Sentenza nº 274 da Constitutional Court (Italy), 24 Luglio 2003

RelatoreFranco Bile
Data di Resoluzione24 Luglio 2003
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 274

ANNO 2003

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Riccardo CHIEPPA Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI MODONA "

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

- Francesco AMIRANTE "

- Ugo DE SIERVO "

- Romano VACCARELLA "

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 8 luglio 2002, n. 11 (Norme varie in materia di personale regionale e modifiche alla legge reg. 13 novembre 1998 n. 31), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 17 settembre 2002, depositato in cancelleria il 27 settembre 2002 ed iscritto al n. 60 del registro ricorsi 2002.

Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2003 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l’avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Sergio Panunzio per la Regione Sardegna.

Ritenuto in fatto

  1. - Con il ricorso in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato in via principale gli articoli 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 8 luglio 2002, n. 11 (Norme varie in materia di personale regionale e modifiche alla legge reg. 13 novembre 1998 n. 31), assumendo che essi sarebbero in contrasto con gli articoli 3, primo comma, 97, primo e terzo comma, 51, primo comma, ed 81 della Costituzione, nonché con l’art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), sotto il profilo dell’inosservanza dei limiti alle competenze legislative della Regione, desumibili:

    1. per quanto riguarda l’art. 3, dall’art. 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (Revisione della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196);

    2. e, per quel che concerne l’art. 4, dagli articoli 1, comma 3, e 28, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della L. 23 ottobre 1992, n. 421) e dall’art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).

    Il ricorrente, in via preliminare, osserva che questa Corte (particolarmente nelle sentenze n. 1 del 1999 e n. 194 del 2002) ha più volte ritenuto in contrasto con gli articoli 3, primo comma, e 97, primo e terzo comma, della Costituzione le disposizioni legislative, le quali, mediante riserve di posti od altrimenti, in concreto escludano o gravemente limitino l’effettività della regola del concorso “aperto” ad esterni per l’accesso agli impieghi nelle amministrazioni pubbliche, in quanto le procedure concorsuali, quando non distorte e non marginalizzate, appaiono funzionali all’assicurazione del valore costituzionale della parità di trattamento e dell’eguaglianza tra più soggetti aspiranti ad un provvedimento lato sensu concessorio e di quello dell’efficienza, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione.

  2. - Dopo questa premessa, il ricorrente illustra la prima censura, rilevando:

    1. che il citato art. 3 della legge regionale ha previsto, nel comma 1, l’immissione nei “ruoli organici”, dei soggetti addetti a lavori socialmente utili operanti alla data del 23 luglio 2002 presso l’amministrazione e gli enti regionali e, nel comma 2, di dipendenti assunti a termine od a tempo determinato ed in servizio alla anzidetta data;

    2. che tali inquadramenti dovrebbero avvenire “nei limiti dei posti che risulteranno vacanti a conclusione delle selezioni interne previste dall’art. 2” della stessa legge per il personale dipendente, ossia con riguardo a quel 50% dei posti vacanti per il quale si sarebbero dovuti - se non fosse intervenuta la norma censurata - bandire concorsi non riservati;

    3. che in tal modo si assicurerebbe ai beneficiari della “progressione verticale” mediante le “selezioni interne” anche l’ulteriore vantaggio di un blocco dei concorsi (e quindi di non avere in anni futuri l’effettiva concorrenza di elementi giovani provenienti da concorsi “aperti”).

    Senonché, pur essendo la riduzione del numero degli addetti ai lavori socialmente utili un obiettivo meritevole di considerazione, esso non potrebbe, però, essere perseguito, oltre che in modo casuale (posto che ne beneficerebbero coloro che si trovano ad operare per la Regione), a scapito dell’effettività dei menzionati parametri costituzionali.

    D’altro canto, il legislatore statale, con l’art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 468 del 1997, a suo tempo recepito dallo stesso legislatore sardo (art. 1, comma 1, della legge della Regione Sardegna 1° agosto 2000, n. 16 “Provvedimenti relativi al personale impiegato dall’Amministrazione regionale e dagli enti regionali nei lavori socialmente utili e nei progetti-obiettivo e disciplina dei compensi spettanti agli amministratori del fondo per l’integrazione del trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza del personale dipendente dall’Amministrazione regionale”) avrebbe fissato un limite quantitativo, cioè una quota del 30%, per la riserva di posti a favore degli addetti ai lavori in questione, e, quindi, anche il limite massimo di comprimibilità - in via eccezionale - degli indicati valori costituzionali.

    Inoltre, anche se la stabilizzazione di parte dei dipendenti non a tempo indeterminato potrebbe, forse, essere considerata un obiettivo da tenere in considerazione, tuttavia, a pena di elusione di quei valori, non potrebbero legittimarsi > e non potrebbero >.

    D’altronde, le proroghe dei rapporti del personale assunto a termine e dei lavoratori addetti a lavori socialmente utili, disposte dall’art. 2, comma 2, della legge della Regione Sardegna n. 16 del 2000, dall’art. 1, comma 1, delle legge della Regione Sardegna 13 agosto 2001, n. 13 (Proroga per un ulteriore periodo, dell’utilizzazione del personale impiegato dall’Amministrazione e dagli enti regionali nei progetti-obiettivo e nei lavori socialmente utili) ed - ora - dall’art. 3, comma 4, della legge in esame non potrebbero essere ritenute produttive di “affidamenti” suscettibili di consolidarsi malgrado opposte indicazioni costituzionali.

    Infine, viene rilevato come l’art. 3, comma 2, neppure distinguerebbe tra dipendenti, a seconda delle “qualifiche per le quali erano state indette le selezioni o effettuato l’accertamento dell’idoneità”; e che il comma 5 dell’art. 3 sarebbe illegittimo in riferimento >, giacché > meriterebbe una verifica.

  3. – Quanto alla censura relativa all’art. 4, il ricorrente lamenta che esso ha introdotto modifiche all’art. 77 rubricato “prima costituzione della dirigenza” della legge della Regione Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione e degli uffici della Regione), ed in particolare che:

    aa) modificandone il comma 2, ha “attribuito” - ope legis anche se in sede di prima applicazione della legge – “la qualifica di dirigente” a dipendenti in possesso (oltre che dell’anzianità e dell’appartenenza alle “fasce” ivi indicate) del diploma di laurea;

    bb) aggiungendovi [art. 4 lett. b)] il comma 2-bis, ha aperto anche a dipendenti non laureati l’accesso senza concorso alla dirigenza, posto che tale norma non sarebbe di significato univoco, laddove recita che “hanno comunque titolo all’attribuzione della qualifica” anziché che “è attribuita la qualifica” ed inoltre, sarebbe contraddetto dal comma 7 del citato art. 77, rimasto invariato;

    cc) modificandone [art. 4 lett. d)] i commi 5 e 9, ha aumentato la già troppo elevata quota (75 per cento) dei posti “rimasti” vacanti nella dotazione della dirigenza dopo gli inquadramenti di cui ai commi 1 e 2, riservata al concorso interno, al 90 per cento;

    dd) abrogandone [art. 4 lett. e)] il comma 10, ove, - ancorché in coda alle procedure diattribuzione ope legis della qualifica di dirigente ed al concorso interno - era...

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