Sentenza nº 332 da Constitutional Court (Italy), 24 Novembre 2010

RelatoreLuigi Mazzella
Data di Resoluzione24 Novembre 2010
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 332

ANNO 2010

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo DE SIERVO Presidente

- Paolo MADDALENA Giudice

- Alfio FINOCCHIARO “

- Alfonso QUARANTA “

- Franco GALLO “

- Luigi MAZZELLA “

- Gaetano SILVESTRI “

- Sabino CASSESE “

- Maria Rita SAULLE “

- Giuseppe TESAURO “

- Paolo Maria NAPOLITANO “

- Giuseppe FRIGO “

- Alessandro CRISCUOLO “

- Paolo GROSSI “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 11, comma 5, e 57, comma 1, della legge della Regione Marche 22 dicembre 2009, n. 31 (Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012 della Regione – Legge Finanziaria 2010), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19-23 febbraio 2010, depositato in cancelleria il 25 febbraio 2010 ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2010.

Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l’avvocato dello Stato Amedeo Elefante per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli articoli 117, commi primo, secondo lettera l), e terzo, e 120, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11, comma 5, e 57, comma 1, della legge della Regione Marche 22 dicembre 2009, n. 31 (Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012 della Regione – Legge Finanziaria 2010).

    1.1. – Quanto all’art. 11, comma 5, della citata legge regionale, il ricorrente afferma che la norma censurata dispone che le risorse destinate al finanziamento del trattamento economico accessorio del personale addetto alle segreterie particolari dei componenti della Giunta regionale, dei componenti l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa regionale, del personale dei gruppi politici, degli assistenti dei consiglieri regionali e degli autisti hanno carattere di certezza, stabilità e continuità e confluiscono tra quelle di cui all’art. 31, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 2002-2003. Quest’ultimo stabilisce che l’importo è suscettibile di incremento in base a specifiche disposizioni contrattuali, nonché per effetto di ulteriori applicazioni della disciplina di cui all’art. 15 del contratto collettivo del 1º aprile 1999, limitatamente, però, agli effetti derivanti dall’incremento delle risorse aggiuntive.

    Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 11, comma 5, della legge della Regione Marche n. 31 del 2009, stabilizzando, in modo generico, le risorse destinate al trattamento accessorio del personale da esso menzionato, interverrebbe in una materia riservata alla contrattazione collettiva e si porrebbe in contrasto con le disposizioni contenute nel Titolo III del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che disciplina le procedure da seguire in sede di contrattazione e prevede l’obbligo del rispetto della normativa contrattuale, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di ordinamento civile.

    1.2. – Con riferimento alle questioni relative all’art. 57, comma 1, della legge della Regione Marche n. 31 del 2009, il ricorrente premette che tale norma dispone che, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) e secondo quanto previsto dal Piano energetico ambientale regionale (PEAR), approvato con deliberazione 16 febbraio 2005, n. 175, gli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse da autorizzare nel territorio regionale devono possedere le seguenti caratteristiche: a) capacità di generazione non superiore a 5 MW termici; b) autosufficienza produttiva mediante utilizzo di biomasse locali o reperite in ambito regionale; c) utilizzazione del calore di processo, in modo da evitarne la dispersione nell’ambiente.

    Così disponendo il legislatore regionale avrebbe ecceduto dalla propria competenza legislativa, invadendo quella statale in riferimento ai principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

    Infatti, la disposizione censurata, stabilendo che gli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse da autorizzare nel territorio regionale debbano, tra l’altro, possedere capacità di generazione non superiore a 5 MW termici, si porrebbe in contrasto con il citato art. 5, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 387 del 2003 (qualificabile come principio fondamentale), il quale, in ordine alla valorizzazione energetica delle biomasse, si limita a prevedere la possibilità di individuare le condizioni per la promozione prioritaria degli impianti cogenerativi di potenza elettrica inferiore a 5 MW, mentre la norma regionale impugnata non stabilisce criteri di promozione prioritaria, bensì limiti dimensionali cogenti, ponendosi in contrasto anche con i principi di cui all’art. 6 della direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità).

    Inoltre, la norma impugnata contrasterebbe con il principio di libertà dell’attività di produzione dell’energia elettrica – sancito all’art. 1 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica) – perché stabilisce un divieto di autorizzazione di impianti a biomassa (di generazione superiore a 5 MW termici, che non abbiano autosufficienza produttiva mediante utilizzo di biomasse locali o reperite in ambito regionale e che non siano cogenerativi) che non trova (né potrebbe trovare) riscontro nella normativa di livello comunitario e nazionale. Infatti, da un lato, divieti generali per l’utilizzo di determinate fonti rinnovabili sono in contrasto con il predetto principio e, dall’altro, eventuali restrizioni o divieti di utilizzo, per essere compatibili anche con il principio comunitario di libera circolazione delle merci, devono fondarsi su criteri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità in relazione a problemi di salute pubblica o ambientali, da valutarsi comunque nell’ambito dell’istruttoria per i singoli procedimenti amministrativi.

    Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri sussisterebbe, inoltre, lesione dell’art. 117, primo comma, Cost., perché l’art. 57, comma 1, della legge della Regione Marche n. 31 del 2009 si porrebbe in contrasto con l’ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e tutela della concorrenza, violando gli artt. 43 e 81 del Trattato 25 marzo 1957 che istituisce la Comunità europea, i quali vietano, rispettivamente, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro e gli accordi consistenti nel limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti.

    Conseguentemente sussisterebbe contrasto anche con l’art. 120, primo comma, Cost., che fa espressamente divieto al legislatore regionale di adottare provvedimenti che ostacolino, in qualsiasi modo, la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni o che limitino l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

  2. – La Regione Marche si è costituita in giudizio e ha chiesto che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o infondate.

    2.1. – Ad avviso della Regione, la questione relativa all’art. 11, comma 5, della legge della Regione n. 31 del 2009 sarebbe inammissibile perché il ricorrente in realtà prospetterebbe due distinte censure fondate su ricostruzioni dell’assetto costituzionale delle competenze legislative tra esse incompatibili: la prima, secondo la quale si verterebbe in una materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato, con conseguente difetto assoluto di potestà legislativa in capo alle Regioni; la seconda, basata sull’asserito contrasto in concreto tra la norma impugnata e la disciplina statale, presupponente invece il riconoscimento di uno spazio di operatività a favore della legislazione di fonte regionale.

    Un ulteriore motivo di inammissibilità è ravvisato dalla difesa della Regione nella genericità della deduzione dell’asserito contrasto con le disposizioni contenute negli artt. 40 ss. del d.lgs. n. 165 del 2001 e nella mancata individuazione del precetto costituzionale rispetto al quale quelle disposizioni assumerebbero natura di parametro interposto, non potendo valere, al riguardo, l’invocazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché tale...

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