Ordinanza nº 32 da Constitutional Court (Italy), 27 Gennaio 2011

RelatorePaolo Maria Napolitano
Data di Resoluzione27 Gennaio 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 32

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo DE SIERVO Presidente

- Paolo MADDALENA Giudice

- Alfio FINOCCHIARO ”

- Alfonso QUARANTA ”

- Franco GALLO ”

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promossi dal Giudice di pace di Fabriano con ordinanza del 18 novembre 2009, dal Giudice di pace di Alessandria con ordinanza del 18 novembre 2009, dal Giudice di pace di Città della Pieve con ordinanza del 9 dicembre 2009, dal Giudice di pace di Ivrea con ordinanza del 23 dicembre 2009 e dal Giudice di pace di Casale Monferrato con ordinanza del 17 dicembre 2009 rispettivamente iscritte ai nn. 77, 111, 113, 138 e 139 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12, 16, 17 e 20, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che, con ordinanza in data 18 novembre 2009 (r. o. n. 77 del 2010), il Giudice di pace di Fabriano ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 25 e 117, primo comma, della Costituzione questione di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica);

che il giudice a quo premette, in fatto, di dover giudicare un cittadino straniero extracomunitario accusato del nuovo reato di cui all’art.10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 in quanto «si tratteneva nel territorio dello Stato italiano in violazione» delle disposizioni di cui al citato decreto;

che, a parere del rimettente, la condotta dell’imputato, così come contestata nel capo di imputazione, configurerebbe la seconda ipotesi di cui all’art. 10-bis del decreto citato, integrandone tutti gli elementi, vale a dire il trattenersi illegalmente nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 286 del 1998, precisamente dell’art. 5 che prevede la necessità del permesso di soggiorno o di altro titolo legalmente rilasciato;

che, secondo il Giudice di pace di Fabriano, la norma censurata violerebbe il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., essendo una norma incriminatrice del tutto priva di ratio giustificatrice, non potendo questa essere ricercata nella «valutazione di pericolosità sociale delle condotte penalmente perseguite che si risolvono in un “modo di essere”, in una condizione della persona: quella di migrante irregolare»;

che, inoltre, l’irragionevolezza discenderebbe anche dalla finalità della norma diretta all’allontanamento dello straniero clandestino dal territorio nazionale, finalità già conseguibile tramite l’istituto dell’espulsione amministrativa;

che un ulteriore profilo di irragionevolezza risiederebbe nel fatto che la norma è destinata a restare priva di effetti concreti nei confronti della stragrande maggioranza degli immigrati irregolari in quanto la pena pecuniaria sarebbe inesigibile in concreto avendo come destinatarie persone nullatenenti;

che il rimettente lamenta anche la violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo della disparità di trattamento in relazione all’ipotesi di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 2000 a causa della mancata previsione della esclusione della colpevolezza in caso di «giustificato motivo»;

che sarebbe leso anche l’art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e richiede l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale;

che, infine, secondo il Giudice di pace di Fabriano, la norma in esame violerebbe anche gli artt. 10 e 117, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con i principi affermati in materia di immigrazione nel diritto internazionale generalmente riconosciuto, tra i quali la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 e la convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 143 del 1975 sui lavoratori migranti, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158 (Ratifica ed esecuzione delle convenzioni numeri 92, 133 e 143 dell’Organizzazione internazionale del lavoro);

che si avrebbe anche la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. per il contrasto della nuova fattispecie incriminatrice con le norme internazionali pattizie di cui agli artt. 5 e 16 del Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico illecito di migranti, adottato il 15 novembre 2000;

che il Giudice di pace di Alessandria, con ordinanza del 18 novembre 2009 (r. o. n. 111 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998 per violazione degli artt. 2, 3 e 25, secondo comma, Cost.;

che il giudice a quo premette in fatto di dover giudicare un cittadino straniero extracomunitario imputato del nuovo reato di ingresso o soggiorno illegale nel territorio dello Stato di cui all’art.10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998;

che la norma incriminatrice sarebbe, anzitutto, in contrasto con l’art. 3 Cost. sotto il profilo dell’irragionevolezza della scelta legislativa di criminalizzare l’ingresso e la permanenza dei clandestini nello Stato italiano, in quanto l’obiettivo con essa perseguito – espellere lo straniero illegittimamente presente nel territorio dello Stato – sarebbe già conseguibile con la procedura di espulsione amministrativa, avente il medesimo ambito applicativo ai sensi dell’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 286 del 1998;

che l’irragionevolezza della nuova fattispecie penale emergerebbe anche sotto il profilo sanzionatorio caratterizzato, nel suo complesso, dalla comminatoria di una pena pecuniaria priva di ogni efficacia deterrente nei confronti di soggetti di regola impossidenti quali gli stranieri clandestini, dal divieto di applicazione della sospensione condizionale della pena e dalla facoltà concessa al giudice di pace di sostituire la pena pecuniaria con una sanzione più grave, quale l’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni;

che l’art. 3 Cost. risulterebbe violato anche sotto un altro specifico profilo, concernente la irragionevole disparità di trattamento tra la nuova fattispecie e quella di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998, che prevede la punibilità dello straniero inottemperante all’ordine di allontanamento del questore solo quando lo stesso si trattenga nel territorio dello Stato oltre il termine stabilito e «senza giustificato motivo»;

che, ritiene il rimettente, a causa del mancato richiamo al giustificato motivo potrebbe accadere che il venir meno, per un qualunque motivo, del permesso di soggiorno, integri automaticamente l’ipotesi di reato, senza alcuna possibilità, per l’interessato, di addurre una qualche giustificazione o di usufruire di un termine per potersi allontanare;

che, secondo il Giudice di pace di Alessandria, sarebbero violati anche gli artt. 3 e 25, secondo comma, Cost., in quanto la norma censurata darebbe vita ad una fattispecie penale discriminatoria, volta a colpire non già un condotta, ma una condizione personale e sociale – il mancato possesso di un titolo abilitativo all’ingresso o alla permanenza nel territorio dello Stato – arbitrariamente considerata come indice di pericolosità sociale;

che, in tal senso, dovrebbero valere le considerazioni espresse nella sentenza di questa Corte n. 78 del 2007, in tema di applicabilità delle misure alternative alla detenzione agli stranieri clandestini, laddove si è detto che «il mancato possesso di un titolo abilitativo alla permanenza nel territorio dello Stato» costituisce «una condizione soggettiva» «che, di per sé non è univocamente sintomatica [...] di una particolare pericolosità sociale»;

che, infine, il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato contrasterebbe anche con l’art. 2 Cost. perché...

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