del 1989 e delle competenze attribuitegli quale preposto al Consiglio dell’ISTAT e al Comitato di indirizzo e coordinamento dell’informazione statistica (COMSTAT) – non avrebbe neppure affrontato il problema dell’applicazione delle sanzioni e sollecitato una modifica delle relative norme, per ottenere una semplificazione del procedimento, sino a quando, nell’aprile 2006, è stato presentato un esposto alla Corte dei conti. Agli altri convenuti è stata contestata la responsabilità per colpa grave, a causa di omissioni nell’espletamento delle funzioni ad essi spettanti nel procedimento sanzionatorio.

    2.1. – Tutti i convenuti si sono costituiti nel giudizio, contestando la fondatezza della domanda; alcuni hanno eccepito l’improcedibilità dell’azione, in quanto il Procuratore non avrebbe tenuto conto dell’art. 44, comma 1, del d.l. n. 248 del 2007, che avrebbe inciso sull’illiceità delle condotte contestate.

    Il giudice a quo, con sentenza parziale del 12 ottobre 2009, ha rigettato detta eccezione, osservando che il Procuratore, nell’atto di citazione, «ha affrontato la questione degli effetti della sopravvenuta normativa […], rilevando che, “ancorché la norma non utilizzi la formula consueta delle disposizioni interpretative [...] essa manifesta l’intenzione del legislatore di considerare anche per il passato ‘violazione dell’obbligo di risposta’ quella che abbia dato luogo ad un formale rifiuto”, e “limita con effetto retroattivo l’applicazione delle sanzioni ai casi in cui il soggetto, pubblico o privato, destinatario della richiesta di dati o notizie, abbia opposto un formale rifiuto”, determinando nella sostanza “l’eliminazione della obbligatorietà della risposta”, e ha contestualmente sollevato questione di legittimità costituzionale della citata norma».

    Inoltre, con detta sentenza parziale, il rimettente ha deciso «tutte le questioni preliminari di rito e di merito», accertando la prescrizione in relazione alle condotte ascrivibili ai convenuti successivamente al 19 novembre 2002 e sino a tutto il 2006, disponendo «la pronunzia con separata ordinanza per l’esame della questione di legittimità costituzionale» del citato art. 44, comma 1.

    2.2. – Posta questa premessa, la Corte dei conti deduce che la norma censurata incide sulle disposizioni in forza delle quali il Procuratore ha esercitato l’azione di responsabilità, con conseguente rilevanza della questione di legittimità costituzionale. Nella specie, sarebbe stato, infatti, applicabile il testo originario dell’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 322 del 1989, poiché tale norma, nella formulazione novellata dall’art. 3, comma 64 (recte: art. 3, comma 74), della legge n. 244 del 2007, concerne i fatti commessi dal 1° gennaio 2008. E’, quindi, la norma censurata, entrata in vigore il 31 dicembre 2007, che non permette di fare riferimento all’originario testo del citato art. 7, comma 1, anche in riferimento alle condotte anteriori a tale data.

    Secondo il rimettente, qualora non fosse sopravvenuto il citato art. 44, comma 1, avrebbe potuto essere affermata la responsabilità dei convenuti, in quanto la sanzione prevista dall’art. 11 del d.lgs. n. 322 del 1989 sarebbe stata applicabile in tutti i casi di violazione dell’obbligo di fornire i dati statistici, indipendentemente dalla tipologia degli stessi e senza possibilità di distinguere le ipotesi di formale diniego della risposta e di comportamento meramente omissivo. La norma censurata, in considerazione della sua lettera, impedirebbe, invece, di sanzionare condotte diverse dal formale rifiuto di rispondere, perfezionatesi sino al 31 dicembre 2008, e di ritenere fondata la domanda, con conseguente rilevanza della questione.

    2.3. – Il giudice a quo osserva che la legge di conversione n. 31 del 2008 ha inserito nella norma in esame il comma 1-bis, che non incide sulla questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto il solo comma 1 del citato art. 44, censurato in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.

    A suo avviso, anche ritenendo che il legislatore, in prossimità dell’entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 244 del 2007, abbia inteso, con una norma transitoria, limitare i casi di applicabilità della sanzione amministrativa per la violazione in esame, la disposizione in questione non sarebbe sorretta da «alcun criterio logico». Il citato art. 44, comma 1, non assicurerebbe, infatti, «un minimo, ma inderogabile livello di garanzia per la tutela dell’effettività dell’obbligo di conferimento dei dati» sino al 31 dicembre 2008 e nelle more dell’attuazione della disciplina prevista dal citato art. 7, comma 1, poiché prevede che la violazione del medesimo è sanzionabile esclusivamente nel caso in cui la parte abbia formalmente dichiarato di non volere fornire i dati. Il presupposto di irrogazione della sanzione consisterebbe, quindi, in un comportamento inesigibile, in quanto contrario all’interesse dell’onerato e verosimilmente irrealizzabile in relazione all’arco temporale di riferimento, dato che, per evitarne il perfezionamento, sarebbe sufficiente non manifestare un formale rifiuto.

    Un ulteriore elemento di illogicità sarebbe, poi, costituito dalla circostanza che la norma censurata prevede l’applicabilità della sanzione in virtù di un criterio diverso rispetto a quello contenuto nel nuovo testo del citato art. 7, comma 1, il quale disciplina un procedimento diretto ad identificare i casi nei quali, per l’importanza dei dati, la violazione dell’obbligo di fornirli è sanzionabile.

    La previsione della rilevanza della violazione nel solo caso di «rifiuto formale» di fornire i dati non sarebbe coerente con il criterio introdotto dalla legge n. 244 del 2007, poiché non inerisce alla qualità del dato richiesto, ovvero alle...

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