Sentenza nº 336 da Constitutional Court (Italy), 19 Ottobre 2001

RelatorePiero Alberto Capotosti
Data di Resoluzione19 Ottobre 2001
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 336

ANNO 2001

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare RUPERTO Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO Giudice

- Massimo VARI "

- Riccardo CHIEPPA "

- Gustavo ZAGREBELSKY "

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Guido NEPPI MODONA "

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 57 e 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e 31, comma 41, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), promosso con ordinanza emessa il 27 giugno 2000 dal Tribunale di Vercelli nel procedimento civile vertente tra A. A. e l'Azienda sanitaria locale (Asl) di Vercelli n. 11, iscritta al n. 613 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 aprile 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto in fatto

  1. -- Il Tribunale di Vercelli, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 27 giugno 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 57 e 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e 31, comma 41, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), in riferimento agli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione, nella parte in cui disciplinerebbero il diritto dei dirigenti sanitari dell’area medica, dipendenti del Servizio sanitario nazionale, alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

  2. -- Il giudice a quo premette che il processo principale ha ad oggetto la legittimità del provvedimento con il quale l’Azienda sanitaria locale (Asl) di Vercelli n. 11 ha rigettato la domanda di un dirigente sanitario dell’area medica, dipendente di detta Asl, di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Il rimettente sintetizza l’evoluzione della disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale nel pubblico impiego, deducendo che dalla previsione di un mero interesse legittimo del pubblico dipendente a siffatta trasformazione (d.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117) si sarebbe pervenuti alla configurazione di un diritto ad ottenerla, fatta eccezione per determinate categorie di personale. L’amministrazione sarebbe, quindi, titolare del potere di rigettare la domanda di trasformazione esclusivamente qualora l'attività svolta dal dipendente al di fuori del rapporto dia luogo ad un conflitto di interessi con l’attività di servizio, ovvero di differirne gli effetti, con provvedimento motivato, per un periodo non superiore a sei mesi, nel caso in cui il suo accoglimento possa determinare, <> (art. 1, comma 58, della legge n. 662 del 1996).

    Ad avviso del Tribunale di Vercelli, quest’ultima norma riguarderebbe anche i dirigenti sanitari dell’area medica, di primo livello, i quali, conseguentemente, vanterebbero un diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, non essendo ad essi applicabile l’art. 39, comma 27, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (il quale ha stabilito che l’art. 1, commi 58 e 59, della legge n. 662 del 1996 si applica al personale dipendente delle regioni e degli enti locali finchè non sia diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto normativo) e non risultando utilmente richiamabili, in considerazione della natura del rapporto, le disposizioni che rendono ammissibili forme sperimentali di contrattazione collettiva in ordine all’articolazione flessibile dell’orario di lavoro ed alla diffusione del part-time, ovvero che disciplinano il cd. telelavoro (art. 8, comma 1, lettera i, del d.lgs. 4 novembre 1997, n. 396).

    Secondo il rimettente, il d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 - che ha modificato il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 - non avrebbe innovato in parte qua la disciplina in esame, nonostante abbia espressamente soppresso i rapporti di lavoro a tempo definito (art. 15-bis, comma 3), disponendo che il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari comporta la totale disponibilità per la realizzazione dei risultati programmati (art. 15-sexies). Il complesso degli artt. 15-bis, 15-ter, 15-quater e seguenti del d.lgs. n. 502 del 1992 riguarderebbe, infatti, soltanto i dirigenti che svolgono compiti di direzione delle strutture e degli uffici e/o di preposizione a strutture complesse e l’esclusività del rapporto di lavoro (art. 15-bis, comma 2) sarebbe stata <>, cosicchè le norme concernerebbero esclusivamente detti dirigenti. L’interpretazione sarebbe confortata sia dalla norma che, in via transitoria, conserva la distinzione tra dirigenti di primo e di secondo livello (art.15-quinquies, comma 7), sia dalla disciplina della nomina (artt. 15 e 15-ter) e del trattamento economico (art. 15-quater), che giustificano l’irriducibilità dell’orario di lavoro esclusivamente per coloro i quali svolgono la funzione dirigenziale "propriamente detta", cosicchè dovrebbe ritenersi che il legislatore si sia limitato <>. Inoltre, a suo avviso, il comma 18-bis dell’art. 39 della legge n. 449 del 1997 - introdotto dall’art. 20 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 -, disponendo che <>, non riguarderebbe la figura professionale in esame. In contrario, sempre secondo il rimettente, non potrebbe essere invocato l’art. 63, comma 1, (recte: 64, comma 1) del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’area relativa alla dirigenza medica e veterinaria del Servizio...

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