Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine843-875

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. VI, 6 luglio 2010, n. 25789 (ud. 17 marzo 2010) Pres. Di Virginio – Est. Conti – P.M. (conf.) – Ric. Malerba

Stupefacenti – Induzione all’uso – Induzione – Mero possesso di semi di canapa – Liceità – Possesso accompagnato a materiale funzionale alla coltivazione – Illiceità.

Il mero possesso di semi di canapa non aventi contenuto stupefacente, fatto di per sè non sufficiente ad integrare alcun reato contemplato dalla legge, se è accompagnato alla detenzione di materiale funzionale alla coltivazione (nel caso di specie opuscoli, prodotti per il fumo, accessori per la coltivazione e altro), costituisce prova dell’attività di induzione prevista e punita ex art. 82 d.p.r. n. 309 del 1990. (Mass. Redaz.) (d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 82) (1)

    (1) In aggiunta ai precedenti citati in motivazione si veda la recente Cass. pen., sez. VI, 5 ottobre 2009, Barsotti, in Ius&Lex dvd n. 4/10, ed. La Tribuna, secondo la quale integra il delitto di istigazione all’uso di sostanze stupefacenti la condotta di messa in vendita, contestualmente, di semi di canapa indiana e di libri e dvd illustrativi della loro coltivazione, qualora le modalità di consumazione possano ritenersi in concreto idonee ad indurre i destinatari dell’offerta all’utilizzo della sostanza o alla sua coltivazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani rigettava l’opposizione di Paolo Malerba contro il rigetto da parte del pubblico ministero in sede della richiesta di restituzione di semi di canapa sequestrati al medesimo in data 25 settembre 2008 a fini probatori in relazione al reato di cui all’art. 82 del d.p.r. n. 309/1990 (in Ruvo di Puglia, il 25 settembre 2008).

Rilevava il G.i.p. che i semi in questione, unitamente al resto del materiale sequestrato nel negozio del Malerba, costituito essenzialmente da opuscoli, prodotti per il fumo, accessori per la coltivazione e altro, dovevano ritenersi rilevanti ai fini della prova del reato ipotizzato, così come già affermato dal Tribunale del riesame di Bari con ordinanza in data 16 ottobre 2008.

Ricorre per cassazione il Malerba di persona, denunciando con due motivi la violazione di legge e il vizio di motivazione, osservando, in primo luogo, che erroneamente il Tribunale non aveva preso in considerazione l’ordinanza del Tribunale del riesame di Ferrara che, in caso del tutto analogo, che pure lo coinvolgeva come indagato, aveva accolto la sua domanda di restituzione di semi di canapa a suo tempo sequestratigli, e, inoltre, che la mera messa in vendita di semi di canapa e di altri oggetti funzionali alla coltivazione non integrava il reato di istigazione all’uso illecito di sostanze stupefacenti, trattandosi di condotta meramente preparatoria alla coltivazione.

Osserva la Corte che il ricorso è infondato. È vero che il mero possesso di semi di canapa, non aventi contenuto stupefacente, non integra alcun reato contemplato dalla legge (v. Cass. pen., sez. IV, 4 dicembre 2008, Zago), ma essi però possono rivestire, in correlazione alle altre cose sequestrate (in particolare, opuscoli illustrativi delle modalità di coltivazione di piante di cannabis, prova dell’attività di induzione ex art. 82 d.p.r. n. 309 del 1990 (v. fra le tante Cass. pen., sez. VI, 24 settembre 2009, Barsotti; Cass. pen., sez. IV, 20 maggio 2009, Pesce; Id., 20 maggio 2009, Malerba; Id., 23 marzo 2004, D’Angelo); e ciò è stato legittimamente ritenuto nell’ordinanza impugnata.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. VI, 2 luglio 2010, n. 25150 (ud. 19 aprile 2010). Pres. Serpico – Est. Conti – P.M. (conf.) – Ric. Harem

Stupefacenti – Misure di sicurezza – Espulsione dello straniero – Normativa di cui all’art. 86 T.U. stupefacenti – Natura speciale – Conseguenza – Fattispecie.

La misura dell’espulsione prevista dall’art. 86 del T.U. sugli stupefacenti approvato con d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 ha natura speciale, tanto da potere essere disposta anche nei confronti del cittadino comunitario, sicché su essa non interferisce la diversa regolamentazione contenuta nella legge n. 286 del 1998. (Nel caso di specie l’imputato aveva contestato l’illegittimità dell’ordine di espulsione, per violazione dell’art. 19, comma 2, lett. c), del D.L.vo n. 286 del 25 luglio 1998, in quanto coniugato con cittadina di nazionalità italiana e con essa convivente). (Mass. Redaz.) (d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 86; d.l.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 19) (1)

    (1) Di interesse Cass. pen., sez. IV, 16 giugno 2004, Hatta Abderrazzak, pubblicata per esteso in questa Rivista 2004, 1087. Secondo tale precedente non può validamente invocarsi, da parte dello stranieroPage 844 che si sia posto nella condizione di essere sottoposto alla misura di sicurezza dell’art. 86 del T.U., l’esigenza di tutela dell’unità della famiglia sul presupposto di essere regolarmente coniugato con persona avente la cittadinanza di uno dei Paesi che fanno parte dell’Unione europea.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza in data 20 novembre 2006 del Tribunale di Milano, appellata, tra l’altro, da Moustapha Harem, condannato alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 3.000 di multa, con la espulsione dal territorio dallo Stato, in quanto responsabile del reato di cui all’art. 73 del d.p.r. n. 309 del 9 ottobre 1990, ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al comma 5 del predetto decreto, per avere, in concorso con Ahmed Wahmane, ceduto gr. 0,30 di eroina a terzi (in Milano, il 30 ottobre 2006).

Rilevava tra l’altro la Corte di appello che doveva essere confermato l’ordine di espulsione dal territorio dello Stato dell’imputato; che non potevano essere riconosciute le attenuanti generiche in considerazione della sua condizione di irregolare; e che il trattamento sanzionatorio era conforme alla entità del fatto.

Ricorre per cassazione di persona l’imputato, deducendo:

  1. Illegittimità dell’ordine di espulsione, per violazione dell’art. 19, comma 2, lett. c), del D.L.vo n. 286 del 25 luglio 1998, in quanto anche egli, al pari del coimputato Wahmane (cui tale misura era stata revocata dalla Corte di appello), era coniugato con cittadina di nazionalità italiana (omissis) e con essa convivente, come da documentazione allegata al ricorso.

  2. Illegittimità del diniego delle attenuanti generiche, non ostandovi la sua condizione di irregolare; e trattamento sanzionatorio eccessivamente rigoroso, essendo la pena stata fissata ben al di sopra dei limiti edittali.

    Ad avviso della Corte il ricorso è infondato.

    Con riferimento al primo motivo, premesso che non può essere considerata la documentazione allegata al ricorso, che l’imputato avrebbe dovuto produrre nel corso del giudizio di merito, va rilevato che correttamente è stata disposta l’espulsione dello Harem dal territorio dello Stato in forza dell’art. 86 del T.U. sugli stupefacenti, misura basata dal giudice di primo grado su un giudizio di attuale pericolosità sociale in considerazione dei numerosi precedenti penali e di polizia e della condizione di straniero irregolare privo di attività lavorativa; considerazioni, queste, su cui l’imputato non ha espresso rilievi.

    Non rileva che con riguardo al coimputato tale misura sia stata (erroneamente) revocata sulla base del disposto dell’art. 19, comma 2, lett. c), del D.L.vo n. 286/98 e in considerazione del fatto che il medesimo risultava coniugato e convivente con persona di nazionalità italiana, dato che la misura dell’espulsione prevista dall’art. 86 d.p.r. n. 309/90 ha natura speciale, tanto da potere essere disposta anche nei confronti del cittadino comunitario (v. Cass., sez. I, 18 gennaio 2008, Grosso), sicché su essa non interferisce la diversa regolamentazione contenuta nella legge n. 286/98.

    Quanto al secondo motivo, va osservato che il diniego delle attenuanti generiche e il trattamento sanzionatorio sono stati correttamente motivati non solo in considerazione della condizione di straniero irregolare privo di regolare lavoro, circostanza comunque valutabile nell’ambito dei parametri di cui all’art. 133 c.p., ma anche in relazione ai numerosi e specifici precedenti penali.

    Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)

    @CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. V, 3 giugno 2010, n. 21008 (ud. 10 febbraio 2010). Pres. Calabrese – Est. Scalera – P.M. Iacoviello (diff.) – Ric. X

    Acque pubbliche e private – Concessione e derivazione – Impossessamento abusivo di acque pubbliche a scopo industriale – Illecito penale – Esclusione – Illecito amministrativo – Fondamento – Ragioni.

    L’impossessamento abusivo di acque pubbliche a scopo industriale integra esclusivamente un illecito amministrativo ed è attualmente punito solo con la sanzione amministrativa di cui all’art. 23 del D.L.vo 152/99, e non anche a titolo di furto, ex art. 624 c.p., poichè, attesa la specialità del citato art. 23 rispetto alla disposizione codicistica, prevale la norma speciale su quella generale. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 624; d.l.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 23) (1)

      (1) Principio pacifico.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

  3. Ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 17 ottobre 2008, che aveva confermato la condanna pronunciata nei suoi confronti in primo grado per il delitto di furto aggravato di acqua, secondo l’ipotesi di accusa da lui prelevata abusivamente dalla condotta comunale con un allacciamento non autorizzato.

    La corte territoriale aveva riconosciuto che effettivamente l’imputato da ben più di un anno aveva presentato al Comune regolare istanza di allacciamento, pagando anche la somma dovuta, e che aveva comunque installato un contatore per...

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