Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine719-741

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. VI, 23 agosto 2010, n. 32213 (ud. 9 giugno 2010). Pres. De Roberto – Est. Citterio – P.M. Di Casola (diff.) – Ric. Vitale

Notificazioni in materia penaleAll’imputato non detenutoTemporanea dimora o recapitoFinalità della notificazioneEffettiva conoscenza dell’atto da notificareRicorso ad accorgimenti informaliAmmissibilitàFattispecie.

In materia di notificazioni, ed in accordo con la ratio dell’art. 420 ter, comma 2, c.p.p., deve essere sempre privilegiato il fine di assicurare l’effettiva conoscenza degli atti processuali essenziali (tra i quali rientrano certamente quelli volti ad assicurare la partecipazione al giudizio), anche ricorrendo ad accorgimenti informali, il cui esito possa ragionevolmente risultare positivo. (In applicazione del principio, è stata dichiarata nulla la notificazione del decreto di citazione per il giudizio d’appello con le forme di cui all’art. 161 c.p.p. all’imputata, non comparsa nel successivo dibattimento, che aveva indicato come domicilio una Casella Postale, sul presupposto dell’irritualità - in concreto rilevata dall’ufficiale giudiziario - di tale indicazione, nonostante il fatto che presso la medesima Casella Postale fossero state utilmente effettuate le citazioni per il giudizio di primo grado, sempre seguite dalla comparizione dell’imputata). (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 157; c.p.p., art. 161; c.p.p., art. 420 ter) (1)

(1) Nulla in termini. In dottrina, cfr. POTETTI DOMENICO, Questioni in tema di notificazioni penali, in questa Rivista 2005, 533 e PALUMBO ANIELLO, Le notificazioni nel rito penale, ed. Jovene, Napoli 1992.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. Avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Firenze in data 5 febbraio 2008 aveva confermato la condanna inflittale dal Tribunale di Pistoia - Monsummano Terme il 19 ottobre 2004 per il delitto di falsa testimonianza resa in un processo in cui tale Ricciardi (già condannato per il furto “di un salame” in supermercato) era imputato di calunnia in danno del sorvegliante che aveva deposto contro di lui nel precedente giudizio, nonchè l’ordinanza che aveva dichiarato la sua contumacia, ricorre personalmente per cassazione Carmela Vitale, con i seguenti motivi:

    - violazione di legge, per omessa citazione al giudizio di appello, perchè avendo lei eletto domicilio presso il Centro Nazionale Studi Territori con recapito alla casella postale n. (omissis) dell’ufficio postale di Pescia fraz. Pietrabuona, mentre aveva lì ricevuto regolarmente la notificazione per il primo grado di giudizio, nulla aveva saputo del giudizio di appello, ricevendo solo la notificazione - presso quel recapito - della sentenza contumaciale;

    - violazione di legge, perchè la rilevanza probatoria data alla sentenza di condanna per furto del soggetto in cui favore poi lei aveva deposto, ex art. 238 bis c.p.p., era erronea perchè in quel processo la sua deposizione era stata ritenuta irrilevante sicchè la ricostruzione dei fatti si era basata sulla sola deposizione del sorvegliante del supermercato; il Giudice d’appello non avrebbe poi tenuto conto delle contraddizioni tra le versioni del sorvegliante rese nei due processi, con dichiarazioni che nel secondo erano state volte a superare le incongruità intrinseche delle prime.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

  2. Il primo motivo è fondato. L’impugnata sentenza va conseguentemente annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze per nuovo giudizio.

    Risulta dagli atti che:

    - in sede di indentificazione la Vitale aveva indicato quale domicilio Pescia fraz. Pietrabuona c/o la casella postale (omissis) del Centro Nazionale Studi Territori (fg 36/61);

    - a mezzo posta, a tale indicazione erano state positivamente eseguite le due citazioni disposte in primo grado, e la Vitale era stata ritualmente presente, con ciò comprovandosi l’idoneità ed efficacia di quell’indicazione ad assicurarne la conoscenza delle scadenze processuali che la riguardavano;

    - in sede di emissione del decreto di citazione per il giudizio di appello era stato indicato nell’atto il medesimo recapito: tuttavia, l’ufficiale giudiziario restituiva l’atto, con l’osservazione che non era prevista la notifica in casella postale; in assenza di uno specifico provvedimento della Corte d’appello o del suo presidente, la cancelleria acquisiva quindi le informazioni anagrafiche, dalle quali risultava che l’indirizzo formale anagrafico era un indirizzo fittizio, predisposto dal Comune per i cittadini senza fissa dimora; in dichiarata applicazione dell’art. 161 c.p.p. la notificazione era allora eseguita presso il difensore d’ufficio: la Vitale non presenziava al dibattimento di appello;

    - la notifica dell’estratto contumaciale era eseguita sempre a mezzo posta e secondo l’originaria indicazione della casella postale: andava a buon fine, anche questa volta la Vitale ritirava la comunicazione e, nei termini, proponeva personalmente il ricorso per cassazione.

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    2.1 Tale singolare successione dei fatti procedimentali ha un contenuto dalla valenza più che solo suggestiva: invero, non può ritenersi solo mera circostanza di fatto, giuridicamente non rilevante, che la Vitale abbia avuto effettiva conoscenza ogniqualvolta sia stato utilizzato il recapito peculiare da lei fornito tempestivamente.

    Invero, tale circostanza - che in ogni caso per sè avrebbe giustificato comunque anche il tentativo di comunicazione a mezzo posta del decreto di citazione a giudizio di appello a quel recapito, dovendo sempre privilegiarsi il fine di assicurare l’effettiva conoscenza degli atti processuali essenziali, quale è certamente la partecipazione al giudizio, pure, se necessario, privilegiando accorgimenti informali il cui esito sia ragionevolmente prevedibile come positivo (del resto è questa la ratio di una norma come l’art. 420 ter, comma 2, c.p.p. ancorchè si tratti di scelta non suscettibile di contestazione o rivalutazione, anche in ossequio ai principi della legislazione europea e della giurisprudenza della Cedu) - finisce con l’avere nel processo de quo pure una rilevanza in termini di stretta legittimità.

    Non è necessario affrontare in questo caso la questione, certamente non agevole, dell’idoneità dell’indicazione del recapito di una casella postale ad integrare il domicilio dichiarato o eletto (la questione risulta trattata, ma solo come incidentale riferimento in fatto, da Sez. VI, ord. 10687 del 2006, in Italgiure-sentenze, tra l’altro in un caso che interessava il medesimo Centro studi di Pietrabuona): basti il cenno da un lato alla descrizione del servizio da parte di Poste italiane (La Casella Postale è il servizio di domiciliazione della corrispondenza dedicato, in modo particolare, ai clienti che necessitano di riservatezza e comodità di ritiro) e, dall’altro, al tendenziale contatto personale che l’art. 157 c.p.p. e comunque la disciplina notificatoria impongono, o quantomeno prevedono, in via preliminare.

    Infatti, nella fattispecie appare erronea l’applicazione dell’art. 161 c.p.p., in luogo dell’art. 159 c.p.p.; delle due, infatti, l’una: o l’indicazione della casella postale era idonea a configurare originariamente un domicilio dichiarato ed eletto, e la rinuncia a procedervi non poteva essere nella specie attribuita ad una sopravvenuta inidoneità o impossibilità, tale non essendo certo la scelta tecnica del singolo ufficiale giudiziario (irrilevante essendo che la stessa fosse o meno in ipotesi corretta); ovvero tale indicazione doveva considerarsi originariamente inidonea (ritenendosi giuridicamente irrilevante la sua comprovata efficacia in fatto), ma allora si sarebbe dovuto procedere alle ricerche ex art. 159 c.p.p. (ed eventualmente all’emissione del decreto di irreperibilità), attesa l’impossibilità di procedere ai sensi dell’art. 157 c.p.p..

    Da ultimo, l’eccezione è tempestiva, quanto avvenuto costituendo un caso di notifica eseguita sì in forme diverse da quelle prescritte, ma risultata inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputata (Sez. un., sent. 119 del 27 ottobre 2004 - 7 gennaio 2005). (Omissis)

    @CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. I, 15 luglio 2010, n. 27579 (ud. 23 giugno 2010). Pres. Chieffi – Est. Vecchio – P.M. Volpe (Conf.) – Ric. Cuppari

    Prova penaleApposizione di sigilliRimozioneIntervento dell’autorità giudiziaria nel procedimento di verificazione dei sigilliNecessitàLimiti.

    L’intervento dell’autorità giudiziaria nel procedimento di verificazione dei sigilli non è necessario al di fuori del caso in cui il pubblico ministero o il giudice debbano compiere uno specifico atto che comporti la rimozione dei medesimi. (Applicando tale principio al caso di specie, la Corte ha ritenuto che legittimamente la polizia giudiziaria proceda a verificare l’integrità dei sigilli precedentemente apposti dalla stessa su reperti che debbano essere sottoposti ad accertamenti tecnici ad opera di un altro organo di polizia giudiziaria, per incarico del pubblico ministero). (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 260; c.p.p., art. 261) (1)

    (1) Motivazione ineccepibile. In aggiunta all’esauriente panoramica giurisprudenziale riportata in motivazione si veda Corte appello Roma, 17 febbraio 1995, Carta, in Giur. merito 1995, 546 con nota di SANTACROCE.

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

    l. - Con ordinanza, deliberata il 26 gennaio 2010 e depositata il 4 febbraio 2010, il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario di Vibo Valentia 7 gennaio 2010 a carico di Placido Cuppari, indagato per il concorso nell’omicidio aggravato dai motivi, perpetrato in danno di Gaetano Navarra, in Joppolo, il 28 febbraio 2009, e pei connessi, concorrenti reati concernenti la detenzione e il porto illegali delle armi da sparo (due fucili)...

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