Sentenza nº 126 da Constitutional Court (Italy), 17 Marzo 1995

Data di Resoluzione17 Marzo 1995
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 126

ANNO 1996

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Avv. Mauro FERRI Presidente

- Prof. Luigi MENGONI Giudice

- Prof. Enzo CHELI "

- Dott. Renato GRANATA "

- Prof. Giuliano VASSALLI "

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220 (Attuazione degli artt. 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico), promossi con ricorsi delle Province autonome di Trento e Bolzano, notificati il 5 luglio 1995, depositati in cancelleria il 13 e 14 luglio 1995, ed iscritti ai nn. 40 e 41 del registro ricorsi 1995.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 gennaio 1996 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi gli Avvocati Sergio Panunzio e Rolando Riz per la Provincia autonoma di Bolzano, Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.1. -- Con separati ricorsi le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno impugnato il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220 (Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico) nell'intero testo (la Provincia di Bolzano) o in molte delle sue norme (entrambe le ricorrenti), assumendo la violazione dell'art. 76 della Costituzione e di altri parametri statutari e di attuazione dello Statuto nonché di norme interposte.

1.2. -- In particolare la Provincia autonoma di Trento rivolge le sue censure avverso tutte le norme (tranne l'art. 6) e gli allegati del decreto legislativo richiamato, di cui illustra preventivamente il contenuto. Ricorda che, in precedenza, con decreto del Ministro dell'agricoltura in data 23 maggio 1992, n. 338 si era ritenuto di poter dare applicazione ai medesimi artt. 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092 del 1991, ma la Corte costituzionale con la sent. n. 278 del 1993 aveva annullato siffatto provvedimento perché privo di idonea base legale. Successivamente la legge comunitaria per il 1993 (legge 22 febbraio 1994, n. 146) all'art. 42 aveva disposto la delega al Governo per l'attuazione delle menzionate disposizioni comunitarie, dettando gli opportuni criteri e principi direttivi, e su quella base è stato emanato il decreto legislativo ora impugnato.

In primo luogo nel ricorso si assume la violazione dell'art. 76 Cost., in quanto il decreto legislativo de quo è stato emanato il 17 marzo 1995, ma pubblicato solo il 5 giugno successivo, quando ormai era decorso il termine per l'esercizio della delega (1 anno dall'entrata in vigore della legge delegante n. 146 del 1994, avvenuta il 19 marzo 1994). In proposito la ricorrente osserva che la giurisprudenza costituzionale - secondo la quale, ai fini del rispetto del termine della delega, è sufficiente che il provvedimento legislativo sia emanato prima della scadenza, anche se non pubblicato - da un canto non è condivisa da tutta la dottrina e dall'altro non tiene conto del mutamento normativo intervenuto, per il quale tali provvedimenti legislativi non sono più soggetti al controllo della Corte dei conti. La violazione dell'art. 76 Cost., per il venir meno del potere del Governo alla scadenza del termine, ridonderebbe così in lesione dell'autonomia provinciale.

In secondo luogo si sostiene la violazione dei criteri della delega, poiché le norme di estremo dettaglio del provvedimento legislativo impugnato non sarebbero rispettose né dell'art. 6, comma 1, del d.P.R. n. 616 del 1977, che disciplina l'applicazione dei regolamenti comunitari all'interno dello Stato, devolvendo alle regioni le relative funzioni, né dell'art. 9 della legge comunitaria per il 1990 (l. n. 86 del 1989) che addirittura per l'attuazione delle direttive CEE prevede una diretta competenza delle province autonome -, né degli artt. 2 e 42 della legge delegante n. 146 del 1994, secondo cui, da un canto, le amministrazioni interessate provvedono "all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative" e, dall'altro, l'autorità di controllo è individuata "d'intesa con le regioni", non essendo a tale scopo sufficiente il generico parere reso dalla Conferenza Stato-regioni.

In terzo luogo si denuncia la invasione di competenze provinciali in una materia di legislazione esclusiva, così riducendosi la Provincia autonoma al rango di semplice esecutrice di attività amministrative interamente guidate e disciplinate dal Ministero.

A sostegno delle censure la ricorrente osserva che con legge provinciale 10 giugno 1991, n. 13 sono state dettate norme in materia di agricoltura biologica in perfetta conformità alle norme comunitarie, cosicché il decreto legislativo impugnato si viene illegittimamente a sovrapporre alla legislazione provinciale vigente.

Da ultimo si rappresenta anche il contrasto con l'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992 n. 266, che detta le nuove norme di attuazione in materia di rapporti tra leggi statali e leggi regionali e provinciali, a meno di non poter interpretare il decreto legislativo impugnato nel senso che esso non sia direttamente applicabile nel territorio provinciale, ma imponga solo un "ipotetico obbligo di adeguamento".

Escluso il ricorrere di esigenze unitarie ed escluso altresì che, nella specie, possa configurarsi una grande riforma economico-sociale, il decreto legislativo in esame violerebbe conclusivamente l'art. 8, n. 21, l'art. 9, n. 3 e l'art. 16 dello Statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) nonché le relative norme di attuazione, ed in particolare l'art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987 n. 526 e l'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992 n. 266.

1.3. -- La Provincia autonoma di Bolzano impugna il decreto legislativo sia nel suo complesso, sia con particolare riferimento agli artt. 1; 2; 3, commi 1 e 3; 4, commi 2, 3 e 4; 5, comma 1; 6, commi 2 e 3; 8, commi 1, 2, 3, 4 e 5.

La ricorrente ricorda le proprie competenze statutarie di tipo esclusivo in materia di agricoltura (art. 8, n. 21, e 16 dello Statuto) e di tipo concorrente in materia di commercio (art. 9, n. 3, dello Statuto); ricorda altresì le norme di attuazione dello Statuto che hanno consentito l'esercizio di dette competenze e specificamente il d.P.R. 23 marzo 1974, n. 279 e il d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (art. 6), e precisa di avere, con legge provinciale 30 aprile 1991, n. 12, dettato norme per la regolamentazione e la promozione dell'agricoltura biologica e della produzione integrata, anticipando così il contenuto delle disposizioni del regolamento n. 2092/91/CEE del Consiglio del 24 giugno 1991.

Poiché, una volta emanato il suindicato regolamento, spetta solo alla Provincia autonoma, nelle materie di propria competenza, di provvedere alla attuazione delle norme comunitarie nel caso che queste abbisognino di una normazione integrativa per la loro esecuzione, il decreto legislativo, che detta un'analitica disciplina del controllo sulle specifiche produzioni agricole, è, nel suo complesso, lesivo delle competenze provinciali.

Difatti o il regolamento comunitario è sufficientemente dettagliato ed allora alla Provincia compete l'attività amministrativa di esecuzione, mentre lo Stato può intervenire solo con atti di indirizzo e coordinamento in presenza dei necessari presupposti; oppure il regolamento comunitario richiede una disciplina integrativa di diritto interno, ed allora spetta alla Provincia di legiferare, potendo lo Stato solo stabilire "principi e norme costituenti i limiti indicati negli artt. 4 e 5 dello Statuto" cui, soltanto in un secondo momento, la legislazione provinciale deve essere adeguata (art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992).

Nella specie, lo Stato non ha emanato un atto di indirizzo, né ha stabilito una disciplina legislativa di principio per indirizzare la successiva legislazione provinciale; ma ha dettato una disciplina analitica ed esaustiva, direttamente applicabile anche nell'ordinamento della Provincia di Bolzano, togliendo ad essa ogni spazio di autonomia.

Ma il decreto legislativo è anche lesivo delle competenze provinciali per il modo con cui ha disciplinato la materia, caratterizzato da un assoluto centralismo che riserva alla Provincia un ruolo del tutto secondario e subordinato, nonostante la titolarità di competenze anche di tipo esclusivo.

Vengono così analiticamente denunciati:

  1. l'art. 1, che individua nel Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali l'unica autorità italiana preposta al controllo oltreché al coordinamento delle attività amministrative e tecnico-scientifiche inerenti il regolamento comunitario. La avocazione al Ministero dei poteri e delle responsabilità in ordine al controllo - non imposta dalla norma comunitaria, la quale non può che rinviare all'ordine delle competenze costituzionalmente stabilito all'interno degli Stati membri - è lesiva delle competenze provinciali, considerando altresì che la stessa formula lessicale usata dalla norma comunitaria consente una pluralità di autorità di controllo;

  2. l'art. 3, commi 1 e 3, che attribuisce al solo Ministro il potere di autorizzare gli organismi privati che intendono svolgere attività di controllo, e l'art. 2 che istituisce un comitato di valutazione degli organismi di controllo con compiti consultivi, composto di 9 membri tutti nominati dal Ministro, con la prevalente presenza di rappresentanti ministeriali.

    L'accentramento di detti compiti non è nemmeno giustificato dal fatto che gli organismi autorizzati possono esercitare la propria attività su tutto il territorio nazionale (ed a tal fine è richiesto, nell'allegato II, tra i...

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