Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine257-284

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE sez. II, 19 marzo 2010, n. 6714. Pres. Rovelli – Est. Migliucci – P.M. Ceniccola (Conf.) – Ric. B.M.P. (Avv.ti Biondo e altri) c. Cond. X (Avv. Di Maio)

Assemblea dei condomini – Deliberazioni – Modifica a maggioranza dei criteri di riparto stabiliti ex art. 1123 c.c. – Nullità della deliberazione – Fondamento

In materia di delibere condominiali sono affette da nullità - che anche il condomino il quale abbia espresso il voto favorevole può fare valere - quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, suscettibili di essere impugnate nel termine di decadenza, di trenta giorni di cui all’art. 1137 c.c., u.c., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dei criteri di cui al citato art. 1123 c.c.. (c.c., art. 1123; c.c., art. 1135; c.c., art. 1136; c.c., art. 1137; c.c., art. 1421) (1)

    (1) In aggiunta ai precedenti citati in motivazione, si veda, in senso conforme, Cass. 29 marzo 2007, n. 7708, in questa Rivista 2007, 513, per la quale le delibere relative alla ripartizione delle spese sono nulle se l’assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifica i criteri stabiliti dalla legge (o in via convenzionale da tutti i condomini), mentre esse sono annullabili nel caso in cui i suddetti criteri siano violati o disattesi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.P. in M. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Giudice di Pace di Torino le aveva ingiunto di pagare al Condominio di via (omissis) la somma di L. 2.691.262 a titolo di spese straordinarie di manutenzione della facciata, deducendo la nullità della delibera che aveva approvato la spesa in base a un criterio di riparto diverso a quello previsto dalle tabelle millesimali.

L’opposto eccepiva l’incompetenza per valore del giudice adito e, nel merito, chiedeva il rigetto dell’opposizione, rilevando che la delibera de qua sarebbe stata eventualmente annullabile e non nulla, per cui l’opponente sarebbe decaduta dall’impugnazione, essendo maturato il termine di cui all’art. 1137 c.c..

Con altro atto di citazione di identico contenuto la B. proponeva opposizione al medesimo decreto ingiuntivo.

Respinta l’istanza di riunione dei due procedimenti, con la sentenza n. 3257/2002, il Giudice di Pace, decidendo il primo giudizio (n. 9040/2002), rigettava l’opposizione, rilevando che la delibera in oggetto doveva essere impugnata ai sensi dell’art. 1137 c.c. dinanzi al giudice competente per valore, essendo il Giudice di pace incompetente.

Con la sentenza n. 3256/2002, il Giudice di Pace, decidendo il secondo giudizio recante il n. 9044/2002 R.G., dichiarava la carenza di interesse ad agire nell’attrice, rigettando le domande dalla medesima proposte.

Tali decisioni erano impugnate dalla B. con distinti atti di citazione che erano riuniti.

Con sentenza dep. il 21 giugno 2004 il Tribunale di Torino rigettava gli appelli.

Dopo avere rilevato che, quanto alla sentenza n. 3257/2002, il primo Giudice, pur dichiarandosi incompetente, aveva poi deciso nel merito, pronunciando il rigetto dell’opposizione, il Tribunale riteneva che la delibera condominiale, in base alla quale erano state poste a carico dell’opponente le spese condominiali oggetto del decreto ingiuntivo, non poteva considerarsi affetta da nullità ma da annullabilità e, come tale, doveva essere impugnata nel termine di cui all’art. 1137 c.c. che nella specie non era stato rispettato, tenuto conto che l’approvazione del rendiconto rientra nelle attribuzioni dell’assemblea di condominio e, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la modifica dei criteri di ripartizione degli oneri condominiali sarebbe affetta da nullità relativa e, quindi, impugnabile solo dal condomino dissenziente; in ogni caso, doveva considerarsi legittima la modificazione a maggioranza dei predetti criteri quando avvenga non a titolo definitivo ma sia contingente e sia riferita a spese straordinarie.

Con riferimento alla sentenza n. n. 3256/2002, il Tribunale rilevava che, seppure era da considerarsi erronea la pronuncia di inammissibilità per mancanza di interesse ad agire, mentre sarebbe stato più corretto il rigetto dell’opposizione per le stesse ragioni sopra indicate, la decisione - non essendo stata specificamente impugnata al riguardo - doveva essere confermata.

Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione la B. sulla base di un unico articolato motivo. Resiste con controricorso l’intimato.

Le parti hanno depositato memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico articolato motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1135, 1137, 1326 c.c., dell’art. 68 att. c.c. nonchè omessa, insufficientePage 258 e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata laddove - in contrasto con i principi in materia di invalidità delle delibere condominiali che approvino a maggioranza criteri di riparto delle spese difformi da quelli legali - aveva affermato che la delibera de qua sarebbe al più affetta da nullità relativa; che la nullità vi sarebbe solo nel caso in cui la modificazione avvenga a titolo definitivo e non già una tantum; che la delibera in questione era da considerarsi annullabile. Al riguardo osserva ancora la ricorrente che: non vi è luogo per distinguere fra nullità assoluta e relativa, tenuto conto che anche il condomino che ha espresso voto favorevole è legittimato a fare valere la nullità; nella specie la ricorrente si era astenuta; la delibera che dispone la ripartizione delle spese prevedendo un criterio difforme da quello legale, incidendo sui diritti esclusivi dei condomini, è affetta da nullità e non da annullabilità, che è invece configurabile nel caso di involontaria ripartizione delle spese in modo illegale, rientrando questa nelle attribuzioni dell’assemblea. Il motivo è fondato.

Occorre premettere che con il presente ricorso è stata impugnata la statuizione con cui la sentenza gravata, nel confermare il rigetto dell’opposizione pronunciata con la decisione n. 3257/2002, ha ritenuto che la delibera approvata dall’assemblea condominiale il 17 maggio 2001 fosse annullabile e, come tale, dovesse essere impugnata nel termine di cui all’art. 1137 c.c. che nella specie non era stato osservato; per quanto concerne la sentenza n. 3256/02, confermata dal Tribunale con statuizione non impugnata, in relazione alla quale il resistente ha dedotto il formarsi della cosa giudicata, occorre considerare che, dovendosi la natura precettiva della sentenza determinarsi non soltanto in base al dispositivo ma anche alla stregua della motivazione, la mancata impugnazione non può comportare certo il formarsi del giudicato sostanziale in ordine al diritto azionato dal Condominio con il ricorso per decreto, atteso che:

  1. la decisione n. 3256/02 non ha affatto esaminato il merito dell’opposizione a decreto, essendosi limitata ad emettere una pronuncia di carattere processuale di inammissibilità della successiva opposizione proposta dall’attuale ricorrente per mancanza di interesse, anche se poi erroneamente il dispositivo è stato di rigetto; il che è stato rilevato dalla sentenza del Tribunale che peraltro non ha potuto correggerlo in difetto di specifica impugnazione in ordine a tale statuizione;

  2. in ogni caso, il decreto ingiuntivo è stato impugnato con l’opposizione decisa con la sentenza n. 3257/02 che è oggetto del presente ricorso per Cassazione.

    Passando all’esame del motivo, va ricordato che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di delibere condominiali aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali l’assemblea stabilisce o modifica i criteri di ripartizione in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c., o dal regolamento condominiale contrattuale- essendo in tal caso necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini - dalle delibere con le quali, nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza, di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c., u.c.(Cass. 126/2000; 2301/2001; 17101/2006). Infatti, l’adozione di criteri diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento contrattuale, incidendo sui diritti individuali dei singoli condomini, può essere assunta soltanto con una convenzione alla quale aderiscano tutti i condomini, non rientrando nelle attribuzioni dell’assemblea che concernono la gestione delle cose comuni.

    Pertanto, erroneamente i giudici di appello hanno escluso che ricorra la nullità della delibera condominiale quando l’assemblea del condominio proceda a una modificazione dei criteri di riparto non in via definitiva ma soltanto contingente e riferita a spese straordinarie: l’assemblea - in mancanza di un accordo unanime dei condomini - non ha il potere di stabilire o modificare i criteri di riparto delle spese in violazione delle prescrizioni stabilite dall’art. 1123 c.c., secondo cui i contributi devono essere corrisposti dai condomini in base alle tabelle millesimali, atteso che - come si è accennato - tale determinazione non rientra nelle attribuzioni conferite all’assemblea dall’art. 1135 c.c.. Si configura, invece, l’annullabilità della delibera quando l’assemblea, senza adottare alcuna decisione in merito ai criteri da...

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