Sentenza nº 59 da Constitutional Court (Italy), 24 Marzo 1997

RelatoreGustavo Zagrebelsky
Data di Resoluzione24 Marzo 1997
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 59

ANNO 1997

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 24 marzo 1996 (Provvedimenti per il personale della catalogazione del patrimonio artistico siciliano e per la custodia e fruizione dei beni culturali ed ambientali), promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana notificato il 1° aprile 1996, depositato in Cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 16 del registro ricorsi 1996.

Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1996 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi l'Avvocato dello Stato Luigi Mazzella per il ricorrente, e gli avvocati Giovanni Lo Bue e Laura Ingargiola per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

  1. -- Con ricorso notificato il 1° aprile 1996 il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha impugnato la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 24 marzo 1996, recante "Provvedimenti per il personale della catalogazione del patrimonio artistico siciliano e per la custodia e fruizione dei beni culturali ed ambientali" (disegno di legge n. 1181-1205-1209-1227), per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione nonché degli artt. 2, comma 1, lettera r), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e 22, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

    Con l'art. 1 di tale provvedimento legislativo si dispone la trasformazione automatica a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a termine, stipulati dall'amministrazione regionale con il personale già utilizzato - ai sensi dell'art. 111 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, come modificato dall'art. 13 della legge regionale 29 settembre 1994, n. 34 - per la catalogazione del patrimonio culturale ed ambientale siciliano, con contratti di lavoro subordinato di diritto privato di durata triennale.

  2. -- Dopo aver affermato che la Regione Siciliana non ha ancora avviato le procedure di verifica dei carichi di lavoro dei propri dipendenti, né rideterminato la propria pianta organica, come chiesto dalla legislazione statale, il Commissario dello Stato ricorrente osserva che i contratti a termine, che si intendono trasformare ope legis a tempo indeterminato, sono stati stipulati soltanto nel secondo semestre del 1994 e pertanto non si comprende la necessità di una loro proroga legale, senza che la Regione proceda alla previa verifica dei risultati fino ad ora conseguiti. La misura non sarebbe, inoltre, giustificata da esigenze funzionali della pubblica amministrazione né da idonea motivazione, dal momento che verrebbero mantenuti i rapporti di lavoro di un rilevante numero di soggetti (700 unità) per una finalità, la catalogazione, che per sua natura è limitata nella materia e nel tempo. Unico scopo del legislatore regionale (art. 1) sembrerebbe essere quello di assicurare "stabilità occupazionale" a lavoratori che non hanno sostenuto nessuna prova di idoneità professionale al momento della stipula dei contratti e per i quali non si prevede alcuna selezione nemmeno al momento della conversione, disposta dal provvedimento legislativo impugnato, degli originari contratti a termine.

    L'illegittimità sarebbe confermata dagli artt. 2 e 3 della medesima legge regionale, perché tali norme prevedono la possibilità per la Regione di stipulare nuovi contratti di lavoro con il personale utilizzato per attività di catalogazione di altri progetti (barocco siciliano e edifici ecclesiastici siciliani), prima escluso dall'applicazione dell'art. 111 della legge regionale n. 25 del 1993 ed ora invece ricompresovi. Inoltre, la mancata fissazione di un termine per il completamento delle operazioni di catalogazione e di inventario sarebbe in contrasto con il principio dell'art. 97 Cost., perché verrebbero deresponsabilizzati i funzionari preposti alla verifica dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati.

    Le previsioni normative sarebbero, altresì, in contrasto con i principi posti dal legislatore nazionale in tema di razionalizzazione dell'impiego di risorse umane nelle pubbliche amministrazioni (leggi nn. 421 del 1992, 724 del 1994 e 549 del 1995) con il minimo esborso di danaro pubblico.

  3. -- Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana per chiedere il rigetto di tutte le questioni.

    In primo luogo le norme impugnate non sarebbero né arbitrarie né irragionevoli anche alla luce di precedenti, analoghi interventi regionali in specifici settori (legge regionale 6 luglio 1990, n. 11, modificata dalla legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, e legge regionale 18 aprile 1981, n. 66, che hanno riguardato assunzioni a tempo indeterminato, rispettivamente, di personale tecnico del genio civile e di lavoratori forestali).

    Viene, poi, contestata l'affermazione che il legislatore regionale avrebbe così assicurato "stabilità occupazionale" ai soggetti in questione, poiché invece si è inteso dare applicazione alla normativa statale (legge 18 aprile 1962, n. 230), applicabile anche alle pubbliche amministrazioni, la quale impone per l'assunzione di lavoratori il contratto di lavoro a tempo indeterminato, salve talune eccezioni, ivi indicate, tra le quali non rientrano le categorie di personale regionale interessato dalle nuove normative.

    Sostiene la Regione che il rapporto di lavoro "a contratto", ai sensi della citata legge n. 230, "non perde i connotati di precarietà che lo distinguono, sol perché stipulato senza la fissazione di un termine; perché il limite apposto al tempo del contratto attiene alla durata (preventivamente non determinabile) del rapporto di lavoro e non alla sua stabilità"; ... tale stabilità sarebbe esclusa "dal fatto che l'assunzione avviene fuori ruolo (fuori dei posti della pianta organica), cioè in una posizione di avventiziato che, per sua stessa natura e funzione, è destinata a cessare con la cessazione del bisogno di personale che l'ha determinata".

    Il rapporto di lavoro dei catalogatori regionali non avrebbe quindi natura di pubblico impiego, bensì di impiego privato disciplinato dal contratto collettivo nazionale dei lavoratori dell'industria privata - settore metalmeccanici.

    Quanto alla pretesa violazione dell'art. 3 della Costituzione, e degli artt. 2, comma 1, lettera r), della legge n. 421 del 1992 e 22, comma 6, della legge n. 724 del 1994, la Regione osserva che le assunzioni, operate dai precedenti enti o società di provenienza con rapporti di lavoro privato, avvennero sulla base di bandi pubblicati sui maggiori quotidiani, di selezione per titoli, di tests attitudinali e di esame-colloquio, nonché nel rispetto delle norme sul collocamento.

    Non sarebbe violato il principio di uguaglianza nemmeno nei confronti dei dipendenti dell'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali, in relazione a eventuali limitazioni di carriera per gli stessi, poiché le assunzioni disposte dalle norme impugnate avverrebbero "fuori ruolo", in una condizione di avventiziato che non può interferire con quella degli impiegati regionali.

    Le disposizioni statali, richiamate dal Commissario dello Stato per avvalorare le censure, non sarebbero poi conferenti perché esse si riferiscono a rapporti di pubblico impiego nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, e tali non sono i rapporti di lavoro cui fanno riferimento le norme regionali denunciate.

    In via del tutto subordinata, la Regione - dopo aver ricordato che nei propri confronti costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale soltanto i principi desumibili dall'art. 2 della legge di delega n. 421 del 1992 (sentenza n. 383 del 1994) - precisa che non risponde al vero quanto sostenuto nel ricorso e cioè che "la Regione siciliana non ha ancora avviato le procedure di...

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