Sentenza nº 425 da Constitutional Court (Italy), 10 Novembre 1999

RelatoreGustavo Zagrebelsky
Data di Resoluzione10 Novembre 1999
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 425

ANNO 1999

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. †Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI †Giudice

- Prof. †Cesare MIRABELLI †"

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO †"

- Avv. Massimo VARI †"

- Dott. Cesare RUPERTO †"

- Dott. †Riccardo CHIEPPA †"

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY †"

- Prof. Valerio ONIDA †"

- Prof. †Carlo MEZZANOTTE †"

- Avv. †Fernanda CONTRI †"

- Prof. Guido NEPPI MODONA †"

- Prof. †Piero Alberto CAPOTOSTI †"

- Prof. Annibale MARINI †"

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitti di attribuzione sorti a seguito del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonchÈ della flora e della fauna selvatiche) e in particolare degli artt. 1, comma 4; 3, commi 1, 2 e 3; 4; 5; 6; 7; 8; 10, commi 1, 2, 3; 11; 12; 15 e 16, promossi con ricorsi della Regione Emilia-Romagna, della Provincia autonoma di Trento e della Provincia autonoma di Bolzano, notificati il 22 e il 20 dicembre 1997, depositati in Cancelleria il 29 e il 30 successivi, ed iscritti ai nn. 60, 62 e 63 del registro conflitti 1997.

†Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

†udito nellíudienza pubblica del 13 aprile 1999 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

†uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e per la Provincia autonoma di Trento, Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano e líAvvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

†1. ó Con ricorso regolarmente notificato e depositato (R. confl. n. 60 del 1997) la Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonchÈ della flora e della fauna selvatiche), e in particolare agli artt. 3, commi 1, 2 e 3; 5, commi 2, 3, 4 e 6; 6; 7, comma 2; 8, comma 5; 10, commi 1, 2 e 3; 11; 12; 15; 16, per violazione degli artt. 117, primo comma; 118, primo comma, della Costituzione; 4 e 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86 (Norme generali sulla partecipazione dellíItalia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari); 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa); della ´legislazione statale ordinaria nei settori della caccia e della protezione della naturaª; dei ´principi costituzionali attinenti al rapporto tra Stato e Regioni e in particolare del principio di leale collaborazioneª.

†Secondo la Regione ricorrente sulla base della legge n. 86 del 1989 líattuazione statale delle direttive comunitarie in via regolamentare non sarebbe a priori esclusa neppure nelle materie nelle quali le Regioni dispongono di potest‡ legislativa, ma in tali materie il regolamento governativo dovrebbe operare in via meramente suppletiva e potrebbe essere integralmente sostituito dalla legislazione regionale. In altri termini, il regolamento non potrebbe innovare al riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, ma dovrebbe limitarsi, recependo la normativa posta dalla direttiva, a statuire le regole sostanziali, procedurali e organizzative in base alle quali tali preesistenti competenze possono esercitarsi. Al contrario, il regolamento impugnato da un lato assumerebbe illegittimamente il ruolo della legge nel definire i rapporti tra lo Stato e le Regioni, dallíaltro attribuirebbe alle autorit‡ centrali una serie di compiti sovraordinati o comunque interferenti con le competenze della Regione.

†In particolare, líart. 3, commi 1, 2 e 3, affida al Ministro dellíambiente poteri che non troverebbero fondamento e copertura legislativa, e che potrebbero essere salvati soltanto se dovessero essere intesi come meri compiti di formalizzazione e trasmissione di determinazioni sostanziali assunte in sede locale.

†Anche líart. 5 conferisce al Ministro poteri (di valutazione di incidenza dei piani o progetti sui siti di importanza comunitaria, secondo la procedura ivi prevista, nel caso di piani di rilevanza nazionale) che la direttiva non richiede siano imputati allo Stato.

†Laddove poi mantiene la competenza regionale (nel caso cioË di piani di rilevanza regionale), il regolamento stabilisce tuttavia i contenuti della relazione per la valutazione di incidenza (sulla base dellíallegato G) e ogni ulteriore regola procedurale: tali previsioni - secondo la ricorrente - sarebbero invasive delle competenze regionali e potrebbero essere fatte salve solo se fossero intese come meramente suppletive. In particolare, esse non potrebbero comunque trovare applicazione per quelle opere per le quali la legislazione regionale prescriva la pi˘ gravosa procedura di valutazione di impatto ambientale, la quale assumer‡, in relazione al sito di rilievo comunitario, anche il significato della valutazione di incidenza.

†Analoghe censure vengono rivolte allíart. 6, che dispone líapplicazione del medesimo regime alle zone di cui allíart. 1, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).

†Líart. 7, al comma 2, secondo il quale il Ministro definisce le linee guida per il monitoraggio dello stato di conservazione delle specie e degli habitat naturali di interesse comunitario, introdurrebbe una atipica funzione di indirizzo e coordinamento in violazione dellíart. 8 della legge n. 59 del 1997 e, comunque, lederebbe il principio di leale cooperazione, non prevedendo il parere regionale. Priva di fondamento sarebbe la considerazione che la tutela della flora e della fauna rappresenta un interesse fondamentale per lo Stato, in quanto non potrebbe comunque discenderne una completa espropriazione della competenza regionale, senza considerare che Ë compito del legislatore individuare gli eventuali profili di interesse nazionale.

†Líart. 8, comma 5, secondo il quale il Ministro indica le misure necessarie perchÈ le catture o le uccisioni accidentali di talune specie animali non abbiano un significativo impatto sulle specie in questione, individuerebbe anchíesso un arbitrario potere ministeriale, o darebbe vita a un anomalo e atipico atto di indirizzo.

†Líart. 10, comma 1, attribuirebbe al Ministro poteri - quanto alle misure da adottare perchÈ il prelievo e lo sfruttamento di esemplari di fauna e flora selvatiche siano compatibili con la conservazione delle specie medesime - che non gli sono assolutamente affidati dalla normativa comunitaria, mentre il comma 3 porrebbe alla legislazione regionale limitazioni pi˘ severe di quelle previste dallíart. 15 della direttiva, limitazioni che non potrebbero essere contenute in un atto regolamentare neppure se fossero riconducibili allíinteresse nazionale.

†Líart. 11 risulterebbe lesivo delle competenze regionali in materia di caccia, riservando, al comma 1, al Ministro i poteri di deroga ai divieti generali, e ponendo, al comma 2, una disciplina pi˘ severa di quella contenuta nellíart. 15 della direttiva. Anche il comma 3 dellíart. 11 sarebbe illegittimo, se inteso come fonte di autonomi poteri decisori ministeriali.

†Líart. 12 configura, ai commi 1 e 2, poteri ministeriali, quanto alla autorizzazione alla reintroduzione delle specie, che sarebbero illegittimi per la parte in cui eccedono quelli previsti dalla legislazione statale vigente. Il comma 3, oltre a prevedere una autorizzazione ministeriale analoga a quella di cui al comma 2, detta una disciplina che appare restrittiva rispetto a quella stabilita nellíart. 22 della direttiva.

†Líart. 15 del regolamento viene impugnato ´in via cautelativaª, in quanto esso estende i compiti del Corpo forestale dello Stato oltre quelli gi‡ individuati dalla legislazione vigente l‡ dove la conferenza Stato-Regioni aveva richiesto espressamente la soppressione di detto articolo.

†Líart. 16, comma 1, sarebbe invasivo delle competenze regionali limitatamente allíallegato G, che non avrebbe corrispondenza alcuna con gli allegati della direttiva, non costituendo pertanto norma necessaria alla sua attuazione. Il comma 2, infine, istituisce un potere regolamentare permanente di recepimento di future modifiche agli allegati della direttiva, che non potrebbe ritenersi compreso nel potere regolamentare di cui alla legge 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per líadempimento di obblighi derivanti dallíappartenenza dellíItalia alle Comunit‡ europee ñ legge comunitaria 1993). Si tratterebbe, pertanto, di una ipotesi di potere regolamentare illegittimamente previsto da una fonte regolamentare in materia di competenza regionale.

†2. ó Con ricorso regolarmente notificato e depositato (R. confl. n. 62 del 1997) la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al medesimo d.P.R. n. 357 del 1997, e in particolare agli artt. 1, comma 4; 3, commi 1, 2 e 3; 5; 6; 7, comma 2; 8, comma 5; 10, commi 1 e 3; 11; 12; 15; 16, per violazione degli artt. 8, primo comma, numeri 5, 6, 15, 16 e 21; 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante lo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, e delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), e con d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonchÈ la potest‡ statale di indirizzo e coordinamento), nonchÈ degli artt. 4 e 9 della legge n. 86...

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