Sentenza nº 282 da Constitutional Court (Italy), 23 Luglio 2010

RelatoreAlessandro Criscuolo
Data di Resoluzione23 Luglio 2010
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 282

ANNO 2010

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA “

- Alfio FINOCCHIARO “

- Alfonso QUARANTA “

- Franco GALLO “

- Luigi MAZZELLA “

- Gaetano SILVESTRI “

- Sabino CASSESE “

- Maria Rita SAULLE “

- Giuseppe TESAURO “

- Paolo Maria NAPOLITANO “

- Giuseppe FRIGO “

- Alessandro CRISCUOLO “

- Paolo GROSSI “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), come sostituito dall’art. 14 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, promosso dal Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, nel procedimento penale a carico di G. D., con ordinanza del 12 ottobre 2009, iscritta al n. 314 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 giugno 2010 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto in fatto

  1. — Il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe ha sollevato, in riferimento agli articoli 25, secondo comma, e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), come sostituito dall’articolo 14 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, in relazione all’art. 5, terzo comma, prima parte, della stessa legge n. 1423 del 1956.

    Il rimettente premette di essere chiamato a giudicare in un procedimento penale a carico di G. D., arrestato in flagranza del reato previsto e punito dalla norma censurata e tratto a giudizio con rito direttissimo per avere, «quale soggetto sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Andria, in forza del decreto n. 5/06 M. P. emesso in data 11.1.2006 dal Tribunale di Bari, violato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, le prescrizioni di cui al punto n. 4 del citato decreto e cioè quelle di “vivere onestamente, rispettare le leggi dello Stato e non dare ragione alcuna di sospetto in ordine alla propria condotta” e precisamente perché: 1) si poneva alla guida di un ciclomotore senza aver conseguito il previsto certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori e senza essere munito di patente perché revocata; 2) si poneva alla guida dello stesso ciclomotore senza indossare il casco protettivo; 3) transitava nella zona battuta da spacciatori e tossicodipendenti, così dando ragione di sospetto con la propria condotta».

    Il giudice a quo prosegue esponendo che, all’esito della convalida dell’arresto, l’imputato ha formulato richiesta di giudizio abbreviato, che è stato disposto.

    Nell’ambito di tale giudizio il difensore ha sollevato questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost. – dell’art. 9 della legge n. 1423 del 1956, nella parte in cui, richiamando il dettato dell’art. 5 della stessa legge, sanziona la prescrizione di «rispettare le leggi».

  2. — Tanto premesso, il giudicante osserva che «l’art. 9, 2° comma, L. 1423/1956, come modificato dall’art. 14 D. L. 144/2005, si pone in contrasto sia con l’art. 25, 2° comma, che con l’art. 3 della Costituzione facendo emergere due profili autonomi e distinti di illegittimità costituzionale».

    Ad avviso del giudice a quo, in relazione al contrasto con l’art. 25, secondo comma, Cost., il detto art. 9, nella parte in cui sanziona penalmente l’inosservanza della prescrizione prevista nell’art. 5, terzo comma, della stessa legge n. 1423 del 1956, cioè quella di “vivere onestamente, di rispettare le leggi e non dare ragione di sospetti”, violerebbe il principio di tassatività sancito, in modo implicito ma certo, dal citato art. 25 Cost., «quale corollario e completamento logico dei princìpi della riserva di legge e della irretroattività».

    Il detto principio di tassatività imporrebbe la tipizzazione e la determinatezza della fattispecie di reato, affinché la condotta sanzionata penalmente possa essere sempre individuata, o, comunque, individuabile con sicurezza.

    Tuttavia, l’obbligo di vivere onestamente, di rispettare le leggi e non dare ragione di sospetti, pur essendo compreso tra le prescrizioni imposte al sorvegliato speciale, costituirebbe un obbligo di carattere generale, concernente tutta la collettività, non riferibile specificamente al detto soggetto. Pertanto, proprio per la sua portata generale, l’obbligo indicato non potrebbe individuare una prescrizione a contenuto precettivo, tipico e specifico, della misura della sorveglianza speciale, onde non sarebbe possibile riconoscere con precisione la condotta idonea ad integrare il reato di violazione della sorveglianza speciale, dato il carattere vago ed indeterminato degli elementi utilizzati per la tipizzazione della fattispecie.

    Infatti, andrebbe definito il concetto di “vivere onestamente” e sarebbe necessario stabilire le leggi di cui si impone il rispetto; inoltre bisognerebbe chiedersi quali siano i comportamenti idonei a generare ragioni di sospetto.

    Il rimettente richiama, poi, l’ordinanza di questa Corte n. 354 del 2003 e, pur rimarcando che essa dichiarò inammissibile, per difetto di rilevanza in quella fattispecie, la questione di legittimità costituzionale della norma in questa sede censurata in riferimento all’art. 25, secondo comma, Cost., pone in evidenza quanto si legge in detto provvedimento, cioè che «l’art. 5 prevede – accanto a specifiche e qualificate condotte che configurano altrettanti e ben precisi “obblighi”, tutti puntualmente circoscritti nominatim dalla previsione di legge la quale evidentemente assume in parte qua valore precettivo – alcune prescrizioni di “genere”; queste ultime, riconducibili al paradigma dell’honeste vivere, sono anch’esse funzionali alla ratio essendi della sorveglianza speciale, ma non sono certo qualificabili alla stregua di specifici “obblighi” penalmente sanzionati; paradigma, quello accennato, al quale è certamente possibile ricondurre anche...

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