Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine375-394

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE sez. III, 11 maggio 2010, n. 11371. Pres. Varrone – Est. Filadoro – P.M. Golia (parz. diff.) – Ric. Romagna Est Banca di Credito Cooperativo S.c. (Avv. Fonti) c. Delta di Ferri Silvano e c. S.A.S. (Avv.ti Lorenzoni e Paglierani)

Contratti in genere – Contratto preliminare (compromesso) – Data di stipulazione del contratto definitivo – Ingiustificato ritardo nella fissazione del detto termine – Determinazione ad opera del Giudice – Fattispecie

Ai sensi dell’art. 1183 c.c., che trova applicazione anche con riguardo all’adempimento del contratto preliminare, la regola dell’immediata esigibilità della prestazione opera con esclusivo riguardo al caso della mancata determinazione del tempo della medesima, mentre quando il termine non sia stato fissato, essendosene rimessa l’individuazione alla volontà di una delle parti, spetta al Giudice – con apprezzamento di fatto che si sottrae a controllo di legittimità se correttamente e congruamente motivato – di stabilirlo secondo le circostanze (Sulla scorta del riferito principio di diritto la S.C. ha quindi cassato la sentenza di merito per avere i giudici di appello erroneamente ritenuto che la mancanza di un preciso accordo sul termine entro il quale perfezionare il contratto definitivo fosse, di per sé, sufficiente ad escludere l’esistenza di un contratto preliminare avente ad oggetto il contratto definitivo di locazione). (c.c., art. 1183) (1)

    (1) Cass. 10 dicembre 2001, n. 15587, in Arch. civ. 2001, 1108 e Cass. 28 novembre 1992, n. 12744, ivi 1993, 981.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 8 ottobre 2004 – 20 gennaio 2005 la Corte d’appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale di Rimini del 14-25 novembre 2003, la quale – accertato che il contratto di locazione stipulato da Delta s.a.s. con Romagna Est Banca di Credito Cooperativo s.c.a.r.l. relativo ad un fabbricato urbano, ad uso commerciale, in Santarcangelo di Romagna, era cessato in data 31 dicembre 2001, condannava la Banca convenuta al rilascio dell’immobile, fissando – per la esecuzione – la data del 28 febbraio 2004.

La Corte territoriale – sulla base delle risultanze istruttorie – confermava quanto già accertato dal primo giudice e cioè che le parti, nell’accordo del 9 novembre 2001, non avevano stipulato un nuovo contratto di locazione né un preliminare, essendosi invece limitate a predisporre una “puntuazione orale” dello schema del contratto da rinnovare, fissando solo alcuni punti delle nuove condizioni contrattuali e con il preciso accordo di incontrarsi nuovamente, per sottoscrivere un contratto.

La circostanza che la Banca avesse, in quella occasione, versato l’importo di euro 170.430,78, pari a cinque annualità del canone concordato, non era ritenuta – dai giudici di appello – rilevante ai fini esposti dalla Banca, considerato che la Delta aveva accettato l’importo versato, a titolo di danni, per il pregiudizio causato alla stessa dal mancato rilascio dell’immobile nel termine di cui alla lettera di recesso.

I giudici di appello sottolineavano che lo stesso rappresentante della Banca, da un lato, aveva riconosciuto che dopo l’incontro del 9 novembre 2001, era stato raggiunto l’accordo con il legale rappresentante della società locatrice, dall’altro, aveva precisato che l’intesa era che le parti si sarebbero scambiate “un reciproco benestare via fax, in attesa di formalizzare il contratto”.

Tutto ciò dimostrava chiaramente che l’accordo del 9 novembre 2001 non era considerato dalla Banca come definitivo.

Da ultimo, la Corte territoriale escludeva che i patti verbali del 9 novembre 2001 potessero – comunque configurare un contratto preliminare di locazione, in mancanza di un preciso ed esplicito accordo sul termine entro il quale si sarebbe dovuto stipulare il contratto definitivo.

Avverso tale decisione la Romagna Est – Banca di Credito Cooperativo s.c. – ha proposto ricorso per cassazione, sonetto da tre distinti motivi di ricorso, illustrato da memoria.

Resiste la Delta s.a.s. con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce errata interpretazione e, quindi, falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 1362 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.).

La Banca convenuta aveva chiesto in via riconvenzionale l’accertamento del perfezionamento di un nuovo contratto di locazione, concluso oralmente in data 9 novembre 2001, o – in subordine – l’emissione di una sentenza costitutiva, ai sensi dell’art. 2932 c.c., che tenesse conto del contratto definitivo non concluso per inadempimento della promettente locatrice.

In base a tale accordo, le pattuizioni già concordate a livello verbale, avrebbero dovuto essere riportate in un apposito atto scritto, entro la data di decorrenza del contratto stabilita il 1° gennaio 2002, previo scambio di note scritte che confermassero il raggiungimento dell’accordo.

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In pratica, il c.d. “benestare” non aveva altra funzione che quella meramente ricognitiva di un accordo già raggiunto, valido e vincolante.

Ciò nonostante, dopo aver raggiunto l’accordo e accettato l’importo di euro 170.430,78 (corrispondente ai canoni anticipati per cinque annualità) la proprietaria aveva disatteso gli impegni assunti, intimando lo sfratto per finita locazione, dichiarando di trattenere la somma corrisposta dalla conduttrice, a titolo di pagamento canoni per il periodo di ulteriore godimento dell’immobile e per i danni connessi al mancato rilascio nel termine indicato nella lettera di recesso.

I giudici di appello confermavano la decisione di primo grado, la quale aveva escluso che le parti avessero concluso sia un nuovo contratto di locazione che un preliminare, ritenendo poi che il pagamento della somma sopra indicata trovasse una sua giustificazione nelle causali indicate dalla stessa locatrice.

In tal modo, la Corte territoriale, ad avviso della ricorrente, sarebbe incorsa nei vizi di motivazione e di violazione di norme di legge denunciate.

Il motivo è inammissibile. Con motivazione adeguata, la Corte territoriale ha accertato che la intesa raggiunta tra le parti, nell’incontro del 9 novembre 2001, costituiva una puntuazione dell’accordo definitivo che le parti avrebbero dovuto successivamente sottoscrivere, non potendosi ritenere formata una volontà attuale di dare un regolamento definitivo del rapporto.

Tale accertamento, secondo la giurisprudenza di questa Corte, costituisce apprezzamento riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione (Cass. 4 febbraio 2009 n. 2720).

Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 116 c.p.c. in ordine alla valutazione delle risultanze processuali (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.).

L’interrogatorio formale reso dal Presidente della Banca e le dichiarazioni del teste Dominici, all’epoca consulente della Delta s.a.s. confermavano che al termine dell’incontro del 9 novembre 2001 il contratto di locazione doveva intendersi definitivamente concluso.

Anche questo motivo si rivela inammissibile. La valutazione compiuta dalla Corte territoriale sfugge a qualsiasi censura, sotto il profilo del vizio di motivazione, in quanto sorretta da motivazione congrua, immune da vizi logici ed errori giuridici.

Infatti, i giudici di appello hanno dato una loro interpretazione delle risultanze processuali, concludendo che le stesse dichiarazioni rese dal legale rappresentante della Banca confermavano che non era stato raggiunto un accordo definitivo, poiché la “intesa era, tuttavia, che le parti si sarebbero scambiate un reciproco benestare via fax, in attesa di formalizzare il contratto; il che dimostra che l’accordo del 9 novembre 2001 non era considerato dalla stessa Banca come definitivo”.

Si tratta, come appare evidente, di una valutazione insindacabile, perché adeguatamente motivata appare la conclusione che la intesa raggiunta dalle parti non aveva ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta la intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare soltanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, ancorché riportati in apposito documento (cosiddetta “minuta” o “puntuazione”), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori, con la precisazione che, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale, può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale, effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e seguenti, è rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 20 giugno 2006 n. 14267 e 18 gennaio 2005 n. 910, 7 aprile 2004 n. 6871).

Con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 1183 c.c. (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.).

La sentenza impugnata era incorsa in evidente contraddizione, affermando che l’accordo non integrava neppure gli estremi di un preliminare di locazione, in mancanza di un accordo preciso sul termine entro il quale si sarebbe dovuto stipulare il contratto definitivo.

Poiché, in effetti, il contratto di locazione – redatto in forma scritta – doveva essere concluso al più tardi entro la data del 1° gennaio 2002, non vi era dubbio, sottolinea la ricorrente, che il contratto definitivo avrebbe dovuto essere concluso entro tale data.

In via del tutto subordinata, la mancata fissazione di un termine in sede convenzionale o giudiziale, entro il quale concludere il contratto definitivo...

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