Sentenza nº 75 da Constitutional Court (Italy), 22 Marzo 2000

RelatoreCesare Ruperto
Data di Resoluzione22 Marzo 2000
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 75

ANNO 2000

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco GUIZZI Presidente

- Cesare MIRABELLI Giudice

- Massimo VARI "

- Cesare RUPERTO "

- Riccardo CHIEPPA "

- Gustavo ZAGREBELSKY "

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI MODONA "

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimit‡ costituzionale dellíart. 6, comma 17, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dellíattivit‡ amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) promossi con 3 ordinanze emesse il 30 aprile 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, rispettivamente iscritte ai nn. 825, 833 e 834 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dellíanno 1998.

†Visto líatto di costituzione del Comune di Venezia nonchÈ gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

†udito nellíudienza pubblica del 22 febbraio 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

†uditi líavv.to Maria Morino per il Comune di Venezia e líAvvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

†1.- Nel corso di tre distinti giudizi, di analogo oggetto, in cui i ricorrenti, dipendenti comunali, avevano chiesto líannullamento delle delibere con le quali, in adempimento al disposto dellíart. 6, comma 17, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la Giunta comunale aveva annullato le deliberazioni concernenti il loro inquadramento (in quanto effettuato in difformit‡ dal d.P.R. n. 347 del 1983), contestualmente indicendo i concorsi interni per la copertura dei posti in tal modo resisi vacanti, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con tre identiche ordinanze - emesse tutte in data 30 aprile 1999 - ha sollevato, in riferimento agli artt.3, 5, 24, 97 e 128 della Costituzione, questione di legittimit‡ costituzionale dellíart. 6, comma 17, della legge citata.

†Osserva anzitutto il rimettente che líart. 3, comma 6- bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, introdotto dalla legge 28 ottobre 1994, n. 596, di conversione del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 515 - disposizione dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 1 del 1996 - recitava: ´I provvedimenti deliberativi riguardanti il trattamento del personale degli enti locali che, adottati prima del 31 agosto 1993, abbiano previsto profili professionali od operato inquadramenti in modo difforme dalle disposizioni contenute nel d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, e successive modificazioni e integrazioni, sono validi ed efficaci.

†La disposizione del presente comma si applica agli enti locali ancorchÈ dissestati i cui organici, per effetto dei provvedimenti di cui sopra, non superino i rapporti dipendenti-popolazione previsti dal comma 14 del presente articolo, cosÏ come modificato dall'art. 2 del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 515ª.

†La Corte costituzionale aveva ritenuto - rileva il TAR - che l'ampiezza della disposizione realizzasse una sorta di "sanatoria in bianco" per tutti i provvedimenti illegittimi, cioË non conformi al d.P.R. n. 347 del 1983, e dunque ne vanificasse la finalit‡ di operare una razionale organizzazione degli uffici, osservando come la citata disposizione fosse troppo ampia ed indeterminata, tale da non consentire di distinguere i provvedimenti sanati e da realizzare invece una negazione del principio di buon andamento e di razionale organizzazione dell'attivit‡ amministrativa. Inoltre l'effetto premiale realizzava un ingiusto vantaggio per autori e beneficiari dei provvedimenti illegittimi, dava un esempio dÏ "diseducazione civile" e causava una lesione della regola del concorso e delle relative garanzie di efficienza.

†Secondo la tesi del rimettente, la stessa Corte costituzionale avrebbe osservato come non sarebbe ben chiara l'ampiezza degli effetti della disposizione di sanatoria dichiarata incostituzionale. Ad avviso di lui, essa era applicabile soprattutto ai casi di provvedimenti degli enti locali annullati dagli organi di controllo o dal giudice amministrativo, o impugnati davanti a quest'ultimo; mentre pi˘ difficilmente sarebbe ipotizzabile che la norma potesse applicarsi anche a provvedimenti esecutivi ormai divenuti inoppugnabili.

†Ma il legislatore, con la norma impugnata (contenuta nell'art. 6, comma 17, della legge n. 127 del 1997) avrebbe equivocato la portata e il significato della pronuncia della Corte, e avrebbe rimesso in discussione tutti i provvedimenti di inquadramento del personale degli enti locali, ordinando a questi ultimi di autoannullare quelli difformi dal d.P.R. n. 347 del 1983 e dagli accordi collettivi successivi fino al d.P.R. n. 333 del 1990 (che Ë l'ultimo accordo collettivo adottato in base all'abrogata legge quadro del pubblico impiego n. 93 del 1983, prima della privatizzazione e della contrattualizzazione disposta dal decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni).

†Una disposizione legislativa cosÏ vincolante e cosÏ generale sembra al TAR del Veneto incorrere, anch'essa, ed ancor pi˘ di quella censurata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 1 del 1996, nella violazione di alcuni principi costituzionali, e precisamente:

†1) degli articoli 3 e 97 Cost., perchÈ una norma di tale ampiezza ed "impatto" su posizioni giuridiche da tempo consolidate rappresenta essa stessa la negazione dei princÏpi di buon andamento e di razionale e coerente azione amministrativa, che si esprimono nella regola per cui l'autotutela va esercitata non solo per il formale ripristino della legalit‡ violata, ma tenendo conto anche delle esigenze di pubblico interesse e del consolidamento delle situazioni giuridiche soggettive, come effetto del tempo trascorso (in proposito vengono richiamate le sentenze n. 459 del 1994 e n. 236 del 1992 della Corte costituzionale);

†2) ancora degli stessi articoli 3 e 97 Cost., per la violazione dei princÏpi di efficienza e di razionalizzazione organizzativa, essendo imposto autoritativamente uno strumento amministrativo ormai difforme dalla disciplina privatistica e contrattualistica che governa il pubblico impiego dopo il decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni;

†3) degli articoli 5 e 128 Cost., perchÈ appare violato il principio di autonomia degli enti locali, essendo loro imposto l'utilizzo vincolato di uno strumento, l'autotutela, che per principio dovrebbe essere affidato a valutazioni discrezionali nel suo esercizio;

†4) degli artt. 3 e 24 Cost., per la disparit‡ di trattamento e la deteriore tutela giudiziaria che vengono a colpire coloro che hanno beneficiato di inquadramenti in base ai tre accordi collettivi sopra citati ed il...

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