Sentenza nº 127 da Constitutional Court (Italy)

RelatoreMassimo Vari
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 127

ANNO 1996

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Avv. Mauro FERRI Presidente

- Prof. Luigi MENGONI Giudice

- Prof. Enzo CHELI "

- Dott. Renato GRANATA "

- Prof. Giuliano VASSALLI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 16 maggio 1995 (Disposizioni concernenti il personale regionale e degli enti locali. Processi di mobilità degli operatori della formazione professionale. Garanzie occupazionali per il personale dei consorzi bonifica e dell'ESA. Alloggi delle forze dell'ordine. Rinvio elezioni consigli circoscrizionali. Disciplina transitoria della caccia. Provvedimenti in favore delle ditte STAT e Camarda e Drago), promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 24 maggio 1995, depositato in cancelleria il 1° giugno 1995 ed iscritto al n. 37 del registro ricorsi 1995.

Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio 1996 il Giudice relatore Massimo Vari;

udito l'Avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il ricorrente e gli Avvocati Giovanni Pitruzzella, Francesco Castaldi, Laura Ingargiola, Giovanni Lo Bue e Francesco Torre per la Regione.

Ritenuto in fatto

1.1.-- Con ricorso notificato il 24 maggio 1995, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 11, 51, 53, 81, quarto comma, 97, 101, 103 della Costituzione e agli artt. 12, 14, 17, lettera f), dello Statuto speciale, dell'intero testo e di vari articoli della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 16 maggio 1995 (Disposizioni concernenti il personale regionale e degli enti locali. Processi di mobilità degli operatori della formazione professionale. Garanzie occupazionali per il personale dei consorzi bonifica e dell'ESA. Alloggi delle forze dell'ordine. Rinvio elezioni consigli circoscrizionali. Disciplina transitoria della caccia. Provvedimenti in favore delle ditte STAT e Camarda e Drago).

La legge impugnata riproduce le disposizioni oggetto di precedenti ricorsi del medesimo Commissario dello Stato, disposizioni abrogate espressamente con il disegno di legge n. 1017, approvato nella stessa seduta del 16 maggio, al fine, secondo quanto risulta dai lavori preparatori, di rendere possibile la promulgazione della legge limitatamente alle norme non oggetto di gravame e, al contempo, di non precludere il giudizio della Corte sulle norme impugnate.

Sostiene il ricorrente che la anomala procedura seguita non trova giustificazione, in quanto il Presidente della Regione avrebbe potuto procedere, come molte volte in passato, alla promulgazione per intero della legge, senza impedire alla Corte di decidere sulle impugnative.

Tale procedura contrasta, oltre che con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, con l'art. 12 dello Statuto speciale, in quanto è mancata totalmente una valutazione nel merito, da parte della commissione competente, poiché ci si è limitati a riproporre le norme già impugnate, "peraltro attinenti a materie di competenza di commissioni diverse dalla Iª Affari Istituzionali, ai sensi dell'art. 62 del regolamento interno dell'ARS".

Si chiede, quindi, alla Corte, una pronuncia che faccia chiarezza sull'annosa problematica della promulgazione parziale delle leggi regionali siciliane.

1.2.-- L'art. 1 della legge regionale impugnata riproduce le disposizioni contenute negli artt. 12, 13, 14, 15, 20 e 21 del disegno di legge n. 815 del 1995, avverso il quale è stato promosso il ricorso n. 32 del 1995.

Nell'assumere violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, si osserva che i commi 2 e 3 del suddetto articolo sostanzialmente consentirebbero l'inquadramento, anche in sovrannumero, nella qualifica superiore del personale ammesso con riserva ai concorsi banditi ai sensi dell'art. 1 della legge regionale n. 21 del 1986 ed escluso in quanto privo del possesso dei requisiti prescritti (inquadramento nei ruoli regionali alla data dell'11 maggio 1986) e per di più rimasto soccombente con decisioni già passate in giudicato.

Il Commissario dello Stato, rilevato che l'intento è quello di una sanatoria che elimini la disparità di trattamento venutasi a creare tra soggetti che, pur versando nelle medesime condizioni, hanno subito diversa sorte, osserva che la disposizione estende la promozione conseguita illegittimamente da taluni, ma ormai divenuta irreversibile per il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento dei ricorsi, agli altri soggetti per i quali l'esclusione, essendo stata correttamente motivata, è rimasta indenne nel primo e nel secondo grado di giudizio.

Si sostiene che "la circostanza che in precedenza e per taluni casi la legge sia stata erroneamente interpretata ed applicata non può dare di certo luogo alla disparità di trattamento invocata, non potendosi ammettere che l'Amministrazione, per il solo fatto che in passato sia incorsa in errore, debba perpetuare, per un malinteso principio di eguaglianza, tale illegittimo comportamento per tutte le fattispecie analoghe che siano occorse, o che possano successivamente verificarsi".

Al contrario, qualora la disposizione in questione trovasse applicazione, si verrebbe a determinare una illegittima ed immotivata disparità di trattamento tra i soggetti beneficiati dalla stessa e tutti quei dipendenti che non hanno presentato domanda di partecipazione ai concorsi, ritenendo di non essere in possesso dei prescritti requisiti, nonché nei confronti del personale regionale che ha partecipato, superandolo, al concorso perché in possesso di tutti i requisiti prescritti dall'art. 1 della legge regionale n. 21 del 1986.

Viene denunciato anche il comma 1 dell'articolo in esame, a causa dell'ingiustificata disparità cui dà luogo per il fatto di escludere dalla partecipazione ai concorsi previsti dalla norma transitoria di cui alla legge regionale n. 21 del 1986 quei dipendenti che si trovano nelle stesse condizioni di coloro ai quali sia stato riconosciuto dagli organi giurisdizionali, in base al vecchio testo della norma, il servizio di ruolo prestato anche presso altre amministrazioni.

Del pari in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione risulterebbe il comma 4, destinato a concedere, anche se ai soli fini giuridici, un ingiustificato vantaggio a quei dipendenti che hanno partecipato al concorso previsto dalla lettera b) dell'art. 1 della legge n. 21 del 1986 e che quindi, presumibilmente, alla data di entrata in vigore della legge 29 ottobre 1985, n. 41, non erano in possesso del diploma di laurea, conseguito successivamente.

Tale vantaggio consisterebbe nell'equiparare la loro situazione a quella di coloro che hanno conseguito il passaggio alla qualifica di dirigente ai sensi della lettera a) del medesimo art. 1, in quanto già in possesso di laurea conseguita al momento dell'entrata in vigore della citata legge n. 41 del 1985.

L'ipotesi che tale equiparazione avrebbe un significato ed una portata soltanto formale (essendo stati inquadrati nella qualifica di dirigente con la stessa decorrenza i dipendenti selezionati con i due distinti metodi, di cui alle lettere a) e b), dell'art. 1 della legge n. 21 del 1986) e che pertanto la norma non determinerebbe alcuna ingiustificata disparità di trattamento, è contraddetta dal disposto dell'art. 12 della legge regionale n. 41 del 1985 sopra richiamata, che prevede che "alla qualifica di dirigente superiore si accede mediante concorso al quale sono ammessi i dirigenti muniti di diploma di laurea richiesto per l'accesso alla relativa qualifica".

Rilevato che altri vantaggi ingiustificati potrebbero derivare da future norme che disciplinino l'accesso alla qualifica superiore, dando la precedenza ed una particolare valutazione ai soggetti inquadrati nella qualifica di dirigente ai sensi della lettera a) dell'art. 1 della legge n. 21 del 1986, si sostiene che non è chiaro il motivo per cui tale equiparazione viene prevista dal legislatore dopo circa nove anni, in presenza di situazioni giuridiche già consolidate e che, senza alcuna plausibile giustificazione di interesse pubblico, verrebbero sconvolte. Si soggiunge che non appare ammissibile, anzi si appalesa arbitrario, il trattamento riservato soltanto a coloro che hanno conseguito il titolo di studio superiore nel periodo considerato dalla norma, e non anche a coloro i quali, pur avendo sostenuto gli esami di cui alla lettera b) dell'art. 1 della legge regionale n. 21 del 1986, si sono laureati in epoca successiva.

Analoghe censure, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, vengono rivolte al comma 5, nel quale si prevede, anche qui dopo ben quasi nove anni dall'entrata in vigore della legge regionale n. 21 del 1986, l'ampliamento della sfera dei destinatari di un più favorevole trattamento pensionistico, in un momento in cui, a livello nazionale, si chiedono sacrifici in sede di revisione del trattamento previdenziale.

La norma contrasterebbe, altresí, con il "principio generale del pubblico impiego", oltreché con quello dell'affidamento, in quanto dalla data di pubblicazione del bando i cittadini possono determinarsi in ordine alla partecipazione al concorso.

Il comma 6 violerebbe, poi, gli artt. 3, 97, 101 e 103 della Costituzione: formulata in termini estremamente generici e priva di giustificazione plausibile in ordine ai reali motivi che hanno indotto il legislatore regionale a porla in essere, la norma si appalesa come una sorta di sanatoria di atti illegittimi e di comportamenti di sospetta illiceità.

Pur nella consapevolezza che, secondo costante giurisprudenza della Corte costituzionale, non sussiste una preclusione di principio per le leggi di...

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