Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine891-931

Page 891

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. II, 28 settembre 2010, n. 35004 (ud. 8 giugno 2010). Pres. Sirena – Est. Prestipino – P.M. X (Conf.) – Ric. P.M. in proc. Z.A. ed altri

Limiti alla circolazioneZone a traffico limitatoVeicolo munito di contrassegno invalidiUtilizzo indebito parte di persona non titolare del contrassegnoReato di truffaConfigurabilitàEsclusioneIllecito amministrativo ex art. 188, comma 4, c.s.Sussistenza.

Non è configurabile il reato di truffa, bensì l’illecito amministrativo previsto dall’art. 188, comma 4, c.s., nella condotta di chi, utilizzando indebitamente il permesso invalidi rilasciato in favore di altra persona, abbia esibito il relativo contrassegno sul parabrezza dell’autovettura di cui aveva la disponibilità per accedere liberamente all’interno delle zone a traffico limitato e per percorrere le corsie preferenziali dell’area urbana. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 494; nuovo c.s., art. 188) (1)

    (1) Analogamente non costituisce truffa né tentativo di truffa l’esposizione sul parabrezza dell’autovettura di un falso contrassegno di assicurazione, atteso che il profitto derivante da una tale condotta è soltanto quello costituito dalla circolazione senza copertura assicurativa, senza che da ciò derivi alcuno spostamento di risorse economiche da parte del soggetto ipoteticamente truffato in favore dell’agente. In tal senso si sono espresse Cass. pen., sez. II, 10 giugno 2009, Albani, in questa Rivista 2009, 901; Cass. pen., sez. II, 12 ottobre 2006, Ricca, ivi 2007, 15 e Cass. pen., sez. VI, 17 ottobre 2001, Scopacasa, ivi 2002, 111. La Corte costituzionale con sentenza 21 luglio 2000, n. 328, ivi 2000, 735 ha dichiarato manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità dell’art. 188 c.s. nella parte in cui, regolamentando la circolazione e la sosta dei veicoli di persone disabili, escludono dal beneficio della sosta senza limiti di tempo i veicoli addetti al trasporto di cortesia di tali persone. Nella sentenza la Corte precisa che «L’art. 188 c.s., deve essere correttamente interpretato senza fermarsi al significato letterale delle parole, avendo riguardo allo scopo che intende perseguire ed alla connessione con le altre norme che disciplinano la stessa materia; che, sotto il primo aspetto, è indubbio che la norma impugnata intenda attribuire ai disabili un particolare beneficio di carattere personale che, perciò stesso, prescinde dal titolo in base al quale viene effettuato il trasporto degli stessi; che tale carattere essenzialmente personale del beneficio de quo è inequivocamente attestato dall’art. 381, secondo comma, reg. c.s., il quale dispone che il contrassegno invalidi da rilasciare alle persone handicappate con capacità di deambulazione ridotta è strettamente personale, non è vincolato ad uno specifico veicolo ed ha valore su tutto il territorio nazionale; che, conseguentemente, il testuale riferimento ai veicoli al servizio delle persone disabili, contenuto nell’art. 188 c.s., non può essere interpretato nel senso della implicita esclusione del trasporto di cortesia dal beneficio della sosta senza limiti temporali, in aree di parcheggio a tempo, ma nel ben diverso senso che il beneficio è limitato a quei veicoli che effettivamente trasportano la persona disabile e sono, quindi, in tal senso, al servizio della stessa.».

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, avverso la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste, emessa dal gip del locale tribunale il 28 maggio 2009, nei confronti di Z. A., M. E. e M. A., imputati dei reati di sostituzione di persona e truffa.

Secondo l’accusa, gli imputati avevano utilizzato indebitamente il permesso invalidi n. (omissis), rilasciato in favore di S. S., esibendo il relativo contrassegno sul parabrezza di un’autovettura di cui avevano la disponibilità per accedere liberamente all’interno delle zone a traffico limitato e per percorrere le corsie preferenziali dell’area urbana del Comune di (omissis), nonostante che la titolare del permesso non fosse a bordo dell’autovettura.

Per quel che riguarda il reato di cui all’art. 494 c.p., il gip ne escludeva la sussistenza sul rilievo dell’inidoneità della semplice apposizione del permesso invalidi su un’autovettura, a determinare la situazione di inganno rilevante ai fini della falsità personale.

Per quel che riguarda il reato di truffa, il gip procedeva anzitutto dalla considerazione che il meccanismo di rilevazione degli accessi a zone a traffico limitato, in uso presso il Comune di (omissis), non consentiva l’identificazione del conducente, né la verifica della presenza del contrassegno invalidi sul parabrezza dell’autovettura interessata dal controllo.

Ma riteneva, inoltre, il giudicante, che non fosse necessaria la presenza della S. in occasione dell’utilizzazione dell’autovettura, dal momento che l’uso di un mezzo al servizio dell’invalido, come regolato dall’art. 188 c.s., e dall’art. 381 del relativo regolamento, comprenderebbe il soddisfacimento di qualunque esigenza del soggetto handicappato, come l’acquisto di medicinali o di generi alimentari.

L’assenza dell’invalido non poteva quindi ritenersi decisiva, essendo mancato nella specie qualunque accertamento sugli scopi degli accessi, che consentisse di escludere il loro collegamento con le esigenze dell’invalido.

Il gip considerava conclusivamente del tutto insufficienti a sostenere l’accusa in giudizio gli elementi di prova acquisiti agli atti.

Il Pg territoriale deduce il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza impugnata, inPage 892 relazione alle norme del codice della strada che regolano la concessione e l’utilizzazione di veicoli al servizio di persone invalide.

Rileva il requirente che l’uso dei relativi permessi deve ritenersi strettamente personale, e che l’“usurpazione” di permessi altrui con la fraudolenta esibizione del relativo contrassegno, non può ritenersi compreso nel sistema sanzionatorio di cui all’art. 188 co. 5 c.s., sconfinando in questo caso, la condotta del conducente, nelle contestate ipotesi di reato.

Va premesso che il ricorso del PG è poco più che accademico, perché, come non manca di sottolineare la sentenza impugnata, gli elementi raccolti dall’accusa sarebbero comunque insufficienti a sollecitare il vaglio dibattimentale delle ipotesi di reato contestate agli imputati.

Il gip opportunamente osserva al riguardo, senza che il requirente interloquisca in alcun modo sul punto, che il meccanismo di rilevazione del traffico veicolare in uso presso il Comune di (omissis) non consente l’identificazione del conducente, né la riproduzione dell’immagine di contrassegni esposti sul parabrezza delle autovetture controllate.

Sotto il primo aspetto, l’accusa appare quindi indebitamente “cumulativa”, investendo indiscriminatamente tutti i soggetti che avevano la disponibilità dell’autovettura al servizio della S.; sotto il secondo aspetto, nemmeno è certo che in occasione degli accessi alle zone a traffico limitato l’autovettura in questione presentasse esposto sul parabrezza il premesso invalidi oggetto, in ipotesi, di fraudolenta utilizzazione.

Ma le deduzioni del requirente appaiono non condivisibili anche in punto di teorica rilevanza penale delle condotte contestate agli imputati.

Si può solo convenire con il PG ricorrente sull’eccessiva latitudine dell’uso legittimo di un’autovettura al servizio di invalidi nell’interpretazione che il gip ha proposto delle relative norme del codice della strada.

Tanto l’art. 188 c.s., che l’art. 381 del relativo regolamento, fanno infatti espresso ed esclusivo riferimento, nel presupposto della prova di una sensibile riduzione della capacità di deambulazione dell’interessato, all’esigenza di consentire e agevolare la “mobilità” delle persone invalide.

E, come ricorda il requirente, la Corte costituzionale, occupandosi dell’art. 188 c.s., ha avuto modo di affermare che la norma deve essere interpretata nel senso che le agevolazioni nella circolazione stradale siano limitate a quei veicoli che effettivamente trasportano la persona disabile e sono, quindi, in tal modo al servizio della stessa, anche quando si tratti di veicoli addetti al trasporto di cortesia dell’invalido (Corte cost. 328/2000).

La pronuncia del giudice delle leggi e la retta interpretazione della normativa nel senso indicato dal requirente, non consentono però ugualmente di ravvisare gli estremi dei reati in contestazione.

Ed invero, per quel che riguarda l’ipotesi della sostituzione di persona, basti considerare che la condotta di reato non potrebbe essere integrata dalla semplice esibizione, sul parabrezza di un’autovettura, del contrassegno invalidi, perché essa non implica una “dichiarazione” di attestazione della presenza del titolare del permesso a bordo dell’autovettura medesima, come presupposto dell’auto-attribuzione della qualità di “accompagnatore” da parte del conducente.

Quanto al reato di truffa, varrebbe già la considerazione della specifica natura degli interessi patrimoniali coinvolti nella vicenda, e delle particolari modalità della condotta presuntivamente truffaldina, potendosi richiamare, al riguardo, l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte a proposito dell’analoga fattispecie dell’esposizione sul parabrezza di un’autovettura, di un contrassegno assicurativo materialmente falsificato (cfr. Corte di Cassazione n. 23941 del 30 aprile 2009 Albani).

Anche nel caso in esame, infatti, manca, come requisito implicito della fattispecie tipica del reato di truffa, l’atto di disposizione patrimoniale che costituisce l’elemento intermedio derivante dall’errore ed è causa dell’ingiusto profitto con altrui danno.

Ciò perché, pur ammettendosi la configurabilità di un atto dispositivo di carattere omissivo, l’atto di disposizione patrimoniale non potrebbe essere ravvisabile nel fatto che...

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