Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine591-628

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE sez. III, 28 settembre 2010, n. 20342. Pres. Preden – Est. Chiarini – P.M. Scardaccione (Conf.) – Ric. B.P. (Avv.ti contaldI e colombaro) c. p.g. (Avv.ti cersosImo e todeschInI)

Risarcimento del dannoValutazione e liquidazioneProva per presunzioniAmmissibilitàCondizioniFattispecie in tema di danno occorso all’inquilino a seguito di contatto elettrico.

Per far scattare il risarcimento è sufficiente la prova dell’idoneità di un fatto a provare un evento, che il danneggiato può fornire anche per presunzioni (art. 2729 c.c.) qualora non abbia la possibilità di darne dimostrazione diretta (Nel caso di specie è stata raggiunta la prova per presunzioni del danno fisico subìto dall’inquilino per una scossa elettrica occorsagli nel toccare una caffettiera elettrica posta all’interno dell’alloggio e collegata ad una presa di corrente difettosa; ciò in quanto il medico in sede di pronto soccorso, presso cui è stato ricoverato l’inquilino, aveva omesso di compilare un referto completo e specifico sui segni clinici riscontrati e sulle circostanze riferite dalla medesima parte lesa). (c.c., art. 2697; c.c., art. 2729) (1)

(1) Nulla in termini.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P. G. conveniva dinanzi al Tribunale di Asti B. P., proprietario dell’alloggio che aveva condotto in locazione, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni alla persona colpito da una scossa elettrica nel toccare una caffettiera elettrica posta all’interno dell’alloggio, oltre ai danni patrimoniali per la modifica dell’impianto di riscaldamento da comune ad individuale, disposta dal proprietario, con aumento dei costi di gestione, e a quelli all’appartamento da lui condotto in locazione.

Il Tribunale accoglieva la domanda condannando il B. P. a rimborsare al P. G. lire 51.000.000 sulle seguenti considerazioni: 1) il teste L. C., elettricista, aveva confermato che la presa della corrente a cui era collegata la macchina del caffè che aveva cagionato la scossa era difettosa ed il filo della terra era collegato a quello della fase sì che vi era il pericolo idoneo a cagionare il danno lamentato; 2) il contatore dell’impianto elettrico esistente nell’alloggio era privo di salvavita che avrebbe evitato l’incidente e pur se all’epoca l’installazione non era obbligatoria, il locatore aveva l’obbligo di controllare che l’impianto non fosse difettoso e perciò pericoloso e di controllarne il corretto funzionamento e poiché egli non aveva chiesto la prova liberatoria, rispondeva a titolo di colpa; 3) le circostanze addotte - grido del P. G. udito dalla teste L. C., umidità e sudore del P. G. essendosi l’incidente verificato ad agosto - provano l’avvenuta elettrolocuzione, causa anche della caduta da cui gli era derivata la frattura della spalla.

Con sentenza del 7 febbraio 2005 la Corte di Appello di Torino rigettava l’appello del soccombente sulle seguenti considerazioni: 1) la circostanza che la frattura della spalla del P. G. fosse stata provocata dalla caduta di un armadio che lo aveva colpito, non era provata; 2) il B. P. aveva ammesso che l’impianto elettrico era privo del salvavita e non ha contestato che la mancanza di esso aveva cagionato l’incidente e perciò tali fatti costituivano idonee presunzioni per la sua colpa contrattuale; 3) pertanto era irrilevante che la presa utilizzata fosse diversa da quella esaminata dall’elettricista e che la caffettiera fosse difettosa; 4) il nesso causale tra la folgorazione e la frattura è stato ritenuto dal primo giudice sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti non impugnate dal B. P., che si era limitato a chiedere di provare che la frattura dell’omero del P. G. poteva esser stata causata da altro evento traumatico, ma la prova non aveva dato esito positivo.

Ricorre per cassazione B. P. cui resiste P. G..

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. - Con il primo motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c. con riferimento agli artt. 116 e 244 c.p.c.”.

    A) La Corte pur ammettendo che non vi è prova certa della folgorazione, che doveva esser provata in modo rigoroso dal P. G. non dal medesimo affermata in base a deduzioni compatibili, assume che l’evento lesivo si è però verificato in conseguenza di essa ed in tal modo è stato violato l’art. 116 c.p.c.

    La censura è infondata.

    Va infatti affermato che è sufficiente la prova dell’idoneità di un fatto a provocare un evento, che il danneggiato può fornire anche con il ricorso alle presunzioni (art. 2729 c.c.), allorché egli non ha la possibilità di dare la prova diretta, come nel caso di specie, in cui il medico in sede di pronto soccorso ha omesso di compilare un referto completo e specifico sui segni clinici riscontrati e sulle circostanze riferite dal P. G..

    B) Il teste L. C. non poteva esprimere valutazioni tecniche sulla difettosità della presa e perfetta funzionalità della caffettiera, in violazione dell’art. 244 c.p.c.

    La censura, volta ad ottenere una diversa valutazione delle prove, è inammissibile.

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  2. - “Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. della sentenza impugnata per omessa e insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia”.

    I predetti punti sono censurabili anche come vizio di motivazione.

    La censura è infondata per le ragioni che precedono.

    C) Mancanza del salvavita.

    La prova che questa fosse la causa della folgorazione non è stata data né poteva fornirla il teste L. C.; inoltre la relativa installazione all’epoca non era obbligatoria e comunque se il P. G. aveva manomesso le prese di corrente nessuna colpa era ascrivibile al locatore.

    La censura è inammissibile perché il ricorrente non contesta l’affermazione della Corte di merito secondo cui - punto 2 della narrativa - il B. P. non ha impugnato in appello la statuizione del primo giudice di esistenza della sua colpa poiché la mancanza del salvavita aveva cagionato l’incidente, si che la relativa questione è preclusa.

  3. - 1. - Nullità assoluta della sentenza di primo grado per violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. e con riferimento agli artt. 132 e 161 c.p.c.”.

    La sentenza di primo grado è stata emessa da giudice diverso da quello designato e quindi anche la sentenza di secondo grado è nulla.

  4. - Con il terzo motivo deduce: “Inesistenza e/o nullità della sentenza di primo grado per violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento agli artt. 43 bis e 106 del R.D. n. 12/1941 e all’art. 25 Cost.”.

    L’art. 43 bis del predetto R.D. prevede che i giudici onorari possono tenere udienza soltanto nel caso di impedimento o mancanza dei giudici ordinari, previo decreto del Presidente del Tribunale, ma tale designazione del giudice di primo grado non risulta e ciò in contrasto anche con il disposto del giudice naturale precostituito per legge, con conseguente nullità della sentenza di primo grado e di tutti gli atti susseguenti.

    I motivi, proposti per la prima volta in questa sede, sono inammissibili perché a norma dell’art. 161 cod. proc. civ. le nullità della sentenza, anche insanabili, possono essere fatte valere solo con i mezzi di impugnazione e secondo le regole proprie di questi. Essendo le nullità riferite alla sentenza di primo grado, dovevano essere dedotte come specifico motivo di appello nell’atto di impugnazione.

  5. - Concludendo il ricorso va respinto.

    Il soccombente va condannato a pagare le spese del giudizio di cassazione. (Omissis)

    @CORTE DI CASSAZIONE CIVILE sez. III, 1 settembre 2010, n. 18989. Pres. Marrone – Est. Chiarini – P.M. Fedeli (parz. diff.) – Ric. Davì (Avv. Cannata) c. Milone ed altri (Avv. Schillaci)

    Prova civileDocumentaleFalso civileFoglio firmato in biancoRiempimento di un documento in modo difforme da quello pattuitoEccezioneOnere della provaPortataFattispecie in tema di mediazione.

    Colui che, riconoscendo di aver sottoscritto un documento, si duole del suo riempimento in modo difforme da quello pattuito, ha l’onere di provare la sua eccezione di abusivo riempimento “contra pacta” e, quindi, di inadempimento del mandato “ad scribendum” ovvero di non corrispondenza tra il dichiarato e ciò che si intendeva fosse dichiarato, perché - non potendo essere esclusa la provenienza del documento dal suo sottoscrittore - attraverso il patto di riempimento questi fa preventivamente proprio il risultato espressivo prodotto dalla formula che sarà adottata dal riempitore.(Fattispecie in tema di sottoscrizione di una scheda relativa al conferimento di incarico ad agenzia immobiliare). (c.c., art. 2697; c.c., art. 2702; c.p.,art. 486) (1)

    (1) Per utili riferimenti in argomento, cfr. Cass. 13 marzo 2009, n. 6167, in Ius&Lex dvd n. 5/10, ed. La Tribuna; Cass. 10 marzo 2006, n. 5245, ivi e Cass. 7 febbraio 2006, n. 2524, ivi.

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con citazione del 1989 Giovanni Davì, in qualità di titolare dell’agenzia Italcase, conveniva dinanzi al Tribunale di Catania Ada Prato ed Eugenio Romeo e Maria Nunzia Milone deducendo che aveva svolto attività di intermediazione per loro conto per la compravendita di un immobile, conclusa nell’ottobre 1988 e che le parti si erano obbligate a corrispondere la provvigione del 3%; conseguentemente chiedeva la condanna di ciascuna delle due parti a pagargli lire 4 milioni e cinquecento, oltre accessori.

    I convenuti contestavano la domanda: la Prato deduceva di aver messo in vendita l’immobile mediante inserzione sul giornale “esclusi intermediari”, ed i coniugi Romeo e Milone deducevano che nel visitare un altro appartamento la Italcase si fece rilasciare un foglio firmato totalmente in bianco e riempito senza accordi tra le parti.

    La domanda era accolta soltanto nei confronti di Romeo e Milone poiché il Tribunale, ravvisando la loro utilizzazione dell’attività dell’Italcase, li condannava equitativamente a pagare lire un milione.

    Con sentenza del 7 giugno 2005 la Corte di appello di Catania, in accoglimento dell’appello incidentale dei coniugi Romeo, escludeva che l’acquisto...

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