Sentenza nº 329 da Constitutional Court (Italy), 14 Novembre 1997

RelatoreGustavo Zagrebelsky
Data di Resoluzione14 Novembre 1997
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.329

ANNO 1997

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 404 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1995 dal Pretore di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, nel procedimento penale a carico di Luciani Carlo ed altro, iscritta al n. 529 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 12 marzo 1997 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Ritenuto in fatto

  1. — In un giudizio penale per reati di danneggiamento e offesa della religione cattolica mediante vilipendio di cose, il Pretore di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, ha sollevato, con ordinanza del 6 dicembre 1995, questione di legittimità costituzionale dell’art. 404 del codice penale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 8, primo comma, della Costituzione.

    La disposizione incriminatrice dell'art. 404 del codice penale (Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose), per la quale si procede nel giudizio principale, stabilisce al primo comma la pena della reclusione da uno a tre anni per "chiunque, in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione dello Stato, mediante vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto"; mentre il successivo art. 406 (Delitti contro i culti ammessi nello Stato) stabilisce che "chiunque commette uno dei fatti preveduti dagli articoli 403, 404 e 405 contro un culto ammesso nello Stato" sia punito "ai termini dei predetti articoli", ma prevede al contempo che la pena sia diminuita.

  2. — Il Pretore argomenta il quesito di costituzionalità richiamando, in primo luogo, la sentenza n. 125 del 1957 della Corte costituzionale, che ha dichiarato non fondata analoga questione, sollevata in riferimento agli artt. 7 e 8 della Costituzione. Nella decisione - osserva il rimettente - si è escluso il contrasto della norma con il principio di uguale libertà delle confessioni religiose, sia perché "l'art. 404 non limita il libero esercizio dei culti e la libertà delle varie confessioni religiose, né limita la condizione giuridica di chi professa un culto diverso dal cattolico", sia perché gli artt. 7 e 8 non stabiliscono la parità tra le diverse confessioni, "ma ne differenziano invece la posizione giuridica, che è sì di eguale libertà, ma non di eguale regolamento dei rapporti con lo Stato". Osserva inoltre il giudice a quo, richiamando passaggi della relazione ministeriale sul codice penale del 1930, che la configurazione delle diverse incriminazioni in tema di vilipendio delle religioni, con la tutela rafforzata relativamente agli atti compiuti in dispregio della religione cattolica e dei suoi simboli, rispecchia l'intento del legislatore di allora, mosso dall'esigenza di tutelare la religione cattolica quale "... fattore di unità morale della nazione", "bene di civiltà di interesse generale... della più ampia importanza, anche per il raggiungimento dei fini etici dello Stato".

  3. L'entrata in vigore della Costituzione, con i principi fondamentali di laicità dello Stato, di uguaglianza senza distinzioni di religione e di uguale libertà delle...

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