Sentenza nº 155 da Constitutional Court (Italy), 07 Maggio 2002

RelatorePiero Alberto Capotosti
Data di Resoluzione07 Maggio 2002
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 155

ANNO 2002

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare RUPERTO Presidente

- Massimo VARI Giudice

- Riccardo CHIEPPA "

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI MODONA "

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

- Francesco AMIRANTE "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 7 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica), promosso con ordinanza emessa il 20 dicembre 2000 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti dalla Federazione Radio Televisione ed altri contro l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed altri, iscritta al n. 235 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visti gli atti di costituzione della Federazione Radio Televisione ed altri, della R.T.S. Radio Televisione Senese s.r.l. ed altre, del Coordinamento AER-ANTI-CORALLO ed altra nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi gli avvocati Claudio Chiola per la Federazione Radio Televisione ed altri, Felice Vaccaro per la R.T.S. Radio Televisione Senese s.r.l. ed altre, Eugenio Porta per il Coordinamento AER-ANTI-CORALLO ed altra e l’Avvocato dello Stato Gian Paolo Polizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. -

    Con ordinanza del 20 dicembre 2000 - nel corso di un giudizio promosso dalla Federazione Radio Televisione e da alcune emittenti radiotelevisive avente ad oggetto l'annullamento della deliberazione n. 29 del 1° marzo 2000 in tema di "Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per le elezioni regionali, provinciali e comunali fissate per il giorno 16 aprile 2000" e della successiva deliberazione n. 200 del 22 giugno 2000 in tema di "Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali" adottate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in attuazione della legge 22 febbraio 2000, n. 28 - il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 7 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica) per contrasto con gli artt. 3, 21 e 42 della Costituzione.

  2. -

    Il giudice rimettente premette che le deliberazioni impugnate costituiscono mera attuazione, e per alcuni aspetti mera riproduzione, delle norme della legge n. 28 del 2000 sicchè la questione é rilevante.

  3. -

    Nel merito, il Tar ritiene che la disciplina della "comunicazione politica" radiotelevisiva - come delineata agli artt. 2 e 4 della legge n. 28 del 2000 - non fisserebbe "limiti" all'esercizio di specifiche attività, ma renderebbe il mezzo radiotelevisivo funzionale all'interesse per il quale é stato posto il limite, e ciò in contrasto con il riconoscimento della libertà dei mezzi di diffusione garantita dall'art. 21 della Costituzione. Inoltre, le disposizioni impugnate non terrebbero conto che l'emittente privata, in quanto "impresa di opinione", sarebbe titolare di un'autonoma posizione soggettiva tutelata dall'art.21 della Costituzione, e, nonostante abbia la "paternità" del programma trasmesso, la esproprierebbero del diritto di "manifestare una propria identità politica".

    Secondo il giudice rimettente, sottrarre ad imprese di opinione la libertà di cronaca politica e la relativa capacità di valutazione avrebbe il significato di vanificare l'importanza di quel regime pluralistico c.d. "esterno" dell'informazione radiotelevisiva, esplicazione del più generale principio del pluralismo al quale la Corte costituzionale, con la sentenza n. 826 del 1988, ha riconosciuto valore centrale in un ordinamento democratico. Così come privare le singole emittenti della libertà di esprimere le proprie opinioni politiche, da un lato, svuoterebbe di contenuti la liberalizzazione del settore radiotelevisivo e, dall'altro, realizzerebbe un livellamento "funzionale" di tutte le emittenti radiotelevisive, sia della RAI - che non é pubblica ma svolge servizio pubblico - che di quelle private, rendendo in tal modo irragionevole l'esistenza stessa di un regime radiotelevisivo misto pubblico-privato.

    3.1. -

    L'art.7 della legge n. 28 del 2000, ad avviso del Tar, violerebbe invece l'art. 3 della Costituzione, in quanto, diversamente da quanto previsto per la stampa periodica, stabilisce limitazioni alla propaganda elettorale per le imprese del settore radiotelevisivo realizzando un'ingiustificata disparità di trattamento, in violazione del canone di eguaglianza.

    3.2. -

    Un’ultima censura di costituzionalità riguarda infine la disposizione in tema di "messaggi politici autogestiti". L'art. 4, comma 3, lettera b) stabilisce che, durante la campagna elettorale, i messaggi in questione - consistenti nell'esposizione di un programma o di un’opinione politica per un tempo tra uno e tre minuti - devono essere trasmessi "gratuitamente" dalle emittenti nazionali, mentre per le emittenti locali, a norma del successivo quinto comma dello stesso art. 4, é previsto un rimborso da parte dello Stato. Pertanto ad avviso del rimettente, tale disciplina arrecherebbe un arbitrario svantaggio alle emittenti nazionali, privo di ogni plausibile fondamento giuridico, e risulterebbe immotivatamente in contrasto con l'art. 42 della Costituzione perchè imporrebbe atti ablatori della proprietà privata senza la corresponsione di un indennizzo.

  4. -

    Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto nel giudizio, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.

    In via...

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