Sentenza nº 4731 da Council of State (Italy), 01 Ottobre 2008

Data di Resoluzione01 Ottobre 2008
EmittenteCouncil of State (Italy)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.4731/2008

Reg.Dec.

N. 9854 Reg.Ric.

ANNO 2003

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dal Ministero dell'interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

De Falco Silvio, non costituito;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma, sez. I ter, n. 7424 del 5 settembre 2003.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 30 maggio 2008 relatore il Consigliere Marcella Colombati. Udito l'avv. dello Stato Venturini;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza n. 7424 del 2003 il Tar del Lazio, sede di Roma, ha accolto il ricorso proposto dal sig. Silvio De Falco contro il provvedimento del 5.8.2002 della Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82 del 1991 che aveva modificato il contenuto del programma speciale di protezione previsto per i testimoni di giustizia a suo tempo adottato in favore del ricorrente, attribuendo all'interessato le misure ordinariamente previste per i collaboratori di giustizia, essendo venute meno le condizioni richieste dall'art. 16 bis della legge n. 82 del 1991 perché potesse continuare ad essergli attribuita la qualifica di testimone.

Il Tar ha ritenuto fondata la censura relativa alla permanenza della qualifica di testimone di giustizia in capo al ricorrente, reputando errata l'opinione della Commissione secondo la quale al De Falco non sarebbe attribuibile la richiesta qualifica essendo lo stesso originariamente imputato e in tale veste avrebbe reso le dichiarazioni.

Il giudice di primo grado ha affermato che, come riconosciuto dalla Corte di assise di Napoli (sez, IV n. 33/1994), il soggetto si era inserito all'interno del clan Imparato avvertendo contestualmente polizia e carabinieri della sua intenzione di collaborare con l'A.G.; per questo era stato autorizzato a detenere una pistola, non per esigenze di lavoro ma per le necessità di difesa personale connesse con la sua rischiosa attività di confidente; in dipendenza di ciò era stato assolto dal delitto contestatogli per mancanza di dolo, avendo lo stesso agito solo al fine di smascherare un pregiudicato senza la volontà di aderire all'organizzazione criminosa.

Il giudizio era stato confermato dalla Corte di assise di appello di Napoli (sentenza n. 20/1995), la quale aveva rilevato che il soggetto non era né un pentito, né un chiamato in correità, non avendo mai confessato alcunché, ma solo riferito di attività illecite commesse da altri e delle quali aveva acquisito conoscenza diretta grazie alla sua infiltrazione nell'organizzazione; il medesimo, che aveva acquisito temporaneamente e ingiustamente la qualifica di coimputato, doveva essere pertanto considerato un testimone di accusa.

Dopo aver osservato che la Commissione non aveva considerato le risultanze del giudizio penale, il Tar ha ricordato che gli artt. 9 e 13 della legge n. 82 del 1991 accordano rilievo alla collaborazione e alle dichiarazioni attendibili e complete rese nel corso di un procedimento penale nonché di peculiare importanza per lo sviluppo delle indagini; che la circostanza che, nel processo conclusosi con l'assoluzione del De Falco, quest'ultimo abbia assunto la qualità di imputato non esclude l'applicazione in suo favore delle misure speciali di protezione previste nell'art. 16 bis della legge n. 82 del 1991 e non giustifica il mutamento dello status di testimone di giustizia in precedenza attribuitogli.

La sentenza è ora appellata dal Ministero dell'interno, il quale richiama l'art. 16 bis della legge n. 82 cit., introdotto dalla legge n. 45 del 2001, che consente le speciali misure di protezione soltanto per coloro che, rispetto al fatto delittuoso, assumono la qualità di persona offesa dal reato ovvero di persona informata sui fatti o di testimone; costoro vengono definiti testimoni di giustizia e godono di un trattamento differenziato e più favorevole rispetto ai collaboratori di giustizia. Il De Falco invece ha assunto la qualità processuale di imputato e in tale veste è stato chiamato a rendere le proprie dichiarazioni, potendosi sottrarre all'esame e all'interrogatorio come qualsiasi altro imputato; egli infatti era stato rinviato a giudizio ai sensi dell'art. 416 bis c.p., essendogli stata contestata la partecipazione al clan Imparato.

Secondo l'appellante, le particolari, ulteriori misure di cui all'art. 16 ter della legge richiamata in favore dei testimoni di giustizia ( assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volta a garantire un tenore di vita personale e familiare non...

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