Sentenza nº 44 da Constitutional Court (Italy), 11 Febbraio 2011

RelatoreAlfio Finocchiaro
Data di Resoluzione11 Febbraio 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 44

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo DE SIERVO Presidente

- Paolo MADDALENA Giudice

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 12, 16 e 25 della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010 n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 22-24 marzo 2010, depositato in cancelleria il 30 marzo 2010 ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2010.

Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;

udito nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2011 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

uditi l’avvocato Vincenzo Cocozza per la Regione Campania e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato alla Regione Campania il 22 marzo 2010 e depositato presso la cancelleria di questa Corte il 30 marzo 2010 (reg. ric. n. 51 del 2010), il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010), ed in particolare, tra le altre disposizioni: dell’art. 1, comma 12, ultima parte, in relazione all’art. 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s) della Costituzione; dell’art. 1, comma 16, in relazione all’art. 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), Cost; dell’art. 1, comma 25, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost..

    1.1. – Il ricorrente assume che l’art. 1, comma 12, ultima parte, della legge Regione Campania n. 2 del 2010, contrasta con la normativa nazionale e comunitaria vigente in materia di acque.

    La norma prevede un finanziamento da parte della Regione, con fondi comunitari (risorse Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR), per la realizzazione di condotte sottomarine lungo i canali artificiali con più elevato carico inquinante del litorale Domitio-Flegreo, per lo sversamento a fondale delle portate di magra; la disposizione risulterebbe incompatibile con la destinazione delle risorse pubbliche alla realizzazione di opere funzionali a garantire una corretta depurazione delle acque reflue prima dello scarico.

    La realizzazione delle infrastrutture, per le quali la norma impugnata dispone il finanziamento, comporterebbe, senza alcun beneficio ambientale, una diversificazione di ricettore di scarichi non depurati nel mare piuttosto che nei canali artificiali. L’area interessata è quella del litorale Domitio-Flegreo – già sito di interesse nazionale, nel quale sono in campo notevoli risorse umane e finanziarie tese al ripristino di uno stato di legalità ambientale – che richiederebbe interventi maggiormente riqualificanti, mirati alla irreggimentazione delle acque e dei reflui urbani che scaricano in assenza di depurazione ed a garantire una depurazione che rispetti i limiti tabellari.

    La formulazione della norma regionale consentirebbe interventi non legittimi e sottrarrebbe risorse pubbliche a ulteriori possibili soluzioni, risolutive dello stato di degrado esistente. Per tali motivazioni, non appare conforme al dettato costituzionale la norma censurata, in quanto introduce una previsione contraria alla normativa comunitaria e nazionale vigente in materia di acque – direttiva 23 ottobre 2000, n. 2000/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque), e parte III del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) – ed inoltre non tiene conto delle finalità istituzionali con le quali sono stati fissati e condivisi obiettivi tra Comunità europea, Stato e regioni, finalizzati alla piena attuazione della stessa.

    La difformità della norma regionale dalla normativa comunitaria, nonché da quella nazionale afferente alle materie della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» e della «tutela della concorrenza», determina il contrasto con l’art. 117, comma 1, e comma 2, lettere e) ed s), della Costituzione.

    1.2. – Il ricorrente espone inoltre che l’art. 1, comma 16, della citata legge regionale prevede che «al fine di contribuire al rilancio dell’economia delle zone montane e dei territori compresi nei parchi mediante il turismo cinofilo (cino-turismo), i comuni ricompresi in queste aree istituiscono, anche d’intesa con gli organi di direzione degli enti parco medesimi, aree cinofile. Dette aree sono adibite esclusivamente all’addestramento ed allenamento dei cani da caccia ed alle conseguenti verifiche zootecniche. Nell’interno delle stesse i comuni individuano strutture ove consentire l’addestramento anche dei cani da pastore, da utilità e dei cani adibiti alla pet-therapy ed al soccorso. La realizzazione e gestione di tali aree e strutture è prevalentemente affidata a cooperative di giovani residenti nei comuni interessati o ad imprenditori agricoli, singoli o associati, ed alle associazioni cinofilo-venatorie. In tali zone sono altresì consentite, nell’arco dell’anno, prove zootecniche per il miglioramento delle razze canine da caccia e da pastore di cani iscritti all’anagrafe canina».

    La disposizione si porrebbe in contrasto con la normativa statale di settore rappresentata dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), che, all’art. 11, prevede che ogni parco, nel rispetto delle proprie caratteristiche, attraverso il proprio regolamento, disciplini l’esercizio delle attività consentite entro il territorio di competenza, imponendo, tuttavia, al comma 3, il divieto di tutte «le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat».

    Tra tali attività rientra sicuramente l’addestramento cani atteso che, come affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 350 del 1991, «nessun dubbio può sussistere né in ordine al fatto che "addestramento dei cani", in quanto attività strumentale all’esercizio venatorio, debba ricondursi alla materia della "caccia"...» e di conseguenza costituisce attività assolutamente vietata nelle aree protette.

    Conclusivamente, la norma regionale in esame, dettando disposizioni difformi dalla normativa nazionale afferente alle materie della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» e della «tutela della concorrenza» di cui all’art. 117, secondo comma, lettere s) ed e), per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, è costituzionalmente illegittima, per violazione delle suddette disposizioni costituzionali.

    1.3. – Merita, altresì, censura – secondo il ricorrente – l’art. 1, comma 25, della stessa legge regionale n. 2 del 2010, il quale dispone in materia di dislocazione di centrali di produzione di energia da fonti rinnovabili. La norma prescrive il rispetto di una distanza minima per tutti gli insediamenti energetici non inferiore a cinquecento metri lineari dalle aree interessate da...

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