Sentenza nº 466 da Constitutional Court (Italy), 20 Novembre 2002
Relatore | Riccardo Chieppa |
Data di Resoluzione | 20 Novembre 2002 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 466
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 6, e dell'art. 3, commi 6 e 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), promosso con ordinanza emessa il 31 gennaio 2001 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Adusbef-Associazione utenti e consumatori ed altri contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n. 374 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visti gli atti di costituzione di Adusbef, di Centro Europa 7 s.r.l., di Rete A s.r.l., di TV Internazionale s.p.a. ed altra, di Prima TV s.p.a. ed altra, di R.T.I.-Reti Televisive Italiane s.p.a. e della Rai-Radiotelevisione Italiana s.p.a., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
uditi gli avvocati Massimo Cerniglia per Adusbef, Giuseppe Oneglia, Renzo Vistarini e Raffaele Izzo per Centro Europa 7 s.r.l., Federico Sorrentino per Rete A s.r.l., Piero D'Amelio per TV Internazionale s.p.a. ed altra, Felice Vaccaro e Giuseppe Morbidelli per Prima TV s.p.a. ed altra, Aldo Bonomo, Aldo Frignani e Luigi Medugno per R.T.I.-Reti Televisive Italiane s.p.a., Filippo Satta per la RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
-
Con ricorso del 25 ottobre 1999 l'Adusbef-Associazione utenti e consumatori, la Tbs-Television Broadcasting System s.p.a, il Cnt-Coordinamento nazionale televisioni, il Comitato per la tutela dei diritti della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo e lAssociazione utenti televisivi adivano il Tribunale amministrativo regionale del Lazio chiedendo lannullamento: 1) dei provvedimenti, emessi in data 30 luglio 1999 (rectius: 28 luglio 1999), dal Ministro delle comunicazioni di rilascio delle concessioni ed autorizzazioni per la radiodiffusione televisiva privata in ambito nazionale su frequenze terrestri; 2) del regolamento per il rilascio delle suddette concessioni, approvato con deliberazione 1° dicembre 1998 dallAutorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom); 3) del regolamento e del disciplinare per il funzionamento della Commissione per la determinazione degli aventi diritto alle concessioni; 4) dei provvedimenti di negazione del diritto di accesso.
Nel corso di tale giudizio, il Tar adito ha sollevato, con ordinanza 31 gennaio 2001, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 6, e dell'art. 3, commi 6 e 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), in riferimento agli artt. 3, 21, 136, nonché, nella sola motivazione, all'art. 41 della Costituzione.
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Osserva il Tribunale rimettente che le norme impugnate, pur prescrivendo, in ossequio a quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 420 del 1994, che non è consentito ad uno stesso soggetto di irradiare più del 20% dei programmi televisivi su frequenze terrestri in ambito nazionale, hanno poi demandato allAutorità per le garanzie nelle comunicazioni di "stabilire un periodo transitorio nel quale non vengono applicati i limiti" suddetti (art. 2, comma 6); più in particolare, continua il giudice a quo, lart. 3, comma 6, consentirebbe lesercizio delle reti eccedenti "a condizione che le trasmissioni siano effettuate contemporaneamente su frequenze terrestri e via satellite o via cavo", nonché "esclusivamente via cavo o via satellite", dopo lo spirare del termine che lAutorità "in relazione alleffettivo e congruo sviluppo dellutenza dei programmi radiotelevisivi via satellite e via cavo" avrebbe indicato (art. 3, comma 7).
Il descritto assetto normativo avrebbe determinato, secondo il Tar, una evidente violazione dei principi della ragionevolezza, del pluralismo nella manifestazione del pensiero e della libertà di iniziativa economica, così come affermati dalla citata sentenza n. 420 del 1994, il cui contenuto risulterebbe, quindi, palesemente eluso, con l'ulteriore violazione dellart. 136 della Costituzione. Le disposizioni legislative denunciate, attribuendo, infatti, allAutorità per le garanzie nelle comunicazioni un potere non delimitato nel tempo, consentirebbero lindefinita protrazione del regime televisivo giudicato incostituzionale.
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Il Tar ritiene che le questioni sollevate siano rilevanti per la definizione del giudizio instaurato, sottolineando che linsieme degli atti impugnati sarebbe stato adottato nella vigenza del predetto regime transitorio. Il rilascio delle concessioni sarebbe avvenuto, pertanto, utilizzando "le risorse quali risultavano disponibili dopo aver assicurato, in applicazione della normativa impugnata, la continuità della gestione alle imprese che superavano il predetto limite", con la conseguenza che, ove il detto regime transitorio venisse caducato, "risulterebbe incrementata la disponibilità di frequenze da assegnare ad altri aspiranti, con evidente beneficio del pluralismo nella manifestazione del pensiero e nellinformazione".
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Le questioni di costituzionalità sono ritenute dal giudice a quo non manifestamente infondate in riferimento agli artt. 3, 21 e 136 della Costituzione, nonché in riferimento al principio della libertà di iniziativa economica, richiamato nella sola motivazione dell'ordinanza.
Il collegio rimettente sottolinea, a tal proposito, che la richiamata sentenza n. 420 del 1994 avrebbe consentito la protrazione limitatamente al periodo transitorio indicato dal decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323 (Provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva) del regime previsto dallart. 15, comma 4, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), dalla stessa sentenza giudicato incostituzionale, nonché la provvisoria legittimazione dei concessionari a proseguire nellattività di trasmissione, così escludendosi un "vuoto" normativo.
Tale periodo, che non avrebbe dovuto superare la data dellagosto del 1996, è stato prorogato fino al 31 luglio del 1997 dal decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 545 (Disposizioni urgenti per l'esercizio dell'attività radiotelevisiva), convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1996, n. 650. La legge n. 249 del 1997, anziché sancire prosegue il collegio rimettente il definitivo superamento del precedente assetto normativo dichiarato incostituzionale, avrebbe rinviato ad una data imprecisata lefficacia dei limiti anticoncentrativi dalla stessa previsti, con consequenziale violazione degli artt. 3 e 21 della Costituzione, nonché dellart. 136 per elusione del giudicato costituzionale di cui alla citata sentenza n. 420 del 1994.
Il collegio rimettente conclude ritenendo non condivisibili i rilievi prospettati dai controinteressati, secondo i quali, da un lato, il legislatore conserverebbe un ampio margine di discrezionalità nel graduare nel tempo trasformazioni coinvolgenti rilevanti interessi, dallaltro sarebbe pienamente legittimo il conferimento di poteri regolatori ad un'Autorità amministrativa indipendente, al fine di determinare il momento più opportuno per la transizione dal regime provvisorio a quello definitivo. Osserva, infatti, il Tar del Lazio che "la sentenza n. 420 del 1994 ha già accordato al legislatore una moratoria di circa due anni, inutilmente decorsa ed illegittimamente dilatata", e che "degli istituti invocati dalle parti resistenti non può farsi un uso strumentale, che si risolva nella grave lesione del giudicato costituzionale e nella plateale violazione dei principi in esso affermati".
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E intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, nella persona dell'avvocato Giorgio D'Amato, deducendo linammissibilità e linfondatezza della questione sollevata.
In particolare, si sostiene linammissibilità per difetto di rilevanza sulla base del seguente ordine di motivi:
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lordinanza di rimessione fonderebbe il giudizio di rilevanza sullerroneo presupposto dellimpugnazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva, rimasto, invece, "estraneo" alloggetto del giudizio a quo;
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il Tar assumerebbe erroneamente che le concessioni sarebbero state rilasciate utilizzando le risorse disponibili rimaste libere dopo aver assicurato la continuità della gestione alle "reti eccedenti". Laffermazione sarebbe, secondo la difesa erariale, non corretta, in quanto tutte le frequenze destinate al servizio di radiodiffusione televisiva dal piano nazionale di ripartizione delle frequenze adottato dal Ministro delle comunicazioni sono state assegnate dal piano elaborato dallAutorità per le garanzie nelle comunicazioni. Leventuale caducazione del regime transitorio censurato non potrebbe comportare, pertanto, lincremento della disponibilità di frequenze da attribuire ad altri aspiranti, come ritenuto, invece, dal giudice rimettente;
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questultimo, inoltre, considererebbe applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio il comma 6 dellart. 2 della legge n. 249 del 1997. La predetta disposizione, rileva lAvvocatura, si indirizza, viceversa, ai soli programmi in tecnica digitale (o...
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