Sentenza nº 170 da Constitutional Court (Italy), 14 Maggio 1999

RelatoreFernanda Contri
Data di Resoluzione14 Maggio 1999
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 170

ANNO 1999

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Prof. Annibale MARINI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 244, primo e secondo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 15 luglio 1997 dal Tribunale di Venezia nel procedimento civile vertente tra F. W. e P. S. ed altri, iscritta al n. 419 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un giudizio di disconoscimento della paternità, il Tribunale di Venezia, con ordinanza emessa il 15 luglio 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, primo comma, 29, primo comma, e 30, terzo e quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 244, primo e secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dall’art. 235, numero 2), del medesimo codice, che il termine per la proposizione dell’azione di disconoscimento della paternità decorra dal giorno in cui ciascuno dei due coniugi sia venuto a conoscenza dell’impotenza di generare del marito.

Premette, in fatto, il Tribunale rimettente che l’attore, dopo aver appreso, sulla base di esami clinici, la propria incapacità di procreare, ha proposto azione di disconoscimento della paternità di entrambi i figli minori, nati in costanza di matrimonio, e che nel conseguente giudizio la convenuta ha preliminarmente eccepito la decadenza dall’azione, per il mancato rispetto del termine annuale dalla nascita dei figli, stabilito dall’art. 244 del codice civile.

Il giudice a quo ricorda anzitutto che la Corte, con sentenza n. 134 del 1985, ebbe già a dichiarare la illegittimità costituzionale del medesimo art. 244 cod. civ., con riferimento all’ipotesi di adulterio di cui al numero 3) dell’art. 235, nella parte in cui non dispone che il termine per proporre l’azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell’adulterio della moglie; in tale occasione la Corte, benchè richiesta di estendere tale declaratoria anche alla previsione dell’impotenza, ritenne tuttavia di non potersi pronunciare oltre i limiti della rilevanza, attesa la non totale identità dei casi.

La specifica questione della decorrenza del termine dell’azione di disconoscimento basata sull’impotenza fu invece esaminata dalla Corte - come precisa il rimettente - con la sentenza n. 249 del 1974, che ne dichiarò l’infondatezza, in quanto la norma, nel testo anteriore alla riforma del diritto di famiglia, era inserita in un sistema nel quale assumeva particolare rilievo il favor legitimitatis.

Osserva tuttavia il rimettente che gli elementi posti a sostegno di quest’ultima pronuncia sono ormai mutati, poichè sia sotto il profilo normativo che nella coscienza collettiva si é progressivamente attribuita prevalenza al favor veritatis rispetto al favor legitimitatis, e contemporaneamente le cognizioni scientifiche acquisite nel settore delle indagini ematologiche e genetiche hanno determinato l’idoneità probatoria di tali mezzi a fondare la dimostrazione del rapporto di filiazione.

Ad avviso del giudice a quo, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, in quanto irragionevolmente non attribuisce ad entrambi i coniugi il diritto di provare la impotenza di generare del marito, anche successivamente al decorso rispettivamente di un anno per il padre e di sei mesi per la madre dalla nascita del figlio legittimo ed entro il termine, rispettivamente, di un anno per il padre e di sei mesi per la madre dal momento in cui essi siano venuti a conoscenza della predetta impotenza; la medesima norma violerebbe, inoltre, gli artt. 2, 3, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, e 30, terzo e quarto comma, della Costituzione, poichè impedendo ad entrambi i coniugi, in modo irragionevole, di far valere l’impotenza di generare del marito, contrasta con il loro diritto inviolabile all’accertamento giudiziale del rapporto biologico di paternità nei confronti del figlio legittimo.

Il rimettente richiama poi le argomentazioni che indussero la Corte a dichiarare la illegittimità costituzionale dell’art...

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