Sentenza nº 37 da Constitutional Court (Italy), 26 Gennaio 2004
Relatore | Valerio Onida |
Data di Resoluzione | 26 Gennaio 2004 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N.37
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 10, comma 1, lettere a, b e c, 27, commi 8, 9, 10 e 11, e 25, commi 1 e 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi delle Regioni Basilicata ed Emilia-Romagna, notificati il 26 e il 27 febbraio 2002, depositati in cancelleria il 6 e l8 marzo successivi ed iscritti ai numeri 20 e 23 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nelludienza pubblica del 17 giugno 2003 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione Basilicata e Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, e lavvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
-
Con ricorso (r.ric. n. 20 del 2002), notificato il 26 febbraio e depositato il 6 marzo 2002, la Regione Basilicata ha impugnato, tra laltro, lart. 10, comma 1, lettere a, b, e c e lart. 27, commi 8, 9, 10 e 11 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2002), lamentando la violazione degli artt. 3, 5, 114, 117 e 119 della Costituzione.
Lart. 10 (Modificazioni allimposta sulle insegne di esercizio), comma 1, lettere a, b e c, in deroga allart. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) concernente lefficacia temporale delle norme tributarie, soggetta generalmente a divieto di retroattività , stabilisce che le tariffe dellimposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni sono deliberate entro il 31 marzo di ogni anno e si applicano a decorrere dal 1° gennaio del medesimo anno (lettera a); estende ai Comuni aventi fino a 30.000 abitanti la facoltà (originariamente prevista per i soli Comuni più popolosi) di suddividere il territorio in due "categorie", applicando a quella "speciale" una maggiorazione della tariffa normale fino al 150% (lett. b, che modifica lart. 4, comma 1del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, concernente "Revisione ed armonizzazione dellimposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per loccupazione di spazi ed aree pubbliche dei Comuni e delle Province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dellart. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale"); introduce una ulteriore esenzione dallimposta, rispetto a quelle già contemplate dallart. 17 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, "per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge lattività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati", consentendo ai Comuni di estendere con regolamento tale esenzione, in ordine alle insegne di superficie superiore a questo ultimo limite (lettera c, che aggiunge il comma 1-bis allart. 17 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507).
Ad avviso della ricorrente, siffatte previsioni legislative si connotano tutte per una "evidente analiticità", e costituiscono a tutti gli effetti norme di dettaglio.
Tale profilo ne determinerebbe la illegittimità costituzionale, alla luce degli articoli 3, 5 114 e 117 della Costituzione, poiché, a seguito dellentrata in vigore della revisione costituzionale del Titolo V, Parte II, della Carta, "la normazione statale di dettaglio nelle materie di competenza regionale non è più consentita".
Premette sul punto la ricorrente che la materia concernente il "sistema tributario degli enti locali", cui essa riconduce la disposizione impugnata, è oggetto di potestà legislativa residuale ed esclusiva della Regione.
Lo Stato, ai sensi del comma terzo dellart. 117 della Costituzione, in materia di tributi locali dovrebbe perciò limitarsi a determinare i "principi fondamentali" per assicurare il "coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario", senza sconfinare nella produzione di norme dettagliate.
Infatti, "nel rispetto di quella paritaria nozione delle componenti della Repubblica che è stata introdotta dallart. 114 della Costituzione (che impone anche una lettura aggiornata dellart. 5)", non potrebbe più ammettersi, come invece ritenuto in precedenza, che la legge statale penetri nella sfera di potestà legislativa regionale, neppure tramite disposizioni espressamente cedevoli a fronte della successiva legislazione della Regione.
Il rovesciamento del criterio di attribuzione delle competenze legislative, tramite lenumerazione delle materie oggetto di potestà legislativa statale, conduce a ritenere, secondo la ricorrente, che oramai lo Stato possa legiferare, senza alcun margine di elasticità, nei soli ambiti espressamente riservatigli.
Tale conclusione rifletterebbe la pari "dignità" acquisita dalla legge regionale nellordinamento giuridico: la Regione, si aggiunge, non si limita più a "emanare" delle "norme legislative" che incontrano l"inevitabile limite" dei principi fondamentali traibili dalla normativa statale, ma è divenuta titolare della funzione legislativa, al pari dello Stato, sicché luna e laltro possono legiferare nei soli spazi assegnati dalla Costituzione.
Posto che lart. 117, terzo comma, della Costituzione riserva allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali nelle materie oggetto di competenza concorrente, sia che si verta in tale ambito, sia che venga in conto materia riservata alla potestà legislativa residuale della Regione, si dovrebbe in ogni caso concludere per lillegittimità costituzionale della normativa statale di dettaglio.
Tanto più che essa, aggiunge sul punto la ricorrente, non troverebbe più alcuna ragionevole giustificazione, a fronte del potere sostitutivo attribuito allo Stato dallart. 120 della Costituzione, cosicché sarebbe leso lo stesso articolo 3 della Costituzione "nel suo rapporto con gli artt. 5, 114 e 117" della Carta (né si sarebbe, in ogni caso, in presenza dei presupposti che giustificano, secondo lart. 120, comma secondo, della Costituzione, lattivazione del potere sostitutivo, in primis linerzia regionale).
Inoltre, la disposizione impugnata è priva della clausola di cedevolezza dinnanzi a sopravvenuta legge regionale, ciò che, si conclude, ne avrebbe determinato lillegittimità costituzionale anche nella vigenza delloriginario articolo 117 della Costituzione.
Censura identica alla precedente viene svolta dalla Regione Basilicata, sempre in relazione allart. 10, comma 1, lettere a, b e c, avuto riguardo alla competenza concorrente della Regione nella materia concernente il "governo del territorio", cui la disciplina delle insegne di esercizio sarebbe "intimamente connessa": il carattere dettagliato della disposizione impugnata costituirebbe motivo di incostituzionalità della stessa, per violazione degli articoli 3, 5, 114, 117 della Costituzione.
Lart. 10, comma 1, lettere a, b e c sarebbe, secondo la Regione Basilicata, altresì lesivo dellart. 119 della Costituzione, poiché trascurerebbe, nella regolamentazione di imposta il cui gettito è destinato allente locale, "lautonomia comunale".
Tale censura avrebbe particolare evidenza con riguardo allesenzione dallimposta recata dalla lettera c, che sarebbe stata introdotta "senza alcuna valutazione in termini di apporto al finanziamento degli enti locali", per di più "scavalcando completamente la legge regionale".
Infine, appare alla Regione Basilicata "del tutto irrazionale" che la lettera c dellart. 10 introduca un rigido criterio di esenzione dallimposta, legato alle dimensioni dellinsegna, così precludendo allente locale di adottarne di ulteriori o di diversamente modularlo, nel quadro di una politica di incentivazione o disincentivazione della pubblicità degli esercizi commerciali.
Il comma 8 dellart. 27 (Disposizioni finanziarie per gli enti locali) stabilisce che il comma 16 dellart. 53 (Regole di bilancio per le regioni, le province e i comuni) della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2001), è così sostituito: "Il termine per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali, compresa laliquota delladdizionale comunale allIRPEF di cui allart. 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, recante "istituzione di una addizionale comunale allIRPEF e successive modificazioni", e le tariffe dei servizi pubblici locali, nonché per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, è stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. I regolamenti sulle entrate, anche se approvati successivamente allinizio dellesercizio purché entro il termine di cui sopra, hanno effetto dal 1° gennaio dellanno di riferimento".
Nel testo originario, il comma 16 dellart. 53 della legge n. 388 del 2000 stabiliva che "Il termine per deliberare le tariffe, le aliquote dimposta per i tributi locali e per i servizi locali, compresa laliquota di compartecipazione delladdizionale allimposta sul reddito delle persone fisiche, prevista dallart. 1, comma 3, del d.lgs. 28 settembre 1998, n. 360, e per lapprovazione dei regolamenti relativi ai tributi locali, è stabilito entro la data di approvazione del bilancio di previsione. I regolamenti, anche se adottati...
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